Avete presente la serie tv di Amazon Prime, Upload? Fantascienza si, fino a un certo punto. Il confine tra finzione e realtà scientifica diventa sempre più sottile quando si parla di trasferire la coscienza umana all'interno di un computer. Questa prospettiva, affascinante quanto inquietante, rappresenta uno degli obiettivi più ambiziosi della ricerca contemporanea. Immaginate di poter continuare a esistere in forma digitale, conservando ricordi, personalità e autoconsapevolezza, ma senza più un corpo fisico che vi ancora al mondo materiale.
La sfida tecnologica dietro questo scenario è di portata immensa. Per comprenderne la complessità, basti pensare che il cervello umano viene considerato l'oggetto più complesso dell'universo conosciuto, con i suoi 86 miliardi di neuroni e trilioni di connessioni sinaptiche. Ogni singolo neurone, più piccolo della capocchia di uno spillo, regola costantemente il proprio funzionamento in modi che gli scienziati stanno appena iniziando a decifrare.
Secondo Dobromir Rahnev, neuroscienziato della Georgia Institute of Technology specializzato nello studio della percezione, la questione non è se questo traguardo sarà raggiunto, ma quando. Le previsioni variano enormemente: i più ottimisti indicano il 2045, quindi tra soli vent'anni, mentre altri proiettano la realizzazione alla fine di questo secolo. Rahnev stesso si mostra più cauto, ritenendo poco probabile un successo prima di cento anni, ma plausibile entro duecento.
Il primo ostacolo da superare riguarda la mappatura tridimensionale completa del cervello umano. Servirebbe una tecnologia simile alla risonanza magnetica, ma enormemente più sofisticata, capace di catturare ogni dettaglio della struttura cerebrale. Attualmente i ricercatori sono riusciti a mappare integralmente solo il cervello di una mosca e minuscole porzioni di quello di un topo. Anche disponendo di una mappa completa, tuttavia, trasferire questi dati in un computer non basterebbe.
Una difficoltà cruciale riguarda la simulazione sensoriale. Una mente caricata in un computer avrebbe bisogno degli stessi input che riceveva nel corpo biologico: vista, udito, olfatto, tatto, ma anche la capacità di percepire segnali corporei come fame, sete, dolore. La privazione sensoriale viene considerata una forma di tortura, e chi soffre di difficoltà nel percepire i segnali del proprio corpo spesso sviluppa problemi di salute mentale. Questo significa che l'ambiente digitale dovrebbe riprodurre la realtà con precisione estrema, perché anche piccole distorsioni potrebbero avere conseguenze psicologiche gravi.
Due strategie principali si profilano per affrontare questa impresa titanica. La prima consiste nel comprendere come il cervello elabora le informazioni, permettendo così di simulare solo le parti essenziali senza replicare ogni dettaglio biologico. È come la differenza tra costruire un'auto nuova conoscendone il funzionamento e tentare di copiarne una esistente senza sapere nulla dei suoi meccanismi interni. L'alternativa sarebbe sostituire i neuroni biologici con versioni artificiali, uno alla volta, ma gli scienziati non sono ancora in grado di rimpiazzare nemmeno un singolo neurone.
Nonostante le difficoltà sembrino insormontabili, la storia della scienza offre motivi di ottimismo. L'umanità ha raggiunto la Luna, sequenziato il genoma umano ed eradicato il vaiolo: obiettivi che un tempo apparivano altrettanto irrealizzabili. La crescita esponenziale della potenza di calcolo e i progressi nell'intelligenza artificiale potrebbero accelerare drammaticamente i tempi di sviluppo nei prossimi decenni.
Un elemento che certamente non mancherà è il sostegno finanziario. Numerosi miliardari sembrano disposti a investire fortune considerevoli per una possibilità di vita eterna. Questo flusso di capitali potrebbe alimentare ricerche che altrimenti richiederebbero generazioni per essere completate. In un mondo digitale, del resto, si potrebbero sperimentare possibilità precluse alla biologia: attraversare muri, volare come uccelli, viaggiare verso altri pianeti, limitati solo da ciò che la scienza riesce a simulare in modo realistico.
Rimane aperta la questione di quanto in profondità sia necessario spingersi nella comprensione cerebrale. Basta fermarsi al livello molecolare o occorre scendere ancora più nel dettaglio? Nessuno attualmente conosce la risposta. Quello che appare certo è che la prima persona destinata a vivere per sempre in forma digitale potrebbe nascere nell'arco della vita di chi legge queste righe, anche se probabilmente non vedrà realizzarsi questa trasformazione prima della fine della propria esistenza biologica.