Steve Jobs indagato dall'FBI, aveva un futuro da politico

L'FBI ha pubblicato un fascicolo su Steve Jobs. L'ex amministratore delegato di Apple era tra i papabili al ruolo di gestore del commercio internazionale e non solo nel governo Bush senior. Probabilmente la sua psiche imprevedibile e il passato con le droghe ne hanno frenato l'ascesa politica.

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a cura di Manolo De Agostini

L'FBI aveva stilato un dossier su Steve Jobs. Centonovantuno pagine in cui gli agenti federali hanno redatto un profilo completo del cofondatore di Apple, deceduto l'ottobre scorso.

Jobs era stato adocchiato dal presidente George Herbert Walker Bush, che pensava a lui per tenere le fila del mondo del commercio. Tutto questo avveniva a cavallo tra la fine degli anni '80 e l'inizio di quelli '90. Ricerche di ruotine, ma la notizia che l'FBI avesse un fascicolo su Jobs, fa scalpore.

Cos'ha scoperto la potente agenzia che noi comuni mortali non sapessimo già? Beh, un bel niente. La biografia di Walter Isacsson e i libri usciti in precedenza non ci hanno regalato grossomodo tutte le sfaccettature di un uomo complicato.

Le informazioni raccolte però sembrerebbe aver stoppato sul nascere la sua ascesa nel mondo della politica - sempre che Jobs avesse accettato l'incarico. Da che cosa potrebbe essere rimasto spaventato Bush senior? Innanzitutto dal carattere. Nel documento si mette in dubbio l'onestà morale di Jobs e si parla della capacità di manipolare la realtà per raggiungere i propri scopi.

Sì, il cosiddetto "campo di distorsione della realtà", una sorta di meccanismo difensivo dai problemi reali. Se n'è parlato spesso, ed è stata la sua croce (in diversi momenti della sua prima parte di vita in Apple) e la sua delizia (nella seconda). Forse Bush temeva che quell'affabulatore nato potesse togliergli da sotto il sedere la poltrona di Presidente degli Stati Uniti.

Il secondo aspetto potrebbe essere il legame giovanile di Jobs con le droghe. Per quel "bacchettone" di Bush forse era troppo: qualcuno avrebbe potuto gridare allo scandalo. Per quanto l'uso di stupefacenti sia da condannare, il Presidente avrebbe potuto tenere conto del contesto in cui è nato e vissuto l'iCEO: la California, nella culla del movimento hippy e in un momento in cui fare "esperienze alternative" era la norma e non l'eccezione.

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Capelloni, drogati e un po' evanescenti: la visione del computer "personale" è nata così, con tanti "alternativi" riuniti in circoli privati dove si sfornavano idee stravaganti e senza volerlo, si gettavano le basi di una rivoluzione senza precedenti. Rimarremo quindi sempre con un chiodo fisso: cosa avrebbe potuto fare un Jobs in politica? Distorsore della realtà, stakanovista e spirito da numero uno. Avrebbe condotto gli Stati Uniti alla rovina o li avrebbe portati su Marte?

AGGIORNAMENTO:

Il Dipartimento del Commercio ha confermato - dopo la pubblicazione di questa notizia - che Jobs ha fatto parte del consiglio durante la prima amministrazione Bush. I membri del consiglio il commercio internazionale (esportazioni) non sono retribuiti e si riuniscono almeno due volte l'anno, dando consigli al Presidente sulla politica commerciale da adottare.