Red, recensione: il colore dell'adolescenza

Red ci getta nel vortice emotivo che si è scatenato nella vita di Meilin, contesa tra la famiglia e la riscoperta della propria identità.

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a cura di Marco Patrizi

Editor

Ormai ci avviciniamo alle porte della primavera, stagione di colori e picchi ormonali, il periodo perfetto per l’uscita di Red, l’ultimo film animato targato Pixar Animation Studios.
Dopo che il suo delizioso Bao ha incassato l’Oscar per il miglior corto animato agli Academy Awards 2019, Domee Shi fa il suo debutto alle redini di un lungometraggio come prima donna alla regia di un film Pixar (se si esclude Brenda Chapman che ha co-diretto Ribelle assieme a Mark Andrews), e insieme alla sceneggiatrice Julia Cho ha saputo dare vita a una commedia coming-of-age brillante che ci ha fatto alzare dalla poltrona con un sorriso soddisfatto.

Spiace solo che l’esperienza di questo film non potrà essere goduta appieno dal pubblico nei cinema, dato che è stato deciso, ufficialmente per contrastare la diffusione della variante Omicron del Covid-19, che Red arriverà direttamente su Disney Plus senza approdare anche sul grande schermo, come già accaduto per Soul e Luca.

L’anno del panda

Ambientato in una Toronto nei primi anni 2000, Red ha come protagonista la tredicenne Meilin Lee, ragazzina sino-canadese un po’ maldestra ma brillante e disciplinata, anche se decisamente poco popolare a scuola. Per fortuna la giovane non è la tipica emarginata, ma può contare su un gruppo di amiche affiatate con cui condivide in particolare una spudorata passione per i 4*Town, boy band sulla cresta dell’onda di cui le amiche ovviamente conoscono tutte le canzoni a memoria.

L’ossessione per i fascinosi performer è chiaramente solo il primo sintomo della caratteristica tempesta ormonale che si fa largo nella sua vita e che inizia a farsi sentire in famiglia. La adolescente ha infatti un rapporto contrastante soprattutto con la madre Ming, donna affettuosa ma anche molto protettiva e invadente nella vita di quella che vede ancora come la sua pura e innocente bambina, su cui ripone aspettative e responsabilità. Da un lato Meilin è emotivamente legata a doppio filo ai genitori e fa i salti mortali per renderli fieri di lei, dall’altro i suoi doveri al tempio di famiglia e le ingerenze della madre le impediscono di vivere la vita come vorrebbe, mettendo a dura prova la sua strenua deferenza.

Tutto è destinato a cambiare quando una mattina Meilin si risveglia negli ingombranti panni di un gigantesco panda rosso, gettandola nella confusione emotiva più assoluta. Presto viene a conoscere dai genitori che questa metamorfosi è una sorta di maledizione tramandata dalle donne della sua famiglia e che si manifesta ogni qual volta viene attraversata da forti emozioni, e può essere invertito solo rilassando la mente.

Vederci rosso

Domee Shi mette in scena un film di formazione adatto a tutte le età, come da tradizione Disney Pixar, ma più profondamente indirizzato agli adolescenti. È chiaro infatti che l’animalesca mutazione di Meilin non è che un’allegoria dell’arrivo della pubertà, che nel film viene espressa in modo visivamente estremo come un panda rosso, colore non casuale che incarna sia le mestruazioni che l’intensità dei sentimenti.

Meilin si sente a disagio nel suo nuovo corpo, è sconvolta dalla sua peluria e dall’odore corporeo, le sue emozioni sono fuori controllo: imbarazzo, rabbia, senso di inadeguatezza… una girandola di sentimenti condensati nella mente e nel corpo della giovane protagonista che sfociano inevitabilmente nella frustrazione di non essere al timone della propria vita, e che la costringeranno finalmente ad affrontare la madre e la nuova sé stessa.

Un aspetto che abbiamo trovato particolarmente apprezzabile è che la madre di Meilin non viene abbandonata nel classico ruolo della figura adulta impermeabile allo sguardo dello spettatore, in un modo che ci ha piacevolmente ricordato In viaggio con Pippo, sebbene con un approccio differente. Ming inizialmente viene sì rappresentata come la genitrice autoritaria da affrontare, ma poi diventerà a sua volta un riferimento inaspettato per la narrativa di Red. Nella seconda metà del film la figura del panda rosso si carica anche di un significato più ampio che fa da traino al tema principale: l’accettazione delle proprie emozioni e della propria identità che deve essere assecondata senza lasciarsi condizionare dalle pressioni esterne, familiari o sociali che siano.

Questo tipo di abbattimento delle barriere nella rappresentazione del disagio è quello che ci vuole per contrastare le divergenze generazionali del nostro tempo. Del resto era evidente già da Bao che i temi genitoriali come la sindrome del nido vuoto e l’emancipazione sono molto cari alla regista Domee Shi, che ha dichiaratamente caratterizzato la protagonista pensando alla sé stessa adolescente.

Abbiamo anche apprezzato come Red resti concentrato nel proprio tema personale, senza scadere nel cliché di certe commedie romantiche teen in cui l’affermazione della protagonista viene misurata dal fatto che venga notata dal ragazzo per cui ha una cotta.

L’autorialità di Red è percepibile anche nello stile di animazione. Domee Shi già in passato ha rivelato di sentirsi molto influenzata dalla sua esperienza con gli anime, come pