Only Murders In The Building, la recensione della prima stagione completa

La recensione finale di Only Murders In The Building, che sta volgendo ormai al termine e di cui vi raccontiamo le nostre impressioni complessive.

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a cura di Francesca Sirtori

Siamo ormai giunti al termine di questa prima stagione di
Only Murders In The Building, serie presente su Disney Plus ormai da quasi due mesi (per la precisione dal 31 agosto) e che si concluderà il 26 ottobre con il decimo episodio, portando a termine le indagini del caso che si era aperto nei primi tre episodi (che avevamo recensito per voi qui), oltre al podcast e alle assurde vite quotidiane dei nostri tre eroi, e non solo.

Se è vero che è già stato ufficialmente annunciato un prosieguo della storia con una seconda stagione, motivo per cui ci stiamo chiedendo sin da ora come avranno intenzione di riprendere le fila del discorso di Only Murders in the Building, scopriamo in anteprima, e senza troppi spoiler, come si chiude questa prima stagione della serie originale di successo, con protagonisti Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez. Ricordiamo inoltre che i co-creatori e sceneggiatori della serie sono Steve Martin e John Hoffman (Grace and FrankieLooking). Martin e Hoffman sono gli executive producer insieme a Martin Short, Selena Gomez, Jamie Babbitt, il creatore di This Is Us Dan Fogelman e Jess Rosenthal.

Only Murders In The Building, dove eravamo rimasti e cosa ci attende

Riprendiamo brevemente quanto accaduto in precedenza, per poter arrivare alle battute conclusive senza buchi narrativi: realizzata da Steve Martin, Dan Fogelman e John Hoffman, Only Murders In The Building segue all’interno di un lussuoso condominio di New York le vite di tre estranei, ossia Charles (Steve Martin), Oliver (Martin Short) e Mabel (Selena Gomez) che condividono la stessa ossessione per il genere true crime e si trovano improvvisamente coinvolti in un delitto.

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La loro strana passione viene soddisfatta all’improvviso quando si verifica un’orribile morte in questo esclusivo palazzo dell’Upper West Side in cui loro vivono, e i tre sospettano che si tratti di un omicidio. Non resta loro che mettere alla prova la loro grande conoscenza del genere true crime per investigare, registrando anche un podcast per documentare il caso.

I protagonisti, nel mentre, scoprono man mano i segreti del palazzo, che riguardano eventi accaduti molti anni prima, oltre a incontrare alcuni esclusivi condomini, come il cantante Sting dell’ex gruppo The Police, e personaggi immaginari che richiamano il passato di Charles (Steve Martin) come alcuni personaggi Looney Tunes, ossia Bugs Bunny e Porky Pig, senza dimenticare le bugie che i protagonisti si raccontano a vicenda e che potrebbero rivelarsi davvero pericolose ai fini della risoluzione della vicenda. Del resto, il sottotitolo stesso della serie recita “Tutti hanno un segreto”, un’anticipazione che ci suggerisce ampiamente che nel corso degli episodi ci verranno snocciolati man mano dettagli sul passato e sulla vita interiore dei protagonisti principali.

Che cos’è più pericoloso? Approfittare di una seconda chance o lasciarsela scappare?

[...] Che succede quando la tua seconda chance diventa la tua ultima occasione? 

Infine, i nostri eroi si rendono conto che il killer potrebbe nascondersi tra loro, mentre cercano di decifrare gli indizi prima che sia troppo tardi e che questi possa eventualmente colpire di nuovo, o fuggire per sempre. Ci sono stati però altri omicidi nel condominio, eventi che spiegano il titolo stesso della serie, in quanto veniamo a conoscenza della morte anche di animali domestici, con altrettanti risvolti tragicomici, e situazioni personali parecchio difficili e delicate, che andiamo a scoprire man mano nel corso degli episodi.

Il tutto viene narrato da una voce fuori campo, che viene solo saltuariamente mostrata in camera, di Cinda Canning, colei che tiene le varie puntate di Only Murders in The Building, una sorta di programma radiofonico, imbastendo così una struttura particolare della serie, una storia nella storia

Il teatro dell'assurdo

Il palcoscenico su cui si muovono i vari attori in scena sembra far parte decisamente del teatro dell’assurdo, tra dialoghi talvolta senza senso, pregni di humour e di scenette comiche che ci fanno trascorrere la durata di ogni episodio senza particolare difficoltà. A rendere ancora più agile da seguire i vari episodi, evidenziamo una freschezza nei dialoghi, caratterizzati spesso da scurrilità (di certo non inascoltabili o inaccettabili, sia ben chiaro) che ben si accompagnano allo stile e al tone-of-voice della serie.

A proposito dei dialoghi, abbiamo notato qualche parziale discrepanza tra il doppiaggio di una stessa espressione nei dialoghi e nella traduzione dei sottotitoli in casi specifici, come ad esempio l’originale “Embrace the mess” diventa nei dialoghi “Abbracciate il pasticcio” e nei sottotitoli di traduzione dei fogli scritti a mano nell’episodio si trasforma in “Abbracciate il caos”, ma questa casistica si accompagna a pochissimi altri, come “I am not a boomer”, dove boomer diventa “uno a caso”, e di fatto queste sfumature di senso diverso di certo non va a inficiare la comprensione degli eventi, né nella localizzazione da lingua originale a italiana.

Delicata la scelta di fare un intero episodio, il settimo, senza dialoghi verbali, ma solo tramite il linguaggio dei segni, dove il tappeto sonoro della puntata è determinato solo da rumori ambientali ed eventuale musica extradiegetica. E il ritorno della parola avrà un senso ben preciso, avvenendo solo dopo aver rivelato il nodo principale della trama. Forse questo turning point avviene in maniera troppo anticipata, considerando che mancano a quel punto ancora tre episodi, e che gli eventi a seguire sono talvolta un po' lenti. Non solo, vengono inseriti in alcuni punti dei dettagli narrativi che risultano ridondanti o inutili nell'economia della serie, rischiando di sembrare dei puri escamotage per arrivare a dieci episodi complessivi, ma la scelta non è eccessivamente pesante per lo spettatore che adora questo genere.

In conclusione

Only Murders In The Building è una serie originale che alza un pochino il livello dell'offerta della piattaforma, da un punto di vista della produzione Star e Disney, non solo per il cast coinvolto, ma anche per il suo genere e la scrittura degli episodi, dove emerge la finezza e l'expertise dei nomi coinvolti nella regia. Consigliata per chi cerca una sana vena di umorismo legata alla raffinatezza degli ambienti e degli attori dall'impeccabilità quasi anglosassone, non vi resta che rimanere con il fiato sospeso in attesa del finale di serie e scoprire come si sono sciolti i nodi alla fine di tutto questo.