Pubblicità Google sotto la lente di Dublino per la presunta violazione del GDPR

Il Garante della Privacy irlandese ha avviato un'indagine su Google per valutare il rispetto del GDPR in relazione alla piattaforma pubblicitaria.

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a cura di Dario D'Elia

Il Garante della privacy irlandese ha avviato un'indagine nei confronti Google in relazione al trattamento dei dati personali effettuato dalla sua piattaforma d'asta pubblicitaria. In sintesi il Data Protection Commissioner (DCP) di Dublino vuole stabilire se vi sia conformità rispetto alle disposizioni del regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). "Verranno inoltre esaminati i principi GDPR di trasparenza e minimizzazione dei dati, nonché le pratiche di conservazione di Google", si legge nella nota dell'autorità.

Si tratta della prima indagine europea - legata a Google - in tal senso, dopo l'introduzione del GDPR. Questa nasce a seguito della denuncia da parte della software house Brave. La piccola realtà anglo-statunitense, fondata dal guru di Mozilla e creatore di Javascript Brendan Eich, ha sviluppato un browser open-source basato su Chromium che fa della sicurezza e del rispetto della privacy dell'utente due caratteristiche chiave. L'accusa nei confronti di Google è di impiegare un sistema pubblicitario (Google ad auction) che viola il GDPR nella gestione dei dati. Nello specifico in barba ai regolamenti sarebbero condivisi dati su siti visti, la localizzazione, il dispositivo impiegato, assegnazione di un cookie, indirizzo IP e altro.

Un portavoce di Google ha dichiarato a The Verge che la situazione è sotto controllo. "Ci impegneremo pienamente nell'indagine del DPC e accogliamo con favore l'opportunità di chiarire ulteriormente le norme europee sulla protezione dei dati per le offerte in tempo reale", ha affermato. "Gli acquirenti autorizzati che utilizzano i nostri sistemi sono soggetti a politiche e standard rigorosi".

Gli addetti ai lavori hanno ricordato che una eventuale violazione del GDPR potrebbe far scattare sanzioni massime pari a 4% del fatturato annuale. Un'altra conseguenza potrebbe essere quella di costringere l'azienda a correggere la sua piattaforma pubblicitaria.

Ad ogni modo il Data Protection Commissioner irlandese, considerato che moltissimi colossi statunitensi hanno sede sul territorio, ha confermato poche settimane fa di aver avviato almeno 51 indagini di cui 17 legate a realtà come Twitter, LinkedIn, Apple, Facebook, WhatsApp e Instagram.