Google progetta la scarpa che parla, altro che Google Glass

Google ha presentato il prototipo di Talking Shoe', un paio di scarpe da tennis parlanti che tengono d'occhio tutti i movimenti di chi le indossa e tracciano un bilancio della sua attività motoria. Intanto i Google Glass vengono vietati in alcuni locali di Seattle: violano la privacy.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Talking Shoe' è il nuovo progetto a cui sta lavorando Google. Si tratta di una scarpa intelligente che parla e che costituisce, dopo i Google Glass, il prossimo passo dell'azienda di Mountain View nello sviluppo di tecnologie indossabili.

Google Talking Shoe'

Il primo prototipo di queste particolari scarpe da tennis ha debuttato all'evento South by Southwest 2013 di Austin in Texas, che è una sorta di festival di creatività tecnologica. Sono caratterizzate dall'integrazione di sensori che rilevano il comportamento fisico di chi le indossa (giroscopio, accelerometro e sensore di movimento), per poi stilare un giudizio sul suo tipo di vita e pubblicarlo online tramite la connessione wireless a un dispositivo Android. La scarpa può inoltre parlare al proprietario tramite l'altoparlante integrato. Fra i dati rilevati ci sono il numero di passi e la relativa velocità.

Tutti i dati vengono elaborati per determinare in quale profilo rientra l'utente. Attenzione quindi a quello che si fa quando si indossano queste calzature, perché basta poco per essere bollati come pigroni. Si tratta in buona sostanza di una sorta di personal trainer, che alla fine della giornata vi mette anche sotto il naso la percentuale del tempo trascorso sui mezzi di trasporto a motore invece che a camminare.

Il progetto è stato portato avanti in collaborazione con Adidas, che si è occupata dello sviluppo della calzatura vera e propria. Non ci aspettiamo di poter indossare presto le Talking Shoe', che probabilmente resteranno in fase embrionale ancora a lungo. L'unico progetto di Google in dirittura d'arrivo infatti al momento sono i Google Glass, che peraltro sono stati vietati nei locali pubblici di Seattle perché violano la privacy.