Molte delle infrastrutture tecnologiche moderne appoggiano, almeno in parte, i loro servizi su infrastrutture cloud. In altre parole, delegano la gestione dei propri servizi ad attori terzi. Spostare i servizi in cloud garantisce, infatti, semplicità, resilienza e scalabilità. Tuttavia, dietro queste promesse si può nascondere una trappola ben nota agli addetti ai lavori: il vendor lock-in. Lock-in è quella situazione per cui, anche se teoricamente possibile, cambiare fornitore risulta così difficile e costoso da non rappresentare concretamente un’opzione.
Restare vincolati a un solo provider di servizi significa spesso compromettere la libertà di scelta, la flessibilità e, sul lungo periodo, l’economia di un progetto.
In un momento in cui le aziende cercano scalabilità e resilienza, capire come superare questa dipendenza è diventato un tema cruciale per chi progetta e gestisce sistemi cloud.
Che cos’è il lock-in e perché è un problema
Un lock-in si verifica, dunque, quando un’organizzazione diventa così integrata con un fornitore di servizi in cloud da rendere complessa, costosa o addirittura impraticabile la migrazione dei propri servizi verso un’alternativa, qualora necessario.
Le ragioni per cui si puo’ rimanere chiusi sono molteplici, per esempio:
- Ragioni Tecniche: il fornitore offre solo servizi proprietari che nessun altro è in grado di offrire, API non standard che obbligano a riscrivere parti del proprio codice per migrare ovvero configurazioni e personalizzazioni non portabili.
- Economiche: modelli di pricing che penalizzano la migrazione, per esempio implementando politiche poco chiare sui cosiddetti “egress costs”.
- Organizzativi: know-how e processi aziendali legati a un ecosistema proprietario e, per esempio, non open source.
Il risultato è una riduzione drastica della capacità di cambiare fornitore e l’impossibilità di scegliere un alternativa: cambiare provider diventa un progetto titanico, spesso rimandato a tempo indefinito.
Perché superare il lock-in è fondamentale
Avere la possibilità di spostare i servizi da un provider all’altro e di scegliere agilmente a chi affidare la propria infrastruttura non sono solo questioni tecniche, ma si possono avere vantaggi competitivi in termine di:
- Agilità: è possibile scegliere di volta in volta la tecnologia o il servizio più adatto.
- Resilienza: grazie alla distribuzione di carichi su più cloud provider si riduce il rischio di downtime e si permette di ottimizzare le manutenzioni programmate.
- Conformità e sicurezza: in alcuni settori, per ragioni di legge o di governance potrebbe essere necessario affidarsi a fornitori che, per esempio, posseggano determinate certificazioni.
In un contesto europeo in cui la sensibilità verso temi come la sovranità digitale sta aumentando, porsi il problema di superare i lock-in diventerà sicuramente centrale: per esempio sarà cruciale spostare le infrastrutture attualmente “lockate” in provider non europei.
Strategie per ridurre il lock-in
Superare il lock-in non significa necessariamente rinunciare ai vantaggi del cloud, ma può essere sufficiente adottare scelte architetturali e strategiche mirate. Si può agire su:
- Interoperabilità
Puntare su soluzioni basate su standard aperti (es. protocolli open e ben documentati od usare librerie licenziate in modo da poter essere riutilizzate) riduce le barriere all’integrazione. - Modularità
Architetture a microservizi e containerizzazione permettono di isolare le componenti applicative, facilitando il loro spostamento tra provider. - Gestione distribuita
Strumenti di orchestrazione multi-cloud (come Terraform od OpenTofu) consentono di amministrare ambienti diversi da un’unica codebase, semplificando la governance. - Data portability
Utilizzare formati dati standard ed evitare eccessive personalizzazioni rende più semplice trasferire informazioni senza vincoli. - Contratti e governance
Leggere con attenzione gli SLA e prevedere clausole di uscita chiare evita brutte sorprese a lungo termine.
Buone pratiche concrete
Alcuni accorgimenti possono fare la differenza:
- come detto, cercare di evitare servizi proprietari difficilmente replicabili.
- Prevedere fin dal disegno dell’infrastruttura un’architettura ibrida o multi-cloud.
- Investire sulla formazione del team tecnico, affinché la vera flessibilità parta dalle competenze interne.
Uno sguardo al futuro
Il cloud sta evolvendo verso un modello federato e distribuito, dove ambienti diversi possono cooperare come parte di un’unica infrastruttura. L’edge computing e le iniziative di API economy stanno spingendo ulteriormente verso questa direzione.
L’obiettivo? Costruire un ecosistema non solo federato, ma anche capace di fare sì che spostare workload e dati da un fornitore di servizi a un altro non sia un problema, ma una possibilità naturale e immediata.
Il lock-in non è una condanna inevitabile. Con gli strumenti giusti, architetture aperte e una governance lungimirante, è possibile costruire infrastrutture cloud davvero flessibili.
In un mondo che cambia rapidamente, la libertà di spostare i servizi tra provider diversi diventa sempre di più una necessità per restare competitivi.