Il settore automobilistico globale si trova oggi ad affrontare una crisi che ricorda drammaticamente i mesi più difficili della pandemia COVID-19. La differenza questa volta non sono i lockdown o le chiusure delle fabbriche, ma una leva geopolitica ancora più potente: il controllo cinese sui materiali delle terre rare, elementi fondamentali per la produzione di veicoli moderni. La situazione ha raggiunto livelli di allarme talmente elevati che i dirigenti dell'industria parlano apertamente di "panico totale" e di aziende "disposte a pagare qualsiasi prezzo" pur di assicurarsi le forniture necessarie.
La catena degli eventi che ha portato a questa situazione critica affonda le radici nelle crescenti tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina dello scorso aprile. In quel periodo, Pechino ha deciso di limitare drasticamente le esportazioni di elementi delle terre rare e dei magneti che li contengono, colpendo al cuore un'industria che dipende massicciamente da questi materiali. Frank Eckard, amministratore delegato della società tedesca di magneti Magnosphere, ha sintetizzato efficacemente la gravità della situazione dichiarando a Reuters che "l'intera industria automobilistica è nel panico più totale".
Gli elementi delle terre rare rappresentano infatti componenti insostituibili nella moderna produzione automobilistica, trovando impiego nei motori elettrici di veicoli ibridi ed elettrici, negli altoparlanti dei sistemi di infotainment e in numerosi altri componenti tecnologici (e nelle wallbox). La loro scarsità innesca un effetto domino devastante: quando manca un singolo componente chiave, l'intera produzione si blocca, costringendo le case automobilistiche a riorganizzare completamente i loro inventari per evitare accumuli eccessivi di altri materiali che diventano improvvisamente inutilizzabili.
L'entità della dipendenza occidentale dalla Cina in questo settore emerge chiaramente dai dati forniti dal Center for Strategic and International Studies: la Repubblica Popolare controlla il 60% della produzione mondiale di elementi delle terre rare e processa il 90% di questi materiali. Si tratta di cifre che delineano un vero e proprio monopolio de facto in un settore strategico, una situazione che Pechino ha dimostrato di essere pronta a sfruttare come arma geopolitica.
Le tensioni commerciali tra le due superpotenze continuano a mantenere alta l'incertezza, nonostante alcuni segnali di distensione. Il 6 giugno, Reuters ha riportato che la Cina aveva concesso licenze di esportazione per materiali delle terre rare ad alcune aziende statunitensi. Successivamente, il presidente Trump ha annunciato che il leader cinese Xi Jinping stava revocando le restrizioni imposte.
Tuttavia, questa apparente risoluzione della crisi immediata non elimina i rischi strutturali sottostanti. Le divergenze tra Washington e Pechino rimangono profonde su questioni cruciali come il futuro di Taiwan e l'accesso ai mercati globali per i veicoli elettrici cinesi. Sebbene entrambe le parti sembrino voler evitare un'escalation eccessiva a causa delle pressioni interne, la volatilità geopolitica rende ogni tregua potenzialmente temporanea.
La crisi ha accelerato la ricerca di alternative strategiche da parte dell'industria automobilistica occidentale. L'Inflation Reduction Act americano rappresenta un tentativo ambizioso di costruire una catena di approvvigionamento domestica per batterie e tecnologie dell'energia pulita, riducendo la dipendenza da fornitori potenzialmente ostili. In questa direzione si muovono anche case automobilistiche come General Motors e Ford, che stanno investendo massicciamente nelle batterie LMR (lithium manganese rich), una tecnologia che riduce significativamente la dipendenza da materiali rari provenienti dalla Cina.
Parallelamente, alcune aziende stanno esplorando soluzioni tecnologiche completamente innovative. Rivian, attraverso le parole del suo CEO RJ Scaringe in un'intervista a Bloomberg, ha annunciato di stare sviluppando motori che non utilizzano affatto materiali delle terre rare. Altre case automobilistiche stanno seguendo percorsi simili, concentrandosi su motori privi di magneti permanenti per ridurre la loro esposizione ai rischi geopolitici.
L'episodio attuale ha messo in luce una vulnerabilità sistemica che va ben oltre il settore automobilistico, toccando numerose industrie strategiche. In un mondo dove le guerre commerciali possono iniziare e finire secondo logiche imprevedibili, la dipendenza da avversari geopolitici rappresenta un rischio inaccettabile per la sicurezza economica nazionale. La lezione della pandemia COVID-19, quando le interruzioni della catena di approvvigionamento si sono manifestate lentamente prima di esplodere simultaneamente ovunque, si ripete oggi con dinamiche geopolitiche ancora più complesse e potenzialmente durature.