Madre Nostra, storia moderna di una gravidanza virginale

Madre Nostra di Stefano Paparozzi, recensione. Romanzo ben costruito e azione coraggiosa da parte dell'autore.

Avatar di Valerio Porcu

a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Miriam ha 12 anni ed è incinta. Non sa spiegare perché, insiste di non aver fatto sesso con nessuno, che nessuno l'ha violentata. Dopotutto è ancora una bambina, non ha mai avuto le mestruazioni, ma chi potrebbe mai credere a una gravidanza virginale? Tutti troveremmo molto più probabile, anzi l'unica vera possibilità, che del sesso ci sia stato e che Miriam non voglia parlarne o al limite non se ne ricordi.

Ma questo accadeva tempo fa, più o meno quanto Miriam iniziò a tenere un diario. Lo sappiamo perché è proprio la trovata del diario ritrovato a muovere il primo romanzo di Stefano Paparozzi. Una scelta che accomuna questo giovane romanziere a molti che hanno creato diari di finzione, tra cui vale la pena ricordare Dracula di Bram Stoker o il diario del narratore in Lolita di Nabokov.

Già, ma Madre Nostra è più Dracula o più Lolita? La casa editrice Zona 42 si presenta come editore "di fantascienza e altre meraviglie", ed è lecito sospettare che la scelta del numero quarantadue non sia casuale. Madre Nostra è dunque fantascienza per scelta dell'editore, ma non aspettatevi di trovare invenzioni meravigliose, speculazioni sul futuro, robot e raggi laser. Potreste, volendo, trovarci una lettura distopica.

Paparozzi imbastisce la sua storia su basi assolutamente intimiste, con un attento e preciso lavoro sulla costruzione della sua protagonista, che è in effetti l'unico vero personaggio con cui il lettore viene a contatto. Tutti gli altri ci sono raccontati attraverso le molte pagine del suo diario, dunque attraverso i suoi occhi.

La lingua e la tecnica

Paparozzi mostra di aver lavorato con attenzione ai dettagli tecnici. All'inizio del libro Miriam ha dodici anni, e il suo linguaggio riflette l'età - compresi alcuni errori normali in una persona che sta ancora imparando come usare la sua lingua. Ci sono imperfezioni, dettagli che sembrano stonare. L'autore ne è consapevole, probabilmente sa di non poter ricreare una dodicenne alla perfezione, così ricorre alla furbizia e affida al narratore il sospetto che "qualcuno abbia rivisto il testo". Una scusa ingenua, ma sufficiente a sostenere un'azione ben riuscita, per quanto azzardata.

Il lavoro sulla lingua di Madre Nostra forse non è magistrale, ma considerando il modo in cui un autore piuttosto giovane ha reso viva e vibrante una ragazzina, seguendola per dieci anni di una vita incredibile, è davvero ammirevole. Tanto per i punti ben riusciti quanto per le ingegnose trovate che compensano quelli meno convincenti. Un aspetto, questo, su cui Paparozzi merita sicuramente un plauso.

La storia è costruita quasi interamente con il diario. Il narratore interviene occasionalmente per tirare le fila, e per rivolgersi direttamente al lettore (di cui è consapevole), fornendogli informazioni e dettagli che non emergono dal manoscritto di Miriam. Non siamo certo di fronte a una novità tecnica, ma il modo in cui Paparozzi applica questo metodo è brillante: riesce a rinnovare un tipo di romanzo che è vintage per definizione, per non dire vetusto, lo adatta al mondo moderno e gli restituisce dignità. Trova una giustificazione per l'esistenza del diario - necessaria perché nessuno crederebbe che una dodicenne qualsiasi ne scriva uno, e lo trasforma nello strumento per rimaneggiare e rivedere il romanzo di formazione. Non siamo di fronte a un nuovo Dickens, ma Paparozzi ha mostrato capacità di indagare l'umano nel privato, con il pregio aggiuntivo di aver affrontato un compito particolarmente difficile (creare la protagonista). Forse, con gli anni, potrebbe anche avvicinarsi al maestro di Portsmouth.

La seconda voce

Accanto alla voce di Miriam c'è anche quella di un narratore. Una voce adulta e matura, di qualcuno che, pare, si è preso la briga di raccogliere e riordinare i file scritti da Miriam. Un curatore che lavora alla pubblicazione del diario, sa che ci saranno dei lettori e parla direttamente a loro; la distanza rispetto al diario, intimo e scritto per sé stessi, non potrebbe essere maggiore.

Il suo scopo, sembra, è ricostruire la storia personale della ragazza, diventata poi donna, per completarne un'immagine pubblica che, si deduce, è costruita solo sulla cronaca giudiziaria. Paparozzi lo fa un pezzo alla volta, senza fretta (eppure ogni tanto un accelerazione o il taglio di qualche pagina gioverebbero a questo romanzo). E riesce a tenere nascosto qualcosa fino all'ultima pagina, il che è davvero notevole visto che Miriam tenta continuamente di confessare tutto al suo diario.

Madre delle Moltitudini

Madre Nostra è un romanzo del presente, racconta una storia che comincia oggi e finisce tra qualche anno. In un'Italia che sappiamo essere la nostra, ma ciò che vediamo è solo il piccolo mondo di Miriam: lei, le sua gravidanze virginali e ciò che scatenano. Il suo andare e venire dal ruolo di Madre delle moltitudini, e soprattutto il suo crescere, diventare un'adulta che cammina sull'inconcepibile, sul miracoloso, sullo scientificamente inspiegabile.

Finirete per affezionarvi a Miriam, per sentire la rabbia che sentono lei e altri, soffrire con lei le pene che deve affrontare, a sperare con lei che le cose vadano come vorrebbe. E arriverete alle ultime pagine pieni di emozioni, leggerete l'epilogo del narratore - spero per voi - con il cuore rigonfio e magari una timida lacrima sul punto di bagnarvi il volto.

Ci si chiederà per tutto il romanzo come si spiega l'inconcepibile condizione clinica di Miriam, ma si finirà per riflettere sulle sue conseguenze. E soprattutto, ci si rende conto che la protagonista non è affatto ripiegata su sé stessa, e che Madre Nostra non è proprio un romanzo intimista. Sì, perché prima di tutto Miriam è ciò che le accade.

Sono le reazioni degli altri, le conseguenze, a plasmare la storia e il personaggio. Miriam dovrà crescere, imparare a fare i conti con queste reazioni, con tutte le persone che in un modo o nell'altro hanno giocato un ruolo nel costruire ciò che è diventata. Finché si scoprirà adulta e capace di affrontare ciò che ancora l'aspetta.

Ecco, Madre Nostra è prima di tutto un romanzo ben costruito, e in secondo luogo un'azione coraggiosa. Paparozzi ha usato una tecnica difficile per affrontare un compito arduo: il diario personale per raccontare un personaggio dell'altro sesso, e per di più anagraficamente lontano. Evidentemente a questo autore piacciono le sfide.

E quando si affronta una sfida s'inciampa: Paparozzi lo fa con una certa verbosità, e finisce per creare un testo che a tratti è prolisso, persino noioso. Il linguaggio di Miriam, quello del suo diario, è sostanzialmente credibile ma non fino in fondo. È altalenante: certi passaggi ti fanno innamorare di lei, ti fanno venire voglia di abbracciarla. Certi altri ti lasciano un po' perplesso, incredulo. Ma non perdi la voglia di finirlo, e Paparozzi premia con un finale equilibrato, funzionale, ricco di drammaticità.

Se leggere un romanzo è un po' come volare, questo aereo atterra bruscamente, ma ti lascia qualcosa addosso fino fuori dall'aeroporto.