Il Mio Nome è Vendetta, recensione: una resa dei conti frettolosa

Alessandro Gassman è il protagonista del film Il Mio Nome è Vendetta, promettente thriller d'azione su Netflix.

Avatar di Livia Soreca

a cura di Livia Soreca

Per i fan del thriller d'azione e dei cosiddetti revenge movies, tra le novità di novembre su Netflix spicca Il Mio Nome è Vendetta, film italiano diretto da Cosimo Gomez e prodotto da Colorado Film. Alessandro Gassman ne è l'interprete principale: un padre di famiglia con un oscuro passato, ed è meglio non farlo arrabbiare. Nel cast troviamo anche Remo Girone, Alessio Praticò, da poco visto nella quarta stagione di Boris, Sinjia Dieks e la giovane Ginevra Francesconi nel ruolo di coprotagonista. Il nuovo film di Netflix, disponibile dal 30 novembre, vi terrà col fiato sospeso, non senza qualche piccola perplessità.

Il Mio Nome è Vendetta: un thriller accattivante ma frettoloso

Santo Romeo vive nel Trentino Alto-Adige con sua moglie e sua figlia Sofia, campionessa di hockey sul ghiaccio. Un piccolo ed ingenuo errore provoca una tragedia irreparabile che colpisce la sua famiglia, risvegliando rancori di 20 anni prima. La giovane ragazza scopre allora gli oscuri segreti di suo padre, in realtà ex sicario affiliato alla 'ndrangheta calabrese.

Il Mio Nome è Vendetta, dal titolo quasi "inflazionato", è una dura resa dei conti che, dopo due decenni di silenzio, esplode nel giro di pochi giorni in seguito ad un'azione innocente ma al tempo stesso avventata da parte di Sofia. Anni di copertura perfetta saltati in un attimo per poi dare il via ad una caccia spietata con qualunque mezzo tecnologico possibile; ma allora prima di questo momento la 'ndrangheta era a riposo? Insomma, il pretesto per l'azione principale è forse un po' inverosimile e crea uno strano effetto deus ex machina, ma in qualche modo questo pericoloso inseguimento deve pur cominciare.

Il film di Gomez non è la classica pellicola italiana sulla criminalità organizzata, si presenta invece come un vero e proprio thriller d'azione alla stregua di grandi classici sulla vendetta, anche internazionali, come Taken (Io vi troverò). Ogni imprevisto scatena una lotta all'ultimo sangue, con un ritmo incalzante ma a tratti frettoloso.

Il personaggio di Sofia si ritrova a vedere la propria vita cambiare in pochissimo tempo, con un'evoluzione interiore velocissima, molto romanzata e forse poco credibile. Eppure i film sulla criminalità italiana, di cui si è già belli pieni, hanno quasi sempre l'agghiacciante caratteristica di esser quanto più possibile realistici, crudi nel modo in cui illustrano azioni vere e orrori tangibili. Si capisce, dunque, che la priorità di Il Mio Nome è Vendetta è più quella di restituire un racconto che punti alla tensione e al carattere avvincente, meno quella di rappresentare davvero il dramma di scoprire di essere segnati con inchiostro indelebile da un'organizzazione come la 'ndrangheta. Sembra quasi che la giovane figlia se ne faccia presto una ragione, uno snodo di trama che avrebbe potuto essere curato meglio.

"Uccidere per non essere uccisi"

Il nuovo film su Netflix non è solo un thriller a suon di colpi di pistola ma si focalizza anche sull'immagine della famiglia e, ovviamente, sul rapporto padre-figlia, un legame quasi idilliaco presto minacciato da un passato oscuro. Quando Sofia intraprende insieme al genitore questo viaggio verso la resa dei conti, si rende subito conto di essere invischiata, in realtà, in un immenso circolo vizioso di rancori che sembra non raggiungere mai un capolinea, e come sempre la vendetta trasforma le vittime in carnefici.

Se ti attaccano, devi difenderti.

C'è tuttavia un passaggio preciso nella vicenda, in cui il protagonista insegna a sua figlia come difendersi e attaccare i nemici, dandole un assaggio del limite tra la vita e la morte, che talvolta può essere davvero sottile. Sembra quasi un "tutorial per la vendetta perfetta", pieno di parole forti, brutali, non proprio l'eredità che ci si aspetta da un padre. Si vuole rappresentare l'importanza del rapporto familiare, ma l'opera non mostra sempre una morale positiva, anzi spesso la nasconde sotto il desiderio di stuzzicare una sete di vendetta quasi adrenalinica. Il drammatico legame padre-figlia non è secondario rispetto all'azione, ma non dona sempre allo spettatore il messaggio che ci si aspetta.

Mai far arrabbiare Alessandro Gassman

Il cast principale di Il Mio Nome è Vendetta è piuttosto ristretto, e sono pochi i personaggi che trainano la vicenda. C'è una netta contrapposizione tra la staticità di alcune figure e il movimento di altre, tra chi attende e chi agisce. È così che, ad esempio, mentre il personaggio di Don Angelo (Remo Girone) rappresenta un'insidia lontana e immobile, Santo e Sofia non hanno più un luogo sicuro, non sono mai fermi e la vicenda corre insieme a loro.

L'interpretazione di Ginevra Francesconi richiede più tempo per divenire trainante, mente quella di Alessandro Gassman costituisce sin da subito il vero primo motore. Perfettamente calato nel ruolo di padre amorevole disposto a tutto per proteggere sua figlia, egli riesce al tempo stesso ad impersonare un uomo duro e senza pietà, arrabbiato e determinato. È un contrasto molto simbolico della natura dell'essere umano: non esistono, in fin dei conti, persone solo buone o unicamente cattive.

Il Mio Nome è Vendetta: le scelte stilistiche

Con la sua attenzione per i primi piani, specie su volto e lo sguardo di Sofia per risaltarne i cambiamenti e l'evoluzione dell'animo, la fotografia nel film di Gomez subisce un cambiamento dall'introduzione allo svolgimento, passando da toni caldi e luminosi a tinte fredde e cupe. Le belle riprese con i droni sui paesaggi del Trentino lasciano presto il posto a magazzini abbandonati e fatiscenti in cui regnano sangue e violenza. I movimenti di macchina sono tipici di qualunque opera ricca di tensione, ma la pellicola presenta alcuni effetti leggermente abusati, come il rallenty nelle prime sequenze, quasi come fosse obbligatorio in un film d'azione. Alcune precise scene possiedono un impatto non indifferente; una di queste sembrerebbe addirittura una citazione di Gran Torino del 2008.

In conclusione

Il Mio Nome è Vendetta si unisce a quel filone dei revenge movies in cui il circolo eterno del rancore non risparmia nessuno e finisce con lo scambiare le vittime e i carnefici. Non senza un velo di drammaticità, l'opera di Cosimo Gomez è a tutti gli effetti un thriller d'azione, per certi aspetti lontano dalla filmografia italiana sulla criminalità organizzata. Alessandro Gassman più di tutti traina il racconto, il quale però risulta spesso frettoloso e privo di solide premesse.