Creepypasta: le origini del racconto horror online

Creepypasta: qual è l'origine di questo genere di racconti horror e quali sono quelli più celebri diffusi online nel tempo?

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a cura di Rossana Barbagallo

È nascosto, nel buio di quell'angolino, e attende il momento giusto. Si sta muovendo. Adesso è dietro di voi e vi sta osservando. Non avreste dovuto evocarlo, perché è... assolutamente niente. Potrebbe però essere questo il momento cruciale di uno dei classici racconti creepypasta che, soprattutto qualche anno fa, vagavano online da un utente a un altro, messaggio dopo messaggio. Racconti horror vestiti da un mantello di presunta realtà (come "Ti giuro che mio cugino l'ha visto davvero!") per spaventarsi a vicenda con nuove, originali narrazioni nate in seno alle stesse community di internet. Ma cosa indica il termine "creepypasta"? E quali sono i racconti più diffusi che si sono fatti largo tra gli utenti del web, talvolta fino ad arrivare persino alla stampa generalista?

Creepypasta: origini del racconto horror online

L'origine del termine

Chi di noi non ha mai letto dei racconti creepypasta o ne ha anche solo sentito parlare? Intorno ai primi anni 2000 la diffusione dei forum e delle community online era al suo apice e, soprattutto per giovani e adolescenti, era anche piuttosto facile grazie a ciò imbattersi in particolari contenuti condivisi dagli altri utenti riguardanti narrazioni legate al genere horror. Si trattava di racconti brevi di cui spesso erano ignoti l'origine esatta o l'autore, il cui fulcro poteva essere per lo più una creatura orrorifica di cui veniva diffusa a corredo la spaventosa immagine, o una leggenda intorno a particolari prodotti dell'entertainment. Racconti che venivano poi copiati e incollati online a macchia d'olio. Il termine con cui questi racconti sono stati identificati all'incirca verso il 2008 entrando nell'Urban Dictionary, "creepypasta", trova la sua origine proprio dalla parola comune nel gergo di internet copypasta, contrazione di copy-paste: termine inglese che indica l'azione di copiare e incollare un testo.

Si tratta di un termine-macedonia in cui la parola copy è stata sostituita da creepy, ovvero "raccapricciante", unita al termine pasta che richiama una versione più ironica della parola paste: l'azione era infatti proprio quella di far sì che tali brevi racconti horror raggiungessero in maniera quanto più ampia possibile gli utenti di internet, copiandone e incollandone i testi sui siti e i forum di maggiore interesse, come poteva esserlo ad esempio il 4chan dei tempi d'oro, prendendosi gioco dei creduloni che si sarebbero fidati dei loro contenuti. Un copy-paste orrorifico, una "pasta" a base di brividi, se vogliamo. La base di partenza poteva essere una leggenda metropolitana nata in maniera originale e creativa o, più frequentemente, una narrazione macabra articolata intorno a una specifica immagine, reale o fotoritoccata.

I casi più celebri di creepypasta nati da una "photoshoppata" (per rimanere in tema di gergo del web) sono stati sicuramente quelli di Slender Man e di smile.jpg, ma vi sono stati anche dei casi in cui l'immagine di riferimento era quella di un soggetto reale: basti pensare a Momo o SCP-173, entrambi racconti scritti sulla base di foto scattate a installazioni d'arte contemporanea. Una caratteristica comune a tutti i racconti creepypasta, comunque, è sempre stata la loro aura di presunta realtà attribuita dagli utenti. Le narrazioni di questo tipo venivano strutturate infatti in modo da apparire come racconti "di prima mano", contenuti veritieri che potevano essere andati perduti e poi ritrovati (il maledetto video perduto realizzato da Disney di suicide mouse, ad esempio), o addirittura segreti governativi raccapriccianti (l'esperimento russo di deprivazione del sonno). Storie create dalla fantasia di alcuni utenti particolarmente immaginifici fatte passare per vere, in buona sostanza. Perché, si sa: l'espressione "basato su fatti reali" suscita negli individui una maggiore carica di paura.

