Fusione fredda addio, anche Google si arrende dopo 4 anni e 10 mln di dollari investiti

Dopo quattro anni e 10 milioni di dollari investiti la ricerca di Google sulla fusione fredda è giunta al termine. Zero risultati diretti, ma una remota possibilità e soprattutto lo sviluppo di soluzioni che potranno tornare utili in altri contesti.

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a cura di Alessandro Crea

La fusione fredda è indimostrabile, almeno per il momento. Sostanzialmente è questa la conclusione, pubblicata su Nature, di quattro anni di ricerca finanziata da Google con circa 10 milioni di dollari, che ha coinvolto trenta scienziati appartenenti a diversi laboratori sparsi per il mondo. Nelle conclusioni della ricerca resta aperto un remotissimo spiraglio sulla sua fattibilità ma soprattutto, benché il miraggio della fusione fredda sia rimasto tale, i quattro anni di ricerca hanno portato allo sviluppo e alla messa a punto di strumenti e procedure che un domani potrebbero tornare utili in ambiti differenti.

Facciamo un passo indietro al 1989, quando due ricercatori dell'Università dello Utah, Stanley Pons e Martin Fleischmann, affermarono di essere riusciti a ottenere una fusione fredda, ossia a replicare a temperature normali i processi che normalmente avvengono a milioni di gradi centigradi nel cuore delle stelle. L'affermazione fece scalpore e portò scienziati di tutto il mondo a un'intensa attività di peer review e di replica dell'esperimento, per validare le affermazioni di Pons e Fleischmann. nessuno riuscì a replicare in alcun modo i loro risultati, tanto che appena otto mesi dopo, Nature smentiva ufficialmente i risultati dei due ricercatori e lo US Department of Energy dichiarava l'assenza di una base teorica o sperimentale che consentisse di parlare del fenomeno.

Da allora sulla fusione si è continuato a lavorare, ma non più su quella fredda. A Mountain View evidentemente non erano ancora convinti, e hanno deciso di stanziare i fondi per "sviluppare una serie di esperimenti, rigorosi e riproducibili, per determinare se esistano delle condizioni sperimentali (e quali siano queste condizioni) in cui potrebbe avere luogo la fusione fredda". Ancora una volta il risultato è stato una sostanziale assenza di prove che la fusione fredda possa accadere. Le conclusioni della ricerca però hanno più il sapore di un arrivederci che di un addio. Come qualsiasi scienziato sa, l'assenza di prove non costituisce un argomento definitivo per negare un fenomeno. Il fatto di non riuscire a rilevare il verificarsi della fusione fredda insomma non è di per sé una prova sufficiente che questa non sia possibile.

Ecco allora le conclusioni dello studio : "il nostro progetto ha mostrato quant'è difficile riprodurre le condizioni sperimentali in cui, in linea teorica, la fusione fredda potrebbe aver luogo: il fenomeno potrebbe avvenire, ma con una probabilità davvero molto remota. In ogni caso, il nostro risultato, date le difficoltà osservate, suggerisce che il debunking del 1989 potrebbe essere stato prematuro". Insomma, servirebbero ulteriori fondi e ulteriori studi, ancora più approfonditi. Nel frattempo restano alcuni importanti conseguimenti, come le tecniche per produrre e caratterizzare materiali fortemente idrati, o la realizzazione di calorimetri pensati per temperature estreme. La scienza, si sa, non procede su una via diritta, ma per salti e deviazioni. Chissà che, un domani, inseguendo la fusione fredda non si scopra qualcos'altro di ugualmente utile.