Greenpeace contro il cloud a carbone di Microsoft e Amazon

Greenpeace mette alla berlina Apple, Amazon e Microsoft. I loro datacenter non usano abbastanza energia proveniente da fonti rinnovabili, e si affidano troppo a petrolio e nucleare. Apple risponde per le rime.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Greenpeace ha bacchettato Apple, Microsoft, Yahoo, Amazon e altri per ricordare a queste aziende e ai loro clienti il forte impatto ambientale dei data center e del cloud computing. L'obiettivo è informare e sensibilizzare: "quando la gente in giro per il mondo condivide foto e musica nella nuvola (the cloud, NdR), vuole essere certa che sia alimentata da energia pulita e sicura", ha spiegato infatti Kumi Naidoo, uno dei massimi dirigenti internazionali di Greenpeace.

Un data center è composto da migliaia di server che funzionano 24 ore al giorno, e secondo Grennpeace può arrivare a consumare quando centinaia di migliaia di abitazioni. In linea teorica questa tecnologia è molto efficente, ma ciò non è utile se poi le aziende coinvolte si affidano soprattutto a fonti "sporche" come il petrolio o il nucleare.

Attivisti ambientali in azione

Tra i peggiori spiccano i nomi delle tre aziende citate, ma ci sono anche HP, IBM, Oracle e SalesForce. Tutte colpevoli di usare meno del 20% di energia pulita. Nel caso di Apple, Amazon e Microsoft abbiamo inoltre i voti peggiori anche per quanto riguarda trasparenza, localizzazione delle infrastrutture, strategia di mitigazione delle emissioni di gas serra e sostegno delle rinnovabili.

La sede Amazon di Seattle, qualche ora fa

Apple non ha gradito le accuse, e un portavoce ha spiegato a Robert McMillan di wired.com che l'azienda è in verità molto impegnata nell'uso di energia pulita, come dimostrerebbe per esempio un nuovo progetto nella Carolina del Nord (USA) che "sarà il centro dati più verde mai costruito". I rappresentanti dell'azienda inoltre mettono in discussione la metodologia di calcolo applicata da Greenpeace.

I dati di Greenpeace - Clicca per ingrandire

I dubbi sollevati da Apple non hanno certo fermato gli attivisti, che due giorni hanno occupato la sede Apple di Cork (Irlanda) per protestare contro l'impatto energetico di iCloud. La protesta è durata un'ora, e si è conclusa con la distribuzione di volantini. Ironicamente proprio la sede di Cork era stata premiata per essere tra le strutture più ecocompatibili che Greenpeace avesse mai preso in considerazione.

Un'azione simile ha visto protagonista la sede Amazon di Seattle. Qui il report di Greenpeace.