Il Web forse ci rende un po' citrulli

Un noto intellettuale statunitense è preoccupato dagli effetti collaterali che produce il web sulla concentrazione e l'osservazione

Avatar di Dario D'Elia

a cura di Dario D'Elia

Il web condiziona realmente i nostri meccanismi mentali. Non si tratta di una boutade ma della teoria di un riconosciuto intellettuale statunitense che per anni ha diretto Harvard Business Review, la rivista di riferimento del management stelle e strisce.

"Ho la sensazione che Internet stia frantumando la mia capacità di concentrazione e di osservazione. La mia mente si sta abituando a raccogliere informazioni nello stesso modo in cui la rete le distribuisce: un flusso di particelle che si muovono a grande velocità. Una volta mi sentivo come un subacqueo che si immerge nel mare delle parole. Ora schizzo sulla superficie come un ragazzino su un acquascooter", ha dichiarato infatti Nicholas Carr sull'ultimo numero di The Atlantic, il mensile culturale delle elite progressiste Usa.

L'articolo in questione, titolato non a caso "Is Google making us Stoopid?" (Google ci rende stupidi?), ha accesso il dibattito nel paese. "È vero, immersi come siamo nel multitasking mentale appena ci sediamo per leggere un documento di qualche pagina o un libro, ci sentiamo a disagio dopo pochi paragrafi. Voltiamo pagina e siamo già pronti per un link", ha ricordato l’intellettuale britannico Andrew Sullivan, collaboratore dell’Atlantic.

Fanno eco le dichiarazioni del premio Pulitzer Leonard Pitts. "Leggo l’Atlantic e scopro di non essere il solo che sta perdendo l’abitudine alla lettura. Ormai riesco a digerire la scrittura solo a piccoli blocchi. Datemi un testo di più pagine e vengo subito assalito dal desiderio incontenibile di controllare la mia posta elettronica. È tutto così dispersivo. Eppure vedo meno tv e sono meno indaffarato di dieci anni fa. Giorni fa mi hanno dato da recensire un libro. Avevo pochissimo tempo per leggerlo. È stata una fatica tremenda. Mi sono imposto di restare per ore su una sedia scomodissima. Ce l’ho fatta, ma alla fine avevo una sensazione di vuoto, di colpa per essermi allontanato per tanto tempo dal mondo", ha sottolineato il giornalista.

Per Carr, comunque, non si tratta di una posizione luddista o anti-tecnologica bensì di una considerazione frutto dei suoi incontri professionali, e non della sua attività di ricercatore nel campo della Comunicazione e anche del blogging.

"Sono sensazioni, non pretendo di illustrare una verità scientifica. Del resto anche nel XV secolo Gutenberg fu messo sotto accusa da chi riteneva che la stampa avrebbe avuto un impatto disastroso sulla struttura sociale. Quindi farete bene ad essere scettici del mio scetticismo", ha ironicamente concluso Carr.