L'evoluzione del folklore e delle leggende metropolitane

A ben vedere, la diffusione capillare dei creepypasta non è qualcosa di nuovo. Si potrebbe dire infatti che la condivisione di racconti horror faccia parte della storia umana da sempre, benché in antichità avvenisse solo attraverso il tramandamento orale, mentre oggi può godere di una divulgazione più vasta grazie alle nuove tecnologie, oltre a un carattere di maggiore permanenza dato dai testi scritti, dalle immagini e spesso anche dai video YouTube. Il racconto pauroso del folklore, però, può essere considerato l'antenato dei creepypasta: basti pensare, ad esempio, alla storia di Bloody Mary. Nata probabilmente agli inizi del XX secolo, questa particolare leggenda è stata condita nel tempo da ulteriori dettagli, ma nella sostanza è il racconto di una presenza sovrannaturale, una figura femminile che può essere evocata pronunciando per tre volte il suo nome stando davanti a uno specchio con una candela accesa. Salvo poi venire uccisi se la si guarda negli occhi, nella variante più diffusa della storia. Bloody Mary è un esempio di racconto del folklore nato dalla fantasia per suscitare terrore (soprattutto in chi poi intendesse cimentarsi davvero nel tentativo di evocazione), ripreso in larga parte anche in numerosi prodotti della cultura pop quali film o serie TV (Supernatural, per dirne una).

Tuttavia, i creepypasta potrebbero essere anche l'evoluzione delle più note leggende metropolitane (o urbane, che dir si voglia). Ovvero, narrazioni di avvenimenti inverosimili che, ottenendo un'ampia diffusione e talvolta anche l'attenzione dei media, si sono guadagnate un certo carattere di veridicità, pur rimanendo comunque storie di finzione. Si tratta di racconti legati alla vita urbana moderna, come dice il nome stesso, e diffuse soprattutto tra gli anni '80 e '90: è questo il caso, per citarne alcune, della leggenda degli alligatori che secondo alcuni avevano iniziato a popolare le fognature di New York, dopo essere stati abbandonati da incauti proprietari; o dell'autostoppista fantasma, una donna che svaniva nel nulla dopo aver fatto l'autostop e aver avvertito l'ignaro automobilista di un pericolo mortale. Inutile dire che, grazie al manto di veridicità che le varie voci narranti hanno attribuito di volta in volta a questi presunti fatti, la cultura pop ne è diventata un veicolo di citazioni e parodie: chi ricorda, ad esempio, il brano di Elio e le Storie Tese intitolato Mio Cuggino?

Anche i creepypasta, nel tempo, hanno acquisito una sorta di veridicità agli occhi degli utenti a causa dell' "autorevolezza" che è stata attribuita loro dalla copertura dei media. Si parla a questo proposito del caso Blue Whale, ad esempio: le notizie della stampa generalista avevano iniziato a parlare, nel 2016, di una presunta challenge messa in moto attraverso i social media che pareva spingesse gli adolescenti a compiere atti di autolesionismo o addirittura giungere al suicidio. Il caso era stato portato agli onori della cronaca anche in Italia soprattutto dalla copertura mediatica della trasmissione Le Iene, tuttavia non vi sono prove che i suicidi registrati fossero legati a una presunta challenge online e persino i video mostrati in TV non erano in alcun modo legati al fenomeno Blue Whale o erano, addirittura, dei falsi.

Il creepypasta più celebre: Slender Man

Tra i protagonisti più famosi dei creepypasta raccontati negli ultimi decenni c'è sicuramente lui, Slender Man, diventato a tutti gli effetti un personaggio dell'immaginario horror, complici sicuramente anche videogiochi e film basati sulla sua figura. La storia di Slender Man rappresenta oggi una tra i creepypasta più celebri di internet tuttavia, come tutte le narrazioni di questo tipo, ha le sue origini nella pura fantasia. In particolare, questa figura macabra e spaventosa, nasce da un concorso fotografico: nel 2009 l'artista Eric Knudsen, alias Victor Surge, partecipa alla competizione indetta dal sito Something Awful, che prevede la realizzazione di immagini tramite fotoritocco contenenti dettagli spaventosi che ne modifichino la sostanza. Knudsen vince il concorso presentando una serie di scatti modificati per includere al loro interno una figura piuttosto raccapricciante, affiancata spesso a dei bambini: un uomo molto alto e magro, dalla testa completamente bianca e calva nonché priva di qualsiasi tratto somatico, dotato di lunghe braccia e un completo nero (il suo nome deriva quindi proprio dal suo aspetto fisico).

Slender Man deve però la sua fama a una webseries apparsa su YouTube nello stesso anno, intitolata MarbleHornets e ideata da Troy Wagner. La serie, composta da un totale di 92 episodi, è stata realizzata sullo stile del mockumentary (ricordate The Blair Witch Project?) e racconta degli strani avvenimenti riguardanti alcuni studenti impegnati nella realizzazione di un film amatoriale, per un progetto scolastico. I macabri eventi sembrano scatenarsi a causa di una misteriosa figura che inizia fare la sua apparizione nelle vite di questi giovani, denominata The Operator: inutile dire che, nonostante il nome sia diverso, l'aspetto è esattamente quello di Slender Man. È a partire da MarbleHornets che ha inizio in rete la condivisione di racconti e congetture intorno a questa figura e, attraverso la webseries, vengono anche definiti i suoi "poteri".

Sembra infatti che Slender Man abbia la capacità di apparire improvvisamente in parchi giochi o boschi, comparendo con sempre maggior insistenza nei pressi degli individui che lo nominano più frequentemente, iniziando a perseguitarli fino a rapirli. L'essere può essere anche in grado di influenzare la psiche di chi ha la sfortuna di incrociare il suo cammino, causando paranoia e allucinazioni, se non addirittura malessere psicofisico. I racconti creepypasta che lo vedono protagonista parlano persino di un potere che lo renderebbe in grado di creare dei "proxy", ovvero individui soggiogati mentalmente al suo volere. Si tratta, ovviamente, di fantasie create da veri e propri content creator, se non dagli utenti delle diverse community, tuttavia ciò non ha impedito di scatenare eventi legati a reali fatti di cronaca che hanno allarmato intere comunità: nel 2014 in Milwaukee, due ragazzine di dodici anni avrebbero accoltellato una loro coetanea per offrirla in sacrificio a Slender Man, sicure che il gesto avrebbe concesso loro di non essere perseguitate dall'oscura figura. Il caso è passato agli onori della cronaca come "Accoltellamento di Slender Man".

Suicidemouse.avi

Chi ha detto che i creepypasta non possano riguardare anche personaggi noti dello schermo, come Topolino? Se ormai oggi è risaputo che all'interno dei film d'animazione Disney siano contenuti particolari riferimenti di natura sessuale o messaggi subliminali, qualcuno ha pensato che dalla casa di produzione potrebbero avere avuto origine anche contenuti più oscuri e sinistri. È questo il caso del creepypasta sbucato fuori online nel 2010 attraverso un corto animato intitolato suicide mouse, di cui ancora oggi sono ignoti i creatori, ma che per lungo tempo ha inquietato gli utenti di internet con la sua storia e le sue immagini macabre. Il corto è visibile tuttora sul canale YouTube suicidemouseavi e la natura delle sue sequenze è inequivocabile, così come il racconto pubblicato online in merito.

Il video dura nove minuti ed è realizzato in bianco e nero, con una qualità piuttosto scarsa che potrebbe far pensare a qualcosa di datato. Durante le sue apparentemente interminabili sequenze, è possibile vedere Topolino camminare lungo un marciapiede, sullo sfondo di edifici ripetuti e lugubri, con un atteggiamento apparentemente afflitto. Ciò che disturba inizialmente di suicide mouse sono soprattutto le note distorte di un pianoforte, ripetitive e inquietanti, che accompagnano le immagini ridondanti, ma proseguendo con la visione ci si rende conto improssivamente che il peggio deve ancora venire. Dopo alcuni istanti fatti solo di una schermata completamente nera, le immagini riappaiono distorte sullo schermo da un urlo agghiacciante e, mentre il video prosegue verso la sua disturbante conclusione, veniamo accolti da un Topolino senza volto e dai suoi movimenti meccanici e ripetitivi di dubbia natura.

La pubblicazione di suicide mouse è stata accompagnata nel tempo anche dai racconti sorti in rete sui vari forum, con alcune varianti più o meno marcate, ma tutti relativi a un fatto che, secondo gli autori, avrebbe coinvolto il critico cinematografico Leonard Maltin. Sembra infatti che quest'ultimo si sia imbattuto nel video maledetto della Disney durante una sua ricerca riguardante vecchi corti della casa d'animazione, con l'intento di realizzare un documentario su Walt Disney. Tra questi, Maltin si sarebbe trovato tra le mani il disturbante cortometraggio perduto e finito nel dimenticatoio in mezzo a diverse altre pellicole, non riuscendo però a portare a termine la visione a causa dei suoni e delle immagini agghiaccianti. L'ingrato compito sarebbe stato affidato quindi a un suo dipendente che tuttavia, ultimata la visione del video, avrebbe accusato a tal punto l'influenza del corto da porre fine alla propria vita con un colpo di pistola alla tempia.

Anche in questo caso, si tratta naturalmente di una narrazione creata ad hoc da un autore anonimo, poiché lo stesso Leonard Maltin non ha mai raccontato episodi simili e non sono riportati casi di dipendenti morti suicidi. Lo stesso suicide mouse è chiaramente un video realizzato in maniera amatoriale sfruttando la ripetizione di immagini distorte e di bassa qualità, giocando soprattutto sul sinistro sottofondo audio per suscitare inquietudine. Non sappiamo ovviamente se esistano filmati animati Disney che col tempo sono andati perduti o irrimediabilmente censurati a causa dei loro controversi contenuti, ma di certo suicide mouse non è uno tra questi.

L'esperimento russo di deprivazione del sonno

Intorno al 2015, per diverso tempo, i social network sembravano essere stati invasi dai post relativi a un presunto esperimento sovietico, contenenti link ad articoli vari ed eventuali che raccontavano per filo e per segno i macabri dettagli dell'operazione. Secondo questo racconto creepypasta, sul finire degli anni '40, i servizi segreti russi meglio conosciuti con il nome di KGB avrebbero avviato una serie di esperimenti su cavie umane, per testare nuove tecnologie che potessero supportare la potenza sovietica nella nuova corsa agli armamenti sorta contro gli Stati Uniti. Il raccapricciante racconto parla dunque di un test eseguito su cinque soggetti, rinchiusi in una stanza dove pare venisse continuamente immesso del gas stimolante al fine di mantenere gli individui perennemente attivi e incapaci di dormire.

Come prevedibile, l'esperimento sembra fosse finito in modo catastrofico. Dopo diversi giorni di reclusione, i cinque soggetti avrebbero iniziato a mostrare segni di cedimento psichico urlando a squarciagola o emettendo suoni inarticolati in direzione dei microfoni posizionati nella stanza. Nel racconto si parla anche di come i soldati che si trovavano di guardia alla camera, fossero entrati dopo un improvviso silenzio calato all'interno, per verificare lo stato di salute delle cavie: uno dei soggetti era stato trovato morto, mutilato e scarnificato, mentre gli altri quattro pare si fossero autoinflitti ferite profonde o si fossero staccati interi lembi di pelle. Questo articolato quanto surreale creepypasta racconta poi della follia delle cavie umane trasportate in sala operatoria per le cure mediche, imploranti di ricevere ancora il gas stimolante per poter rimanere sveglie. La chiusura, nonostante l'intento fosse quello di spaventare l'ignaro lettore, è piuttosto inverosimile e palesemente romanzata. Sembra infatti che i soldati fossero stati costretti a rinchiudere nuovamente i soggetti superstiti, ma che essi, ribellatisi agli scienziati che intendevano compiere un ulteriore scempio degli uomini prigionieri, avessero chiuso uno dei ricercatori nella stessa stanza delle cavie. Terrorizzato da ciò che queste ultime erano diventate, lo scienziato avrebbe chiesto a una di loro chi fosse davvero e questa, in un improvviso slancio poetico, avrebbe detto:

Non hai ancora capito? Siamo la vostra follia, la voce selvaggia che si annida nel vostro cuore e che reprimete ogni giorno. Siamo l’urlo della vostra anima che sentite soltanto la notte, quando andate a dormire. Siamo tutto ciò che reprimete, quello che addormentate quando vi rifugiate in quel sonno che noi non possiamo calpestare

Nonostante gli esperimenti condotti su soggetti umani, soprattutto nel periodo relativo alla Seconda Guerra Mondiale, sia oggi un fatto tristemente assodato, quello dell'esperimento russo di deprivazione del sonno è evidentemente un falso: non si sa, ad esempio, come si sia venuti a conoscenza di simili dettagli che sarebbero dovuti rimanere segreti o chi fossero gli scenziati coinvolti nell'esperimento; l'istituzione del KGB è avvenuta nel 1954, quindi in un periodo successivo rispetto al racconto narrato; ma soprattutto, il creepypasta in sé è articolato in maniera spesso sgrammaticata, con una sintassi elementare e fatti esposti con modalità palesemente romanzate. Non facciamoci togliere il sonno!

Momo

Che Momo sia una creatura spaventosa, non vi sono dubbi. Sul fatto che sia anche l'essere che causerà la nostra morte, si potrebbe sollevare più di un'obiezione. Momo, infatti, non è altro che una scultura ad opera dell’artista giapponese Keisuke Aisawa che è stata installata nel 2016 presso una mostra d’arte contemporanea alla Vanilla Gallery di Tokyo. Perché Momo sia tanto spaventosa è comprensibile, dato il suo aspetto: un’enorme testa di donna dai grandi occhi senza palpebre, quasi priva di naso e con la bocca scolpita a mò di becco, senza un corpo che la sostenga ma solo due lunghe zampe di uccello. L’immagine piuttosto raccapricciante di per sé, è stata però utilizzata per creare una narrazione creepypasta a base di autolesionismo e suicidi, che ha incluso per lungo tempo anche una presunta challenge (come quella della Blue Whale, per intenderci).

Di Momo è stata infatti scattata una foto del solo volto che ha escluso quindi la parte inferiore della scultura (comprensiva di targa informativa), ricondivisa online più e più volte sui vari spazi dedicati ai racconti creepypasta e, intorno alla sua figura, è stato intessuto un racconto agghiacciante ma ovviamente privo di fondamento. Sembra infatti che Momo sia una creatura legata ad alcuni numeri di telefono e che il temerario intenzionato a mettersi in contatto con lei, può aggiungere uno di essi alla sua rubrica WhatsApp per inviarle un messaggio. Il racconto parla di come Momo inizierà tuttavia a inviare strane e disturbanti immagini di corpi mutilati, accompagnate da messaggi che indurrebbero i suoi destinatari a compiere atti di autolesionismo.

Nel 2018 le pagine di cronaca sono state invase dalla notizia del suicidio di una bambina argentina di soli dodici anni, tutte recanti allarmistici riferimenti a una presunta Momo Challenge, ovvero una sfida lanciata ai bambini tramite un account WhatsApp con immagine profilo di Momo che sembrava costringesse le vittime a commettere suicidio. Come accade spesso in questi casi, non c’è alcun fondamento che questa challenge sia davvero esistita e le prove a favore di questa tesi sono piuttosto scarse: la bambina presentava sì una conversazione sul suo telefono con una certa Momo, ma le motivazioni alla base del gesto estremo sono state ricondotte a un passato di abusi familiari. Persino lo stesso artista Keisuke Aisawa sarebbe stato spinto a distruggere la sua scultura una volta appreso della catena di notizie sensazionalistiche a cui molti individui hanno prestato ascolto. Una cosa è certa: Momo ci insegna non solo a non credere ciecamente ai racconti creepypasta, ma anche a ciò che spesso viene riportato attraverso fake news create con lo scopo di generareallarmismo e panico.

La maledizione di Lavender Town

Creepypasta legati ai videogiochi? Ce li abbiamo! In particolare il racconto di cui vi parleremo tra poco ha per protagonista il videogioco Pokémon Rosso e Blu distribuito nel 1996 per Game Boy. Il videogioco in sé non è considerato spaventoso o dannoso e, se pensiamo ai Pokémon in generale, ciò che rievochiamo alla mente di primo acchito è una compagine di creature piuttosto carine e divertenti. Attorno a questo videogioco, tuttavia, è stata creata una leggenda inerente a un’area specifica che i giocatori possono visitare e che di fatto si presenta, di base, come un territorio un po’ più lugubre rispetto a quelli che caratterizzano il contesto Pokémon.

Si tratta di Lavender Town, una zona a cui è possibile accedere nel videogioco per rendere omaggio ai Pokémon defunti. Già questa informazione può essere particolarmente inquietante per i videogiocatori, tuttavia ciò che disturba chi fa il suo ingresso a Lavender Town è la colonna sonora in sottofondo. Composta, come avveniva ad esempio nel video di suicide mouse, da note acute e spesso distorte, ma soprattutto da frequenze che potrebbero risultare angoscianti soprattutto per i più suscettibili a determinati suoni. Il racconto creepypasta si basa proprio su questo punto, narrando di alcuni suicidi commessi da dei bambini in Giappone (e ci risiamo con la storia dei suicidi), dopo aver giocato a Pokémon Rosso e Blu ed essere rimasti vittima delle frequenze emesse dalla musica che fa da sottofondo a Lavender Town.

Inutile sottolineare come, nonostante la colonna sonora sia effettivamente piuttosto inquietante, non siano mai stati riportati casi di suicidi tra i bambini in Giappone e che nessuno sia mai stato indotto dai Pokémon a commettere atti di autolesionismo. Ciò che è accaduto invece realmente è un fatto inerente a un particolare episodio della serie animata, andato in onda il 16 dicembre 1997 in Giappone e mai più ritrasmesso per ovvie ragioni, ovvero una crisi collettiva di convulsioni ed epilessia causata dalle immagini della puntata stessa. In essa erano visibili infatti delle sequenze con luci intermittenti e di diversi colori che hanno causato le crisi in almeno 600 telespettatori, di cui almeno un centinaio ricoverati con prognosi che potevano andare da alcuni giorni a diverse settimane. È possibile dunque che, prendendo spunto da questo fatto di cronaca reale, qualcuno abbia realizzato ad hoc il racconto creepypasta riguardante la maledizione di Lavender Town.