I transistor 3D autoassemblanti battono Ivy Bridge

Stando a una recente ricerca è possibile usare polimeri autoassemblanti per creare strutture elettroniche da 10 nanometri su più strati. È l'idea di transistor 3D introdotta da Intel che si evolve.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Ricercatori del MIT (Massachutes Institute of Technology) hanno messo a punto nanomateriali autoassemblanti capaci di creare strutture 3D, sulla falsa riga di quanto realizzato da Intel con le CPU Ivy Bridge.

La proprietà di autoassemblaggio non è una novità assoluta, ma ciò che appare d'immediata rilevanza in questa ricerca è la complessità delle strutture che si vengono a creare. Mai prima d'ora era stato possibile sviluppare microscopici fili e giunzioni in tre dimensioni, in una configurazione a strati.

Polimeri fantascientifici o scarabocchi su una parete?

Questi nuovi polimeri si potrebbero in teoria usare per dare vita a microchip con transistor molto più piccoli di quelli che è possibile realizzare oggi con le comuni tecniche litografiche: questi polimeri possono infatti creare nanofili grandi 10 nanometri, mentre oggi Intel, Qualcomm e altri stanno cominciando a lavorare con i 14 nm.

Dal punto di vista tecnico, abbiamo uno strato di polimeri su un substrato di silicio. I copolimeri usati tendono ad assemblarsi in strutture cilindriche, e controllandone la disposizione si possono creare angoli, piegature, giunzioni a altro. Si possono creare due strati di cilindri uno sull'altro, e per questo si parla di struttura 3D.

"Non credevamo che fosse possibile" ha affermato Kevin Gotrik, uno dei ricercatori coinvolti, "è stato un risultato sorprendente. Ci siamo incappati per caso, e ora dobbiamo capire come funziona". Finora la squadra del MIT ha creato una struttura con due strati, ma secondo Alexander-Katz si può arrivare a tre "senza perdere il totale controllo sull'organizzazione strutturale di ogni strato".

Tra le possibili conseguenze pratiche quella più evidente è la possibilità di costruire microchip con un numero ancora maggiore di transistor rispetto a quello attuale, facendo fare un balzo in avanti alle capacità dei dispositivi elettronici, dai PC agli smartphone. Una notizia ancora migliore è che la tecnica di produzione è in teoria compatibile con gli attuali impianti posseduti da AMD, Intel e altri.

Come sempre in questi casi però si tratta di una ricerca ancora agli inizi, e potrebbe volerci molto tempo prima di vederne degli effetti concreti. D'altra parte però le attuali tecniche litografiche sono quasi al limite, e presto si renderanno necessarie alternative efficaci per ridurre ulteriormente la dimensione dei transistor. I nostri lettori sapranno che il candidato principale è il grafene, ma è sempre bene avere qualche alternativa disponibile.