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Si può controllare un dipendente per vedere se lavora? Ecco la risposta

La sorveglianza sul lavoro nell'era digitale: limiti, regole e nuove sfide tecnologiche tra controllo aziendale e tutela della privacy del lavoratore.

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Avatar di Antonino Caffo

a cura di Antonino Caffo

Editor

Pubblicato il 04/06/2025 alle 15:22

Il controllo dei dipendenti sul posto di lavoro rappresenta oggi una delle questioni più delicate per le aziende, in cui si scontrano due esigenze fondamentali: il legittimo diritto del datore di verificare che il lavoro venga svolto correttamente e il diritto alla privacy dei dipendenti. Questa tensione si è intensificata con l'avvento delle nuove tecnologie digitali, che offrono strumenti di sorveglianza sempre più sofisticati ma pongono anche interrogativi etici e legali inediti. L'avvocato Giuseppe Croari, specializzato in tecnologie moderne e diritto del lavoro, illustra come navigare in questo complesso panorama normativo dove la tradizionale diatriba delle fabbriche degli anni '70 si ripropone oggi in chiave digitale.

"Alcuni nuovi mestieri, come il social media manager o l'esperto di cybersecurity, vanno regolamentati e possono divenire oggetto di sorveglianza - spiega - anche perché c'è il legittimo diritto del datore di capire se il lavoro è stato svolto. Inoltre, l'azienda può, e deve, poter rendersi conto della presenza di un lavoratore infedele, che può anche agire contro l'azienda stessa".

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Detto ciò, la normativa italiana, basata sull'articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, stabilisce un principio chiaro: è vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Questa regola generale parte dal presupposto che il lavoratore non può essere sottoposto a sorveglianza costante, ma la realtà richiede numerose eccezioni e distinguo che permettono forme specifiche di controllo. L'equilibrio tra controllo e privacy si complica ulteriormente con i nuovi mestieri digitali. Per i nuovi profili, la verifica della produttività non può limitarsi alla semplice presenza fisica, ma deve considerare risultati, obiettivi e modalità di lavoro spesso difficili da quantificare.

Le tre vie legali per la videosorveglianza aziendale

Nonostante il divieto generale, esistono tre specifiche situazioni in cui è possibile installare sistemi di videosorveglianza in azienda. La prima riguarda la tutela patrimoniale: le telecamere possono proteggere beni aziendali da furti o danneggiamenti. La seconda si riferisce alla sicurezza sul lavoro, per esempio per monitorare macchinari pericolosi come presse industriali che potrebbero causare incidenti. La terza categoria comprende le ragioni organizzative e produttive, come il controllo di varchi, magazzini o aree dove è necessario coordinare l'assistenza ai dipendenti.

Per implementare questi sistemi di controllo generalizzato, tuttavia, è necessario ottenere l'autorizzazione dall'Ispettorato del lavoro. Una procedura che garantisce che la sorveglianza sia giustificata da reali esigenze aziendali e non degeneri in un controllo arbitrario dei lavoratori. Il controllo deve sempre essere collegato a necessità specifiche e non può trasformarsi in una sorveglianza sistematica delle persone.

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"Nella tutela del lavoratore, quello che il datore può fare è monitorare solo ciò che è espressamente inerente l'attività specifica. Questo è vero, ad esempio, quando si tratta di conservare un materiale, oggetto di una consegna, in determinate modalità, come celle di freddo. La 'tutela' è il principio fondamentale che dovrebbe guidare le operazioni di monitoraggio".

I controlli difensivi: quando il sospetto giustifica la sorveglianza

Una particolare eccezione alle regole generali è rappresentata dai controlli difensivi in senso stretto, previsti dalla giurisprudenza italiana. "Come stabilito dalla Cassazione Civile nella sentenza 25.732 del 2021, è possibile attivare controlli specifici su singoli dipendenti quando esiste un fondato sospetto di comportamenti illeciti o di concorrenza sleale dall'interno dell'azienda" spiega l'avvocato.

Questi controlli devono rispettare criteri molto rigorosi: "limitati nel tempo, basati su elementi concreti di sospetto e garantire un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione dei beni aziendali e la riservatezza del lavoratore". Non è sufficiente il semplice sospetto che un dipendente sia fannullone o poco produttivo - serve il ragionevole dubbio di un comportamento che danneggi attivamente l'azienda.

Come anticipato, il dipendente infedele rappresenta una delle principali preoccupazioni per le imprese moderne. Non si tratta solo di chi non esegue correttamente le proprie mansioni, ma di chi può arrivare a fare concorrenza sleale dall'interno, sottraendo clienti, informazioni riservate o know-how aziendale. In questi casi estremi, il controllo potrebbe essere avallato ma sempre con un coordinamento tra diverse parti "per evitare che il datore passi da vittima a carnefice" le parole di Croari. Il confine tra controllo legittimo e sorveglianza illegale rimane insomma sottile e richiede sempre una valutazione caso per caso. Il datore di lavoro rischia concretamente di configurare del mobbing e comportare risarcimenti al dipendente controllato illegalmente.

Le nuove tecnologie rendono questo equilibrio ancora più complesso. La facilità di installazione di videocamere digitali e l'uso crescente dell'intelligenza artificiale per analizzare dati e comportamenti aprono possibilità inedite di controllo, ma richiedono anche una maggiore attenzione ai diritti dei lavoratori. "Il diritto alla privacy è un elastico, può essere compresso in presenza di esigenze superiori, ma mai annullato completamente" sottolinea l'avvocato. "Se pensiamo alla normativa sul lavoro agile, che definisce le attività professionali non più legate ad orari ma ad obiettivi, il controllo e la privacy, così come il diritto alla disconnessione, diventano molto più centrali oggi. La questione della gestione del dato e della tutela del patrimonio informativo dell'azienda resta fondamentale, anzi aumenta, nell'era dell'intelligenza artificiale, che solleva ulteriori problematiche da tener presente". Alcuni casi hanno già mostrato come dipendenti possano inconsapevolmente rendere pubblici dati sensibili inserendoli in sistemi di AI, creando rischi significativi per la competitività aziendale.

In chiusura, l'avvocato Giuseppe Croari consiglia la lettura di "Delega tutto" di Luca Torcivia, un libro dedicato agli imprenditori. "Un'ottima guida per imparare a delegare alle prime, seconde, anche terze fila. Un percorso per dare il volo alle aziende che spesso sono legate solo ad alcune persone chiave, che non hanno il coraggio di delegare. Con il giusto controllo e monitoraggio, la delega può diventare efficace e davvero utile".

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