La Guardia di Finanza vuole controllare i conti di Facebook

Le Fiamme Gialle hanno avviato controlli fiscali su Facebook Italia, alla ricerca di possibili illeciti tributari. I rappresentanti dell'azienda si dicono tranquilli, convinti di aver fatto tutto il necessario per rispettare le leggi italiane.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

La Guardia di Finanza sta facendo i conti in tasca a Facebook. Nei giorni scorsi infatti le Fiamme Gialle hanno avviato una serie di accertamenti presso gli uffici milanesi dell'azienda californiana, con lo scopo di verificarne gli adempimenti fiscali. L'operazione è del tutto simile a quella che ha fatto emergere un mancato versamento pari a 96 milioni di euro da parte di Google.

"Come Google Italy, anche Facebook Italy è una società a responsabilità limitata […]. Ha chiuso il 2011 con ricavi per poco più di 2 milioni di euro e un utile di appena 53.473 euro", scrive Enrico Marro su Il Sole 24 Ore. Una cifra piuttosto bassa, che probabilmente ha sollevato qualche perplessità.

E se Facebook dovesse pagare più tasse in Italia?

Facebook Italy srl appartiene a Facebook Gloabal Holding, una società LLC (Limited Liability Company) con sede del Delaware, stato nel quale le leggi fiscali sono piuttosto flessibili e tolleranti. Si tratta insomma del solito giochetto: la società italiana è controllata da un'altra la cui sede è collocata strategicamente in un territorio fiscalmente vantaggioso – non necessariamente un paradiso fiscale.

I rappresentanti di Facebook per il momento sono tranquilli di fronte a questo controllo. L'azienda "paga le tasse in Italia come parte della sua attività nel Paese e rispetta molto seriamente i propri obblighi ai sensi della legislazione italiana in materia fiscale. Facebook lavora a stretto contatto con le autorità fiscali di ogni Paese in cui opera per garantire la conformità con la legislazione locale. Facebook ha cooperato pienamente con la Guardia di Finanza nel corso delle indagini e intende continuare a farlo" ha infatti comunicato un portavoce.

Dichiarazioni di rito che si sentono ogni volta che c'è una verifica fiscale, tanto in Italia quanto all'estero, e che non valgono granché come risposta. Perché l'avvento di questi colossi multinazionali ha scoperto il nervo scoperto di norme che forse vanno modificate, affinché la ricchezza prodotta resti nel paese d'origine.

Mark Zuckerberg

Il problema tra l'altro non riguarda solo in Italia. Google è sotto osservazione anche in Francia - dove il fisco le sta chiedendo un miliardo di euro – mentre in Gran Bretagna sotto lo sguardo degli inquirenti ci sono anche Starbucks e Amazon. Quest'ultima è stata anche oggetto di una curiosa campagna da parte delle librerie nazionali, sotto lo slogan "noi paghiamo le nostre tasse".

Infine è bene ricordare che difficilmente si può parlare di illegalità. Questi colossi effettivamente adempiono ai propri obblighi, ma fanno tutto quanto in loro potere per portare il denaro lontano della autorità fiscali. Giudicare queste aziende tuttavia è difficile, perché sull'altro piatto della bilancia ci sono i posti di lavoro e la ricchezza che hanno creato.