Checkpoint Systems, il valore dell’rfid nel retail

Checkpoint Systems sottolinea il potenziale dell’rfid analizzando quanto emerso dalla ricerca "Retail Security in Europe: Going Beyond Shrinkage"

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a cura di Antonino Caffo

Checkpoint Systems, fornitore di soluzioni integrate per il retail, crede fortemente nel valore aggiunto dell’investimento nella tecnologia Rfid. Dall’ottimizzazione dello stock, ad una maggiore accuratezza dell’inventario, l'azienda vede la tecnologia come vettore concreto di crescita ed efficientamento del settore.

Pensieri che emergono anche dalla ricerca “Retail Security in Europe: Going Beyond Shrinkage”, realizzata da Crime&Tech, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore con il supporto di Checkpoint Systems.

In questa si mette in evidenza che, già a partire dalla fase di raccolta informazioni e studio, per poi arrivare a quella di analisi dei dati sul punto vendita e alla sicurezza, il ruolo dell’rfid è tale da creare benefici per tutta la catena del valore.

«Misurare per poter contenere e limitare le differenze inventariali è la sfida che oggi i retailer devono ancora superare appieno, il contributo che l’rfid può fornire è, crediamo, notevole» spiega Alberto Corradini, Business Unit Director Italy di Checkpoint Systems.

«Oggi oltre la metà del valore totale delle perdite registrate risulta ancora essere di origine “non conosciuta”. Questo dato ci fa pensare che la soluzione a questo tipo di “lacune alla base” possa risiedere proprio nell’adozione di questa tecnologia».

Le pratiche inventariali variano ancora da azienda ad azienda e, spesso, gli errori partono già a livello di calcolo. Anche perché cambiano le tecnologie utilizzate: se prevale l’utilizzo di codici a barre (nel 71,7% delle aziende intervistate), diversi retailer hanno riportato alcune difficoltà legate all’uso di portatili, docking station e palmari barcode.

Inoltre, ben il 7,5% ha dichiarato di eseguire l’inventario ancora manualmente – dato ancor più sorprendente se riferito al settore della GDO, dove sale all’11%. Nonostante molti retailer ritengano che sia una delle soluzioni più “promettenti” in termini di riduzione delle differenze inventariali, che siano o meno di natura criminale, l’Rfid oggi risulta utilizzata solo dal 6% delle aziende del settore.

Dal punto di vista delle misure di sicurezza adottate, si legge nella ricerca che le aziende italiane spendono in media lo 0,5% del loro fatturato in misure di sicurezza (media 2015-2016-2017). I sistemi CCTV, seguiti dai sistemi EAS e dagli allarmi, sono le contromisure più frequentemente adottate.

Tuttavia, il loro impiego non è uniforme tra i punti vendita: il 70% dei rispondenti dice di adottare EAS in tutti gli store, mentre le guardie armate e disarmate sono impiegate in una percentuale minore di punti vendita, così come il personale in borghese e i sistemi Rfid utilizzati come EAS (solo il 25%).

«Noi di Checkpoint siamo assolutamente convinti che l’apporto di questo tipo di sistemi possa essere notevole. Ovviamente l’adozione della tecnologia necessita di sposarsi con un miglioramento a livello di organizzazione e di comunicazione interna».

«Ci sentiamo di suggerire, tra l’altro, anche a quelle realtà che fino a poco tempo fa pensavano che l’investimento in rfid fosse irraggiungibile, che la situazione è molto cambiata da questo punto di vista. Oggi avviare un progetto pilota non ha più un impatto economico strabiliante, quindi perché non farlo

«Suggeriamo quindi, anche alle PMI, di approfondirne con noi i benefici e le potenzialità di questa tecnologia, sfruttando grazie alla nostra consulenza anche le opportunità rappresentate dal nuovo credito d’imposta per investimenti software, previsto dal Piano Transizione 4.0».

In un contesto di sempre maggiore attenzione verso l’innovazione tecnologica, infatti, anche i retailer con pochi punti vendita o quelli che fino a poco tempo fa vedevano nell’rfid una tecnologia appannaggio dei big del settore, oggi stanno iniziando sempre più a considerarlo una reale opportunità.