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Secondo questo CEO l'IA cambia il lavoro, non lo riduce

Dylan Serota organizza cene mensili con CTO di startup americane. Secondo lui, nessuno dei partecipanti crede che l'AI ridurrà i propri team di lavoro.

Avatar di Valerio Porcu

a cura di Valerio Porcu

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 22/07/2025 alle 10:30

La notizia in un minuto

  • I CTO delle principali aziende tech non vedono l'AI come una minaccia occupazionale, ma come uno strumento per aumentare la produttività e creare più opportunità di lavoro per ingegneri con solide competenze fondamentali
  • Le aziende stanno cambiando i criteri di selezione: non cercano più specialisti di linguaggi specifici, ma ingegneri eccellenti capaci di ragionare strategicamente e risolvere problemi complessi
  • Nonostante l'entusiasmo, esistono resistenze inaspettate: alcune aziende vietano l'AI agli ingegneri junior per evitare dipendenza eccessiva, mentre altre temono vulnerabilità nella sicurezza dei dati sensibili

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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L'intelligenza artificiale rivoluzionerà il mondo dell'ingegneria software: un mantra che sentiamo sempre più spesso da quando l'IA è diventata parte integrante delle nostre vite, eppure qualcuno non è d'accordo: Dylan Serota va decisamente controcorrente. il CEO di Terminal, una piattaforma specializzata nel reclutamento di ingegneri del software, racconta come queste figure mantengano una visione ottimistica sul futuro occupazionale, nonostante gli strumenti di coding assistito dall'AI diventino sempre più sofisticati. La loro convinzione è netta: non si tratta di sostituzione del lavoro umano, ma di evoluzione delle competenze richieste.

La trasformazione delle competenze richieste

L'impatto più evidente di questa rivoluzione tecnologica si manifesta nel cambiamento radicale dei criteri di selezione del personale. Serota osserva come le richieste delle aziende si siano trasformate completamente negli ultimi anni. "Prima ricevevamo richieste specifiche come 'cerco uno sviluppatore Python'", spiega, "le aziende assumevano in base a competenze linguistiche o di dominio molto specifiche. Ora la tendenza è completamente diversa: vogliono semplicemente ingegneri eccellenti con solide basi fondamentali".

Questo shift rappresenta un cambiamento paradigmatico nel settore. Le aziende stanno privilegiando la capacità di ragionare come un ingegnere rispetto alla mera abilità di scrivere codice. È una distinzione sottile ma fondamentale, che riflette come l'automazione stia assumendo il controllo degli aspetti più meccanici della programmazione, lasciando agli esseri umani il compito più complesso del problem-solving strategico.

Produttività versus sostituzione: il paradosso dell'efficienza

Gli ospiti delle cene di Serota manifestano grande entusiasmo per i guadagni di produttività che gli strumenti AI possono offrire ai loro team. Tuttavia, la loro interpretazione di questi benefici sfida le previsioni più catastrofiche. Secondo questa visione, quando i compiti di programmazione più semplici diventano meno costosi da completare, le aziende tecnologiche tendono ad aumentare la loro produzione piuttosto che ridurre il personale.

La domanda di ingegneri sta aumentando, non diminuendo

"Essere in grado di aumentare sostanzialmente il corpus di dati e di software porta effettivamente a continuare gli investimenti in più ingegneri del software per fare le cose", argomenta Serota. Questa logica suggerisce un effetto moltiplicatore: più strumenti efficaci significano più progetti ambiziosi, che a loro volta richiedono più talento umano per essere realizzati.

Le resistenze inaspettate all'adozione dell'AI

Nonostante l'entusiasmo generale, emergono sorprendenti cautele nell'implementazione di questi strumenti. Alcune aziende hanno adottato politiche restrittive, vietando agli ingegneri junior l'uso di strumenti AI per timore di creare una dipendenza eccessiva. È un approccio che ricorda le preoccupazioni educative sui calcolatori nelle scuole: la paura che la facilitazione eccessiva possa impedire lo sviluppo di competenze fondamentali.

Le preoccupazioni per la sicurezza rappresentano un altro freno significativo. Molti CTO temono che aprire le loro librerie di codice agli editor AI possa rendere vulnerabili dati sensibili. Serota ammette che queste preoccupazioni lo sorprendono, considerando l'entusiasmo generale per le potenzialità della tecnologia, ma riconosce che rappresentano ostacoli reali all'adozione completa.

Il confronto con i giganti tecnologici

La prospettiva ottimistica di Serota deve confrontarsi con realtà più complesse nei colossi tecnologici. In aziende come Microsoft e Google, circa il 30% del codice viene già scritto dall'intelligenza artificiale, mentre figure come Andy Jassy di Amazon hanno esplicitamente indicato che l'AI potrebbe "ridurre la forza lavoro aziendale totale" attraverso guadagni di efficienza.

Tuttavia, Serota sottolinea che i suoi interlocutori provengono principalmente da startup e aziende in crescita piuttosto che da aziende Fortune 500, il che potrebbe influenzare significativamente la loro prospettiva. Queste realtà più agili potrebbero avere dinamiche occupazionali diverse rispetto ai giganti consolidati del settore tecnologico, dove le pressioni per l'efficienza e la riduzione dei costi sono più intense.

Nonostante le incertezze e le contraddizioni apparenti nel mercato, con alcune aziende che rallentano le assunzioni mentre altre le accelerano, la convinzione di Serota rimane salda. La sua posizione privilegiata nel mercato del talento tecnologico gli fornisce una visione diretta delle tendenze occupazionali, alimentando la sua fiducia che l'evoluzione supererà la sostituzione nel definire il futuro del lavoro nell'ingegneria del software.

Fonte dell'articolo: www.businessinsider.com

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