Parliamo spesso di modelli, benchmark e prompt sempre più intelligenti. Ma sotto quella superficie scintillante c’è l’asset più “noioso”—e forse il più decisivo—di tutta la partita: i data center.
Sono l’asset, il mezzo abilitante grazie a cui ricercatori, startup, imprese e PA possono trasformare la ricerca in prodotti, gli algoritmi in industrie, allenare modelli, scalare servizi, custodire dati, portarli in produzione. E quando sposti lo sguardo dall’hype al “concrete” capisci che i modelli cambiano in mesi, mentre l’infrastruttura si costruisce in anni.
È lì, tra megawatt, chilometri di fibra e silicio, che oggi si decide la corsa globale.
Il lato “concrete” dell’AI
Negli ultimi mesi si è capito in modo definitivo che la gara dell’AI la vincono i Paesi capaci di combinare energia, GPU e infrastrutture. In India, OpenAI sta trattando con partner locali per un data center da almeno 1 GW sotto l’ombrello Stargate: ne avevamo già parlato nella nostra newsletter di inizio settembre, e da allora i riscontri hanno rafforzato l’idea che il dossier sia reale e strategico per l’espansione asiatica dell’azienda.
Sull’asse UK–USA, Londra ha alzato la mano per diventare il principale hub del continente europeo di potenza di calcolo per l’Intelligenza Artificiale, grazie a investimenti record, migliaia di nuove GPU e corsie preferenziali su energia e permessi. L’annuncio più pesante è arrivato da Microsoft, con oltre 30 miliardi di dollari di investimenti nel Regno Unito nei prossimi quattro anni: 15,5 miliardi destinati a rafforzare data center e infrastrutture e l’introduzione di 23.000 chip AI avanzati sul suolo britannico.
Il timing ha fatto notizia (in concomitanza con la visita di Mr Donald a Londra) e il messaggio è chiaro: il clima d’affari e normativo UK si è allineato a una strategia che punta sulla sovranità del calcolo. In parallelo, altri big hanno messo sul tavolo impegni complementari—da Google a Nvidia—con quest’ultima che spinge anche tramite investimenti dedicati nell’ecosistema locale, consolidando la narrativa di un Regno Unito “AI superpower”.
Dall’altra parte dell’Atlantico, gli Stati Uniti viaggiano già a ritmo di cantiere: la spesa per la costruzione di data center ha toccato un record storico, segno di una re-industrializzazione trainata dal calcolo che impatta direttamente su reti elettriche, filiere e occupazione. E mentre si posa cemento, Stargate scala ancora: OpenAI e Oracle aggiungono gigawatt di nuova capacità negli USA, spostando il baricentro dell’innovazione dal software all’infrastruttura dura e pura.
In Asia, i governi non stanno a guardare: la Corea del Sud ha rilanciato la spesa con focus esplicito su AI e politiche industriali, preparando terreno e incentivi per nuovi poli di calcolo e partnership pubblico-private.
Messa così, la storia è una sola: dove arrivano megawatt e GPU, arrivano i modelli. Chi completa i cantieri oggi, domani detta il ritmo.
Il cuore italiano (ed europeo) del supercalcolo
Se a livello globale la partita si gioca su gigawatt e milioni di GPU, in Italia il campo c’è già. Il nostro supercomputer nazionale ed europeo ha un nome e un indirizzo: si chiama Leonardo e si trova presso il CINECA, a Bologna. È qui che l’astratto diventa concreto—nel senso più letterale del termine—e dove ricerca, industria e PA possono trovare la potenza necessaria per passare dai prototipi alle soluzioni reali.
Siamo entrati nella sala di Leonardo insieme a Daniele Cesarini e la prima cosa che ti colpisce è il suono: un ronzio profondo, regolare, quasi ipnotico. È il rumore della potenza al lavoro. Davanti a noi, file e file di armadi neri: un esercito di macchine che si parlano a velocità impressionante. Qui dentro le cose accadono in fretta: problemi che su un computer d’ufficio invecchierebbero con noi, qui si piegano in un battito di ciglia.
Poi c’è il “clima” di Leonardo. Non senti spifferi né frastuono di ventole: l’aria è pulita, fresca il giusto. Il segreto è l’acqua che scorre dentro i server come in un sistema circolatorio, portando via il calore con eleganza. La maggior parte del tempo l’impianto lavora “a secco”, e quando serve un aiuto extra entra in gioco l’acqua piovana raccolta all’esterno.
È tecnologia, sì, ma ha qualcosa di sorprendentemente naturale.
Dentro il Supercomputer Leonardo
Leonardo è nato per il supercalcolo scientifico, ma l’aria ormai profuma di Intelligenza Artificiale. Per questo sta arrivando LISA: un’ala nuova, pensata sin dall’inizio per allenare modelli e portarli in produzione. E no, non poteva chiamarsi diversamente: “LISA”, come la Monna Lisa di Leonardo—un sorriso nella scelta del nome, ma sotto c’è la sostanza. LISA è più compatta, più scattante, costruita per sprigionare tutta la potenza che serve all’AI senza disperderla: è il luogo dove un’idea di AI smette di essere un prototipo e diventa un servizio che funziona davvero.
Non parliamo di ipotesi. Qui hanno già mosso i primi passi realtà che conoscete: Mistral AI agli inizi del suo percorso, iGenius con il modello “Italia”. E ora con il progetto europeo AI Factory punta ad allargare il cerchio: non solo macchine, ma un ecosistema di persone e competenze per aiutare startup, PMI e Pubblica Amministrazione a fare sul serio. CINECA mette calcolo, rete e supporto; chi arriva porta dati e obiettivi. In mezzo, una regia condivisa che trasforma esperimenti in prodotti d’impatto.
Infine poi, girato l’angolo, dietro una porta più discreta, ce n’è un’altra. Non ci sono file di GPU né rumore di fondo: lì dentro pulsa un computer quantistico. Lo diciamo quasi sottovoce, perché al CINECA non c’è solo AI. Non racconteremo tutto oggi—diciamo solo questo: è la stanza dove il presente del supercalcolo stringe la mano a uno dei suoi possibili futuri.
L’asset che ci tiene in partita
Uscendo dalla sala di Leonardo, con ancora addosso il ruggito del calcolo e l’aria fresca del raffreddamento a liquido, la sensazione è stata netta: qui l’AI non è uno slogan, è infrastruttura che gira. L’Italia e l’Europa sugli LLM non fanno l'andatura; sulle applicazioni provano a restare in scia, ma sull’hardware che conta—energia, reti, silicio—abbiamo un fuoriclasse.
Leonardo è la palestra nazionale dove allenare modelli e progetti, LISA è la corsia veloce che sta arrivando, AI Factory la porta d’ingresso per startup, PMI e PA. Non è vetrina: è una piattaforma industriale per trasformare ricerca in prodotti, e prodotti in filiere.
Il punto è semplice e non negoziabile: chi possiede il calcolo detta il ritmo. E noi, con CINECA, abbiamo già le chiavi in mano. Adesso va usato: per costruire valore, lavoro e sovranità tecnologica.
L’hype passa, il concrete resta—ed è su questo qualcosa di concreto che l’Italia può giocarsi davvero la partita dell’AI.
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