Tutti spiati e senza diritti?

Se l'indirizzo di posta elettronica o l'account IM è fornito dall'azienda, allora il datore di lavoro ha il diritto di entrare e vedere se ci sono messaggi personali. È una violazione della privacy accettabile e coerente con la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Lecito anche il licenziamento, se c'è un abuso.

Avatar di Valerio Porcu

a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Tutti spiati e senza diritti?

Per quanto sia una decisione importante, ci sono diversi "se" e altrettanti "ma" da prendere in considerazione. Tanto per cominciare, gli stessi giudici di Strasburgo riconoscono che la posta elettronica è tutelata dall'articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, anche in ufficio. I dettagli fanno la differenza tra una violazione e l'esercizio di un diritto.

L'avvocato Guido Scorza spiega a Tom's Hardware che in Italia una cosa del genere probabilmente non starebbe in piedi. Dopotutto, ci dice l'esperto, l'abuso, che pure c'è stato, non ha nemmeno creato un danno diretto all'azienda - come per esempio avrebbe fatto usando il telefono aziendale per costose chiamate internazionali.

Stando alle normative vigenti, che valgono per tutta Europa, ci sono diversi dettagli che definiscono diritti e doveri di entrambe le parti. Sempre Scorza, infatti, ci spiega che prima di tutto l'azienda deve fornire al lavoratore un documento: l'informativa sulla privacy che stabilisce norme e doveri di entrambe le parti.  

internet privacy

Tale documento deve spiegare al lavoratore che il datore potrebbe accedere all'account di posta e in quali condizioni; se il responsabile vendite è malato e c'è un affare da chiudere, per esempio. Il lavoratore, a sua volta, può nominare un delegato di sua fiducia, che avrebbe il diritto di accedere all'account. Dobbiamo supporre, nel caso Barbulescu, che il lavoratore era stato informato, o almeno aveva firmato il documento. Altrimenti l'azienda non avrebbe avuto il diritto, secondo le norme europee, di analizzare i suoi messaggi.  

In assenza di un informativa firmata da entrambi le parte, infatti, il datore che accede alla mail aziendale commetterebbe una violazione della privacy più grave di quella presa in considerazione.  

Il fatto è, aggiunge Scorza, che in un ambito lavorativo, con strumenti di comunicazione forniti dall'azienda, "la privacy del lavoratore è naturalmente esposta a rischio". Per questo il Garante Italiano ha suggerito alle aziende di fornire strumenti per evitare problemi simili.

"Il garante dice, per tagliare la testa al toro: sarebbe opportuno che il datore di lavoro desse al dipendente la possibilità di accedere a un account privato, e stabilisse il divieto di usare l'account aziendale per scopi privati".

email marketing privacy

Divieto che nel caso rumeno evidentemente è stato violato. Ma in Italia, aggiunge Scorza, in un caso simile si sarebbe dovuta verificare con attenzione l'informativa sulla privacy, quel documento di cui abbiamo scritto sopra. Si sarebbe dovuto controllare se il controllo dei messaggi rientrasse in uno dei casi presi in considerazione.

Infine, è opportuno sottolineare che la Corte Europea si è dichiarata solo riguardo alla violazione della privacy, dando ragione all'azienda. Che ci fosse una giusta causa per il licenziamento oppure no è questione di diritto del lavoro - e magari ci sarà un'altra vicenda legale di cui parlare in futuro.