Kim Dotcom: non il re della pirateria, ma un bersaglio facile

Kim Dotcom si dice convinto di avere la vittoria in pugno. Non si sente il re della pirateria, ma il facile bersaglio di un'arma che non può colpire nemici più grandi. La sua storia esiste perché le major difendono un modello di business obsoleto, e non hanno il coraggio di affrontare nemici come Google.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Kim Dotcom è convinto di vincere lo scontro legale con i produttori cinematografici e il governo statunitense. "Non sono il re della pirateria" ha detto in un intervista rilasciata a un'emittente televisiva neozelandese.  Secondo lui il vero problema è che Hollywood e alcuni legislatori difendono un modello economico ormai superato, e che se è stato colpito Megaupload è solo perché si tratta di un "bersaglio facile".

Kim Dotcom – a piede libero da pochi giorni - aveva già raccontato di aver preso molte iniziative per garantire la legalità di Megaupload, e di aver collaborato tanto con avvocati specializzati quanto con i produttori cinematografici. Eppure tutti sappiamo come fosse relativamente facile scovare un link a un film che violava il copyright, o persino vederlo in streaming su Megavideo. Dotcom può affermare di averci provato e aver fallito, ma di certo non può sostenere di essere stato inconsapevole.

Di sicuro ci sono crimini più gravi

La chiusura da parte delle autorità con tanto d'irruzione comunque è stata repentina. "La società che valeva probabilmente un miliardo di dollari è stata condannata a morte senza processo", afferma Dotcom. Il cittadino tedesco è però ottimista sul futuro. "Che senso avrebbe fuggire? Vincerò, perché non sono un criminale e non ho fatto nulla di illegale". Lui è fiducioso, ma l'effetto spauracchio funziona benissimo e molti siti hanno chiuso di propria iniziativa per evitare guai; l'ultimo in ordine di tempo è DDL fantasy. Eppure non ci saranno norme draconiane approvate a breve.

L'unico peccato dimostrato di Kim è quello di essere naturalmente antipatico praticamente a tutti, ma questo non ne fa un criminale. "Sono un bersaglio facile. Ho un passato da hacker, non sono statunitese, vivo in Nuova Zelanda, ho una targa dell'auto personalizzata. Non sono Google, non ho 50 miliardi sul conto. Anzi al momento non ho un penny (i beni sono stati confiscati, NdR).

Dotcom afferma che le major difendono un business model obsoleto. Un concetto condivisibile, e aggiungiamo che si tratta di una difesa estrema e sanguinosa, che si manifesta in azioni politiche come le leggi SOPA o PIPA, il trattato ACTA, la legge Sinde in Spagna, e naturalmente i vari tentativi che abbiamo visto in Italia.

Tutte iniziative, dalla prima all'ultima, figlie di un pensiero politico vecchio, di una visione finanziaria scaduta o in scadenza, di uno sguardo che non conosce il silicio, di uomini e donne che rifiutano un cambiamento, di affaristi che temono per la loro stessa esistenza.

Si può guardare al caso di Kim Dotcom come si legge un fumetto, con il Supercattivo colpito dalla Supergiustizia; sarebbe facile considerando che è un tipo insopportabile. Oppure lo può considerare come quello che è: il colpo di coda di un animale ferito e terrorizzato, che non riconosce più il mondo che lo circonda.