Google: la censura è in aumento in tutto il mondo

Google ha deciso di rendere pubbliche le richieste dei governi, e di far vedere a tutti chi chiede i dati degli utenti e la rimozione dei contenuti, e quanto. Stando all'azienda, i tentativi di censura, nel mondo, sono in preoccupante aumento.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

"La censura nel mondo sta aumentando , dice il capo dell'ufficio legale di Google, David Drummond, sul blog ufficiale,  e oggi quaranta governi impongono la rimozione di informazioni su Internet, contro i quattro che lo facevano nel 2002". Google ha messo a disposizione di tutti una mappa dinamica che elenca le richieste ricevute dai governi di tutto il mondo nella seconda metà dell'anno scorso, per rimuovere contenuti dai risultati delle ricerche fatte con il suo motore.

Censura in aumento nel mondo.

In testa c'è il Brasile con 291, poi c'è la Germania di Angela Merkel con 188, l'India con 142, gli Stati Uniti di Obama con 123. L'Italia è settima con 57. Il Brasile è primo anche per le richieste di dati personali a quota 3663, seguito da Stati Uniti con 3580 e Gran Bretagna con 1166. L'Italia e' sesta con 550.

Nella classifica non compare la Cina, finita più volte nel mirino per la censura su Internet. Sulla mappa al posto del numero corrispondente appare un punto interrogativo e la seguente spiegazione: "La Cina considera la richieste di censura segreto di stato, non possiamo quindi fornire questa informazione al momento".

"Ovviamente non tutte le richieste che ci arrivano dai governi sono illegittime, sottolinea David Drummond,  alcune riguardano la tutela della privacy e dei minori, altre sono utili a scopi investigativi. In generale però noi crediamo che più trasparenza a livello globale contribuisca a ridurre la censura e per questo abbiamo lanciato questo nuovo strumento che contiamo di aggiornare ogni sei mesi".

La mappa permette di vedere richieste di dati e di rimozioni - Clicca per ingrandire.

Insomma, Google, con questa iniziativa di trasparenza, cerca di farsi perdonare lo scivolone di Google Buzz sulla privacy, e forse anche di far dimenticare che ha subito il furto di Gaia, la tecnologia che gestisce gli accessi a Gmail e ad altri servizi (Gaia rubata, tutti gli account Google sono in perico).

Quali che siano le ragioni di Google, è comunque un bene che una grande multinazionale difenda la causa della libertà d'espressione, sempre più in pericolo in tutto il mondo. Se gli interessi economici di un'azienda, per una volta, coincidono con quelli della democrazia, non c'è nulla di male.

Ringraziamo Pino Bruno per la collaborazione.