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Introduzione alla crescita della Network Function Virtualization

La virtualizzazione passa dalle applicazioni al networking, per avere maggiori velocità nell'implementazione dei servizi. I vantaggi per i Cloud Service Provider messi in evidenza da Paolo Lossa, regional manager di Brocade Italia

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a cura di Paolo Lossa

Pubblicato il 07/10/2013 alle 12:02 - Aggiornato il 15/03/2015 alle 01:47

Gli obiettivi della Network Function Virtualization (NFV) non sono una novità, ciò che è davvero innovativo è la spinta ai Service Provider (Carrier Telco) verso l’adozione della virtualizzazione del software e la migrazione dall’hardware proprietario presente in alcuni segmenti di rete.

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La virtualizzazione non è un concetto nuovo, oggi Gartner stima che oltre il 50% dei server x86 installati è virtualizzato. Questo trend non si limita alla virtualizzazione delle applicazioni: le capacità di networking virtualizzato possono essere installate anche su server hardware non proprietari ed è proprio questo il punto cruciale dell’NFV.

La virtualizzazione apporta il vantaggio di poter ospitare numerose applicazioni su un singolo server, garantendo un significativo risparmio sui costi. Tuttavia, per l’NFV l’obiettivo principale non è la riduzione degli investimenti, benché sia uno dei maggiori benefici di questo approccio.

Paolo Lossa - Regional Manager Brocade Italia

Come spiegato da un grande service provider, questa categoria di fornitori ha a disposizione milioni da investire su attrezzature tradizionali proprietarie. La motivazione principale, quindi, per adottare la NFV è per incrementare la velocità con la quale i servizi possono essere implementati grazie alla flessibilità e all’agilità della virtualizzazione.

I service provider tradizionali ora guardano ad Amazon, Rackspace e ad altri Cloud Service Provider (CSP) e stanno lavorando per adottare il loro modello senza rinunciare alle necessità di sicurezza, performance e scalabilità.

Il modello dei Cloud Service Provider è un sistema altamente automatizzato, orchestrato e virtualizzato per l’installazione di cloud virtuali private. Ciò che rende il modello dei CSP così interessante è la capacità di fornire servizi in modo innovativo e veloce.

I CSP possono garantire multitenancy nel loro modello cloud, con sicurezza insita utilizzando VPN e firewall. Elemento ancora più importante, forniscono ai clienti strumenti di Big Data per i data analytics. Potrebbe non essere sorprendente, ma è una mossa intelligente dal momento che hanno già raccolto tonnellate di dati. La loro infrastruttura fornisce la possibilità di fare data analytics in modo nativo, e non a posteriori, come accade in molte reti tradizionali. Per queste ragioni l’NFV è una convalida del modello CSP. Le sfide tecniche per migrare verso l’NFV potrebbero porre alcuni ostacoli.

È necessaria infatti una componente hardware dedicata e nuova per raggiungere le velocità utilizzando SR-IOV (o PCI Passthrough). L’esigenza di server dedicati deriva dal fatto che il NIC è legato alle interfacce della macchina virtuale per avere il throughput e le performance più elevati (non vi sono switch virtuali nel mezzo, pertanto il throughput è più alto).

Per portare al massimo le performance, sono necessari nuovi server con nuovi NIC che supportino SR-IOV. In aggiunta alle prestazioni, Service Level Agreement (SLA) di livello superiore, rigorosi requisiti di Quality of Service (QoS) e High Availability (HA – elevata disponibilità) saranno il focus degli sforzi dell’NFV.

Un altro punto a favore per supportare i requisiti dell’NFV è l’idea che vendor specializzati in server e chip possano fornire architetture referenziate e creare una base per l’innovazione. NFV ha il potenziale per realizzare un nuovo paradigma nell’industria networking, permettendo alle aziende e ai service provider di velocizzare la fornitura di applicazioni e servizi ai loro clienti. È un trend sicuramente da non perdere d’occhio.  

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