DOTA - Dragon’s Blood: Libro 2, recensione della serie animata Netflix

DOTA - Dragon’s Blood: Libro 2, la stagione 2 dell'anime basato sul videogioco targato Valve DOTA 2, è disponibile in esclusiva su Netflix.

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a cura di Lucia Lasorsa

-Redattrice

DOTA - Dragon’s Blood: Libro 2
riprende la narrazione dal punto in cui si era interrotta la prima stagione di questa serie di animazione originale Netflix basata su DOTA 2; nel 2013 Valve Corporation pubblicò DOTA 2
, un MOBA (Multiplayer Online Battle Arena) gratuito basato su una mappa speciale di Warcraft 3 chiamata proprio Defense of the Ancient, da cui l'acronimo DOTA (a onor del vero, in DOTA 2 però questo termine non è un acronimo, per via di problemi con i diritti d'autore). L'universo narrativo di DOTA 2 non si limita però al mondo videoludico e dell'animazione: esistono infatti, oltre naturalmente alle guide ufficiali per il gioco, anche dei fumetti a tema; potete trovare tutto questo in questa pagina di Amazon.

DOTA - Dragon’s Blood: Libro 2: l'impatto visivo

DOTA - Dragon’s Blood: Libro 2 è composta, come la prima stagione, da 8 episodi in totale, ognuno dei quali ha una durata media di circa 25 minuti, per cui potrete anche decidere di guardarla tutta in una volta. Nella nostra analisi di questa seconda stagione dell'anime abbiamo scelto di iniziare da ciò che risalta maggiormente agli occhi al primissimo impatto: l'aspetto visivo e grafico.

Anche questa stagione è stata realizzata dallo Studio Mir, studio di animazione coreano che è anche artefice del film di animazione The Witcher: Nightmare of the Wolf, di cui potete leggere qui la nostra recensione. Visivamente, ritroviamo nuovamente, dal punto di vista della tavolozza dei colori, una decisa e netta predilezione per i colori caldi, il che è anche in tema, per così dire, con le tematiche trattate: i personaggi di DOTA - Dragon’s Blood: Libro 2 sono infatti immersi all'interno di un universo fantasy in cui grandi (in ogni senso) protagonisti, insieme agli esseri umani e ad altre bizzarre creature, sono i draghi, creature sputafuoco. Dunque, i colori caldi trasmettono anche il "calore" del fuoco dei draghi.

Le animazioni risultano piuttosto fluide e, nelle scene di maggiore impatto visivo, anche imponenti. Tuttavia, l'utilizzo, in alcuni frangenti e in alcune scene, di animazioni realizzate grazie all'impiego della computer grafica si rende fin tropo evidente e manifesto, un effetto che non è molto piacevole da guardare.

Questo è ciò che attira l'attenzione degli spettatori a un primissimo impatto, ma poi c'è quello che dovrebbe essere il vero fulcro di DOTA - Dragon’s Blood: Libro 2: la trama, il racconto. Ed è qui che si tocca il fatidico "tasto dolente".

DOTA, Castlevania o Dragon's Dogma?

Le tre serie di animazione menzionate nel titolo qui in alto hanno ben più di qualcosa in comune: sono infatti prodotte tutte e tre da Netflix e tutte e tre si basano su videogiochi singoli o su un'intera saga (ed è questo il caso di Castlevania). Un dettaglio che colpisce chi ha seguito queste serie di animazione e conosce anche i videogiochi da cui sono tratte è il fatto che da tre titoli così diversi fra di loro siano poi nate delle serie animate in realtà fin troppo simili fra di loro.

Si tratta di storie ambientate in mondi fantastici abitati da creature fantastiche, fra cui i draghi; i protagonisti sono tutti per metà umani e per metà qualcosa che, normalmente, viene considerato malvagio: Alucard è per metà vampiro, Davion si è unito a un drago (ed esteticamente ricorda fin troppo Gatsu, il protagonista del manga Berserk) e un drago ha rubato a Ethan il suo cuore; i protagonisti, come gli antagonisti, non sono solo personaggi singoli, ma possono contare su una squadra più o meno nutrita di altri individui pronti a dar loro un aiuto nel portare a termine la loro missione.

Ora, questo è lo scheletro della struttura narrativa di queste serie su cui poi si va a costruire un intreccio che si diversifica per ognuna, ma il punto focale di questa analisi è proprio il fatto che, alle radici, queste tre serie di animazione si somigliano un po' tutte. E un po' troppo. Eppure, i videogiochi su cui si basano sono davvero molto, molto diversi. Per darvi un'idea un po' più chiara, ecco qui di seguito i trailer di lancio di alcuni di questi videogiochi.

Partiamo da Castlevania III: Dracula's Curse, del 1989, platformer d'azione con elementi di videogioco di ruolo su cui si basa la serie animata Netflix Castlevania:

Passiamo ora a Dragon's Dogma, videogioco di ruolo d'azione del 2012:

E concludiamo con un video gameplay di DOTA 2:

Come potete vedere, si tratta di videogiochi profondamente diversi che però condividono alcuni elementi di base della trama. Il punto quindi è che qualcosa che funziona in un medium non è detto che funzioni in un altro: tutto sommato, non ha una grande importanza che alcuni elementi della trama di questi tre titoli siano simili, perché a fare davvero la differenza, in un videogioco, è il gameplay. E se togliamo il gameplay? In base al videogioco, potremmo quindi trovare storie più o meno avvincenti, più o meno originali, ma che saranno del tutto prive di quell'elemento, oltre al gameplay, che contraddistingue il videogioco dagli altri media: l'interattività.

Quindi, se la narrazione non è solida, avvincente e potente si tenderà spesso a guardare quell'opera con svogliatezza e una certa noia. Che è poi quello che è accaduto a noi. Senza elementi che contraddistinguano il racconto in modo netto da altri simili, per quanto il lavoro, sotto un profilo tecnico, possa essere buono, il risultato finale sarà un prodotto scialbo, privo o quasi di personalità, proprio come, a nostro avviso, è DOTA - Dragon’s Blood: Libro 2.

In conclusione, quindi, DOTA - Dragon’s Blood: Libro 2 è una serie di animazione che scivola via in maniera piuttosto anonima, il che la può rendere poco appetibile anche per coloro che non conoscono il videogioco su cui si basa proprio per la similarità con altre serie animate, sempre reperibili su Netflix.