Il crimine organizzato è sempre un argomento spinoso da trattare, specialmente in Italia. Non è infatti un caso che quasi 10 anni fa il romanzo di Roberto Saviano "Gomorra" è diventato un bestseller, scatendando al contempo scatenato aspre polemiche per la visione cruda e violenta della Napoli malavitosa, e attirando minacce da parte della camorra sull'autore, che da allora vive sotto scorta. Ma quello che i camorristi non possono fermare con un esecuzione è la cultura: ormai diventato un brand, oggi Gomorra è uno spettacolo teatrale e un film (di Matteo Garrone). Non poteva mancare una serie TV, affidata alla regia di Stefano Sollima, diventato famoso sul piccolo schermo per Romanzo Criminale.
Proprio perché trasmessa in TV (Sky), la serie ha suscitato scalpore per la la trama, fra le più violente mai dipinte, e la rappresentazione a tratti forzata di una Napoli camorrista e delle sue zone più malfamate, come le celebri Vele di Scampia. La trama si discosta dalle altre trasposizioni del romanzo, in favore di una storia originale: seguiamo le vicende Ciro "L'Immortale" (Michele D'Amore), sgherro presso il potente clan Savastano (che controlla la maggior parte di Napoli), e di Genny (Salvatore Esposito), figlio viziato del capoclan. I due, uniti da una forte amicizia, si troveranno presto su due fronti in guerra per la conquista dell'eredità di Don Pietro (Fortunato Cerlino), dopo la sua incarcerazione.
Gomorra eccelle in un fattore che è diventato il marchio di fabbrica del regista: la rappresentazione estremamente realistica di quegli ambienti criminali così ben rappresentati anche in Romanzo Criminale. Le immagini forti sono solo la facciata di una Napoli dove la malavita ha esteso il suo controllo in ogni aspetto della società. Avvertiremo l'impronta lasciata dal male in ogni personaggio secondario, anche fuori dalla cerchia dei protagonisti criminali.
Questo volto di Napoli è una continua giungla dove prevale il più forte, e tutti sono ormai, anche se indirettamente, una parte della realtà camorrista. Il caso emblematico è Genny, che verso la metà del racconto prende una decisione fondamentale (forse in modo un po' meccanico) per il suo ruolo, e si trasforma in un sanguinario capobanda che non esita a fare uso della violenza per imporre la sua leadership.
In Romanzo Criminale si era notata una battuta d'arresto esistenzialista nello sviluppo dei personaggi, lontana dalle premesse iniziali e dalla stessa mentalità del criminale. Gomorra invece non commette questo errore: Ciro, Genny e tutti gli altri rimangono fedeli alla loro natura criminale fino alla fine, con decisioni e azioni sempre più crudeli, sempre e solo finalizzate al loro tornaconto e al raggiungimento dei loro obbiettivi. Non c'è alcun tentativo di mediare le loro azioni con l'utilizzo di figure positive, come si era visto con la Banda della Magliana.
Visivamente siamo al top della produzione italiana: le scelte cromatiche sono coerenti e tendenti a un grigio persistente. È interessante notare che il cielo è quasi sempre nuvoloso o oscuro, come a dimostrare che Napoli non è più la Città del Sole come vuole il luogo comune. Solo in due puntate l'azione si sposta in altre città, Barcellona e Milano: sebbene fuori dal regno, anche qui la lunga mano della malavita contamina l'ambiente urbano, come tiene a precisare Donna Imma quando mostra al figlio tutti gli innumerevoli immobili milanesi che il clan possiede.
Dopo rinvii e problemi organizzativi, la seconda stagione dello show è in arrivo il prossimo maggio, per dare finalmente seguito al cliffhanger con cui si è chiusa la prima annata. Noi siamo qui, in attesa di vedere il seguito di quello che è probabilmente il miglior drama italiano mai prodotto.
 | Gomorra - Stagione 01 | |
 | Gomorra: Viaggio nell'impero economico e nel sogno di dominio della camorra | |
 | Gomorra |
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