Avv. Giuseppe Croari – Dott. Francesco Zizzo
Recentemente la Corte di cassazione si è espressa in merito al sequestro probatorio dello smartphone come da art. 253 c.p.p. Questo tipo di sequestro rientra tra quelli che vengono definiti mezzi di ricerca della prova, infatti il 1 co. dell’art 253 c.p.p. è chiaro nella sua formulazione: “L’autorità giudiziaria dispone con decreto motivato il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato necessarie per l'accertamento dei fatti.”
Motivazione e proporzionalità nel sequestro probatorio
Nella pratica, l’iter descritto nel Codice di procedura penale trova un vulnus nell’elemento del decreto motivato, ed è in particolare questo l’argomento che interessa la Corte di legittimità. Con la Sent., Cass. pen., Sez. II, n. 33657/2025 del 25 settembre la Corte ha chiarito che non è sufficiente motivare il provvedimento con formule generali e non precise, “il decreto di perquisizione e sequestro indica che i telefoni cellulari dei soggetti indicati (e non indagati), devono essere analizzati in quanto occorre verificare e acquisire eventuali comunicazioni intercorse tra loro e la persona offesa. Il Pubblico Ministero, in effetti, non ha indicato il rapporto di pertinenzialità tra i telefoni e il reato ipotizzato, né le specifiche informazioni oggetto di ricerca, né le chiavi di ricerca e la perimetrazione temporale dei dati da acquisire.” Il richiamo che la Corte fa è ad un principio fondamentale in tema di mezzi di ricerca della prova, cioè la proporzionalità della misura rispetto al suo fine. In poche parole, non è possibile pretendere di sequestrare un mezzo di comunicazione essenziale come lo smartphone senza giustificare le motivazioni alla base della lesione dei diritti costituzionali sottesi a tale provvedimento.
Il principio di proporzionalità e la privacy
In questo caso il PM ha acuito gli effetti lesivi del provvedimento perché normalmente quando il sequestro riguarda i dati informatici memorizzati su uno smartphone, l’apparecchio viene immediatamente restituito, previa estrazione di una integrale copia forense, una vera e propria clonazione del dispositivo. Viene in rilievo anche un interesse legato alla privacy, la Corte si era già espressa circa la possibilità di impugnare questi decreti mediante riesame quando tali misure permettono di acquisire anche dati sensibili non necessari per l’accertamento dei fatti. La pronuncia recente è un’immediata conseguenza di tale giurisprudenza, infatti la Corte ribadisce come nel merito, “in tema di mezzi di ricerca della prova, è illegittimo il decreto di sequestro probatorio di un telefono cellulare con il quale il pubblico ministero acquisisca la totalità dei messaggi, filmati e fotografie ivi contenuti, senza indicare le ragioni per le quali, ai fini dell'accertamento dei reati ipotizzati, si rende imprescindibile la integrale verifica di tutti i predetti dati e si giustifica, nel rispetto del principio di proporzionalità, un così penetrante sacrificio del diritto alla segretezza della corrispondenza”.
Corrispondenza digitale: limiti e garanzie costituzionali del sequestro
Il sequestro di corrispondenza a cui fa riferimento la Corte è disciplinato dall’art 254 cpp ed è chiaro nel prescrivere che: “L'autorità giudiziaria, quando dispone il sequestro, presso i fornitori di servizi informatici, telematici o di telecomunicazioni, dei dati da questi detenuti, compresi quelli di traffico o di ubicazione, può stabilire, per esigenze legate alla regolare fornitura dei medesimi servizi, che la loro acquisizione avvenga mediante copia di essi su adeguato supporto, con una procedura che assicuri la conformità dei dati acquisiti a quelli originali e la loro immodificabilità. In questo caso è, comunque, ordinato al fornitore dei servizi di conservare e proteggere adeguatamente i dati originali.” Solo una soluzione simile rende il sequestro probatorio di tali dispositivi compatibile con la compressione del valore costituzionale della segretezza della corrispondenza, così come garantito dall’art.15 Cost.:
“La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.” 
Proprio per questo motivo, i provvedimenti lesivi di tale diritto devono conformarsi a specifici principi fondamentali:
- Riserva di legge assoluta: La competenza a disciplinare le restrizioni della libertà di corrispondenza è esclusivamente attribuita alla legislazione ordinaria, che deve stabilire le forme e i limiti di tali restrizioni. Il potere parlamentare è infatti l’unico potere in cui si realizza il contradditorio tra le varie forza politiche, permettendo una discussione approfondita sulle limitazioni delle libertà.
 - Riserva di giurisdizione: Soltanto l’autorità giudiziaria è legittimata ad emanare provvedimenti restrittivi.
 - Motivazione precisa e attuale: Ogni provvedimento restrittivo deve essere accompagnato da una motivazione esplicita, che ne giustifichi la necessità e la legittimità.
 
Requisito di pertinenza nell’acquisizione di comunicazioni digitali
In particolare, il sequestro della corrispondenza ai sensi dell’articolo 254 “può essere disposto esclusivamente quando sussistano fondati motivi per ritenere che […] possano comunque risultare pertinenti rispetto al reato commesso.” Questa condizione garantisce che la misura sia adottata solo in presenza di una concreta relazione tra la corrispondenza e l’ipotesi delittuosa oggetto di indagine. In questo caso concreto il PM aveva omesso di specificare nel decreto il rapporto di pertinenzialità tra i telefoni e il reato ipotizzato.
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