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Web e analfabetismo funzionale, male l'Italia secondo l'OCSE

L'OCSE ha pubblicato i risultati del suo ultimo test PISA relativo al 2015 sui livelli di analfabetismo funzionale nel mondo. Male l'Italia che ha un'elevata percentuale di persone non in grado di comprendere approfonditamente e con senso critico un testo.

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Avatar di Alessandro Crea

a cura di Alessandro Crea

@Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 16/08/2019 alle 13:39
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L'analfabetismo funzionale è un grave problema dei giorni nostri. Tutti ovviamente sanno ormai leggere, sa scrivere e far di conto, come si diceva una volta, ma in quanto a strumenti critici e capacità di analizzare e comprendere un testo, in Italia non stiamo messi benissimo. E con la sempre più pervasiva diffusione del Web, la situazione non è affatto migliorata, anzi forse è peggiorata. Tutti leggiamo e commentiamo, ma forse spesso a sproposito. A confermarlo sono i dati dell'ultimo studio PISA prodotto dall'OCSE, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, che fa riferimento al 2015.

Osservando i dati che misurano la competenza di lettura al fine di raggiungere i propri obiettivi, sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità e svolgere un ruolo attivo nella società, emerge infatti chiaramente che la percentuale di studenti quindicenni (divenuti quindi maggiorenni lo scorso anno) non si discosta di molto dalla media OCSE per quanto riguarda il livello più basso di comprensione del testo, ma crolla man mano che si guardano si sale di livello, giungendo ad appena lo 0,6% di quindicenni italiani in grado di raggiungere il livello più elevato, contro l’1,1% della media OCSE.

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Ma quali sono anzitutto i livelli a cui fa riferimento lo studio? Il livello 1 è quello che richiede meno capacità: per raggiungerlo basta infatti comprendere il tema principale di un testo relativo ad argomenti conosciuti o saper fare connessioni semplici tra le informazioni presenti nel testo e le conoscenze comuni. A questo livello, fortunatamente si ferma soltanto un quindicenne su sei.

Il livello base, quello che assicura cioè una comprensione un minimo approfondita, è invece il 2, e il suo raggiungimento implica la capacità di riconoscere il concetto portante di un testo, comprenderne le relazioni, e costruire il significato all’interno di una parte limitata del testo, effettuando semplici deduzioni quando l’informazione non è evidente. In Italia questo livello è raggiunto da un quarto dei quindicenni.

Le cose si complicano quando ci si sposta verso i due massimi livelli, il 5 e il 6. Il 5 infatti è raggiunto appena dal 5,1% degli studenti italiani, contro una media del 7,2%. Questo livello implica compiti riflessivi e interpretativi che richiedono una comprensione profonda del testo, il cui contenuto non sia familiare. L'ultimo livello invece consiste nella capacità di effettuare confronti, integrando le informazioni da più di un testo, confrontandosi con idee non familiari e applicando conoscenze sofisticate, esterne ai testi di riferimento. Questo livello come detto è raggiunto appena dallo 0,6% dei nostri studenti quindicenni, contro una media dell'1,1%.

Dunque, fino al livello 2 tutto bene, ma è sufficiente nella società attuale ad orientarsi efficacemente nell'infosfera, valutando fonti e informazioni presenti e reperibili online dopo averle confrontate con le proprie conoscenze, elaborando infine un proprio pensiero originale? La risposta, ovviamente, è no.

Certo, si potrebbe obiettare che la ricerca risalga ormai a 4 anni fa e che nel frattempo le cose potrebbero essere migliorate. Un'ipotesi non priva di fondamento dato che i quindicenni di allora oggi hanno 19 anni, hanno completato gli studi superiori e, forse, intrapreso quelli universitari. In Italia però ad oggi ci sono ancora quattro cittadini su dieci, di età compresa tra i 25 e i 64 anni, che non hanno mai conseguito un diploma, né ha concluso corsi di formazione professionale superiori ai 2 anni e riconosciuti dalla Regione, non ha frequentato altri corsi scolastici e non ha svolto attività formative ulteriori di alcun tipo. Si tratta di una parte consistente del Paese, che costituisce una fragilità per sè stessa, ma anche per il Paese, e della quale dovrebbero preoccuparsi politici e riformatori scolastici.

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