Obsolescenza programmata, siamo costretti ad arrenderci?

L'obsolescenza programmata è molto difficile da dimostrare, secondo il progettista elettronico Emanuele Bonanni. Basterebbe impiegare software open source.

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a cura di Dario D'Elia

L'obsolescenza programmata è praticamente impossibile da dimostrare. Ne è convinto Emanuele Bonanni, progettista elettronico oggi editore delle testate specializzate Elettronica Open Source e Firmware. Il tema è caldissimo, ma anche storicamente irrisolto se si considera che "nasce" nel 1924 con il Cartello Phoebus - l'accordo tra i produttori di lampadine per limitare il numero di ore di esercizio.

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"In 15 anni di lavoro di progettista non mi è capitato che un'azienda mi chiedesse di programmare blocchi a tempo, ma sarebbe facilissimo farlo e impossibile da scoprire", spiega Bonanni. La questione di fondo è che i microcontrollori che gestiscono ormai ogni apparecchiatura con elettronica - dalle lavatrici ai frigoriferi, ma anche i termostati - sono governati da linee di codice che possono nascondere programmi di ogni tipo.

"Basterebbe mettere un semplice contatore che dopo un certo numero di ore di lavoro attivi un blocco di funzionamento. Volendo sull'intera macchina ma anche solo su specifiche periferiche", spiega Bonanni. "Due righe di software nel firmware ed è tutto fatto".

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Intanto i rifiuti aumentano elettronici

Si pensi ad esempio a una lavatrice. A volte capita che smetta di funzionare a causa di un componente "bruciato". Ma chi può assicurarci che questo sia avvenuto davvero a causa dell'uso intenso invece che un comando partito dalla centralina che ha alterato qualche parametro per ottenere una rottura?

"L'unica soluzione potrebbe essere quella di impiegare software open source, che l'intera community di sviluppatori potrebbe tenere costantemente sotto controllo", sostiene l'esperto. "E per la sicurezza basterebbe impiegare chip hardware di cifratura, così da scongiurare eventuali violazioni".

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La rivista Firmware

Ovviamente se le aziende prediligono scelte proprietarie si deve anche al fatto che la proprietà intellettuale, brevetti e costi di sviluppo sono voci importanti per la gestione di impresa. Bonanni ricorda che non è detto che l'intero codice debba essere per forza open, si può decidere di mantenere una parte chiusa.

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L'obsolescenza programmata è comunque solo un aspetto del controllo che le aziende possono avere sui loro prodotti. Oggi è risaputo che nel settore stampanti l'impiego dei chip nelle cartucce permette di decidere a tavolino quando vadano considerate "esaurite". Il fondatore di Elettronica Open Source suggerisce di sperimentare in prima persona questo fenomeno. Quando la stampante segnala il fine cartuccia, e quindi l'impossibilità di impiego, provate a sfilarle dalla sede e aprirle.

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"Vi accorgerete che in molti casi c'è ancora un 15/20% di inchiostro utilizzabile. Eppure ci obbligano a cambiarle", dice Bonanni. "Una volta dopo aver cambiato le cartucce alla mia stampante mi si è rotta. Ne ho comprata un'altra identica, ho montato le stesse appena aperte e ho scoperto che non funzionavano. Erano state autenticate dalla precedente e quindi erano inservibili nella nuova stampante".

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In sintesi, più che di obsolescenza il tema sembra quello del controllo. Con l'elettronica si può stabilire tutto: cicli di vita, malfunzionamenti, interruzione servizi, etc. E con l'Internet delle cose sembriamo destinati a essere soggiogati ulteriormente. In tempo reale.