La responsabilità legale di Google e i fornitori di servizi

Qualcuno può usare Google per promuovere un sito truffaldino, o sfruttare le recensioni di TripAdvisor per fare diffamazione. Sono solo due delle tante possibili situazioni che sollevano interrogativi sulle responsabilità legali di chi fornisce il servizio.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

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La settimana scorsa ci siamo occupati della disciplina che regola la responsabilità civile dell'Internet Service Provider (ISP). Gli stessi concetti e norme simili vengono applicati anche a un altro tipo di fornitore, che offre servizi online di vario genere a persone che già dispongono di un collegamento a Internet tramite ISP.

Ne è un esempio YouTube, che permette a chiunque di pubblicare un video. Ma anche Google come strumento per pubblicizzare il proprio sito, o TripAdvisor che serve per pubblicare le proprie personali opinioni in forma di recensioni riguardo a esercizi pubblici.

Che cosa succede se con questi strumenti l'utente fa qualcosa di illegale? Come va considerata un'azione diffamatoria? Il fornitore del servizio ha una qualche responsabilità? Negli ultimi anni si sono verificati diversi casi concreti per esaminare questi scenari, per i quali tuttavia manca ancora una normativa certa.

Vediamo quindi alcuni dei casi più famosi verificatisi nel passato recente.

Europa: l'accusa contro Google

Il caso C-236/08 ha visto comparire Google, il più noto e utilizzato motore di ricerca (e non solo), innanzi alla Corte di Giustizia. La procedura aveva come oggetto l'affidabilità e la correttezza del funzionamento di uno dei tanti servizi offerti da Google: Adwords, ovvero lo strumento che, in estrema sintesi, consente di adeguare i messaggi pubblicitari alle ricerche svolte dall'utente.

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In fatto accadeva che prestigiose aziende del settore moda contestavano a Google la circostanza che tra i risultati di ricerche svolte adoperando come parole chiave i loro marchi, comparissero siti di e-commerce di beni contraffatti. Ciò avveniva in conseguenza del fatto che terzi si servivano abusivamente di tali marchi allo scopo di trarne un profitto.

Dopo una condanna in primo e secondo grado inflitta alla società di Mountain View, la Corte di ultimo grado francese rinviava il caso alla Corte di Giustizia. Il Giudice europeo coglieva dunque l'occasione per fornire ai giudici nazionali le indicazioni sulle condotte rilevanti ai fini della responsabilità dei fornitori di servizi, tenendo come punto di riferimento le attività in concreto svolte nel corso della fornitura del servizio e successivamente alla conoscenza del fatto illecito.

La Corte, in quell'occasione, non rilevava profili di responsabilità imputabili a Google giudicando che lo stesso svolgesse una funzione "meramente tecnica, automatica e passiva" che escludeva la possibilità di conoscere e controllare i dati oggetto di trasmissione. 

La statuizione della Corte di Giustizia non è stata accolta con unanime approvazione tanto è vero che in un'altra occasione, sempre un tribunale francese, evidenziava che Google, nel veicolare i messaggi pubblicitari, poteva individuarne preventivamente il contenuto, determinarne il posizionato oltre che interrompere in qualunque momento la pubblicazione dello stesso. Di conseguenza per il Giudice francese il ruolo del famoso motore di ricerca poteva essere considerato tutt'altro che "passivo" e per l'effetto condannava la società americana al pagamento di un risarcimento.