Marvel's Iron Fist, botte da orbi e qualche perplessità

L'ultimo supereroe Marvel si svela in uno show godibile, pieno d'azione e discretamente realizzato, ma ben lontano dagli standard a cui Netflix ci aveva abituati.

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a cura di Andrea Balena

Il progetto televisivo Defenders di Marvel e Netflix, ossia la creazione di un macrocosmo di serie televisive di supereroi nell'area urbana di New York, sta finalmente per giungere al suo culmine con la pubblicazione a fine anno della miniserie crossover. Nel frattempo sul servizio è stato da poco pubblicato Iron Fist, l'ultimo fondamentale pezzo del puzzle, atto a presentare le origini del quarto componente del supergruppo: il campione di arti marziali Pugno D'Acciaio.

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Nelle settimane precedenti al rilascio si era diffuso tra i fan il timore per la buona riuscita del prodotto, a causa delle feroci critiche della stampa specializzata che ha dipinto l'epopea dell'ultimo Difensore come un completo disastro sia in termini di sceneggiatura che di messa in scena. Va puntualizzato che queste recensioni erano basate solo sulle prime sei puntate (di tredici) dello show, le uniche disponibili in anteprima per i giornalisti del settore. Ora che finalmente la serie completa è a disposizione di tutti, possiamo tirare un mezzo sospiro di sollievo: Iron Fist non è certamente una disfatta, anche se non la si può considerare una vittoria completa.

La storia prende il via dal ritorno nella Grande Mela di Danny Rand (Finn Jones, già visto nel Trono di Spade), giovane erede di una grande multinazionale, che era stato dato per morto 15 anni prima a seguito di un incidente aereo con i genitori sull'Himalaya. Scalzo, vestito con stracci e senza una dimora, Danny vuole risposte sul suo passato e ottenere quello che gli spetta di diritto, ma incontra l'ostilità dai fratelli Meachum, suoi amici d'infanzia ora dirigenti delle Rand Enterprises, che lo scambiano per un impostore. Il ritorno a casa del rampollo mette in moto una serie di eventi tra cui la comparsa dell'organizzazione criminale "La Mano". Presto si scoprirà che l'organizzazione è legata alla crescita di Danny a K'un-Lun, la città sacra nella quale si è addestrato ad ogni stile di arte marziale e ha conquistato il potere dell'Iron Fist, ovvero la capacità di sfruttare il chi per trasformare il proprio corpo in un'arma vivente.

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Il personaggio nacque negli anni '70 cavalcando la popolarità dei film di Bruce Lee e nel corso degli anni i suoi iconici combattimenti di arti marziali sono sempre stati il fulcro delle storie cartacee. Era quindi scontato per molti che tali combattimenti fossero il piatto forte dell'adattamento televisivo, ma il risultato finale è altalenante. Nelle primissime puntate risultano quasi del tutto assenti e quelli che ci sono appaiono coreografati in maniera dozzinale, ben lontani dai virtuosismi tecnici visti in Daredevil, a causa un confermato budget ridotto. Fortunatamente la qualità migliora con l'evoluzione delle vicende, soprattutto negli scontri con i pericolosi scagnozzi della Mano, che non sono più unicamente i ninja zombie visti nelle vicende del Diavolo di Hell's Kitchen.

La caratterizzazione del protagonista sarà un argomento molto discusso: a differenza dei suoi colleghi, nel corso di questa prima stagione Danny non accarezza mai l'idea di diventare un vigilante della città né indossa alcun costume. Va però lodato l'attore per essersi pienamente calato nella parte, ampliandone la psicologia e mostrandone i conflitti interiori. In tal senso l'intera stagione è un cammino verso la maturità del novello eroe, che deve risolvere i traumi del suo passato prima di affrontare le sfide che lo attendono. Ma lo storytelling risulta a volte lacunoso o eccessivamente vago sotto quest'aspetto.

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Molta attenzione è stata riposta nelle trame secondarie utili ad approfondire i vari personaggi, come il tumultuoso rapporto padre-figlio fra Harold e Ward Meachum o il misterioso passato della sensei Colleen Wing, spalla femminile del protagonista. Il prodotto risulta variegato e facile da seguire, con 13 puntate che scorrono velocemente e sanno intrattenere, ma in molti casi un occhio critico può giudicare la sceneggiatura inutilmente prolissa e con qualche artificio di troppo.

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Alla fine della fiera Iron Fist si dimostra uno show semplice e senza pretese, adatto a un weekend di bingewatching. Come anche dichiarato dallo stesso protagonista, questa serie va approcciata più come l'ultimo capitolo di preparazione per Defenders che uno stand alone per appassionati. Ora non ci resta che aspettare la miniserie evento che finalmente riunirà i quattro eroi dei sobborghi newyorkesi e che ha già aspettative altissime fra gli appassionati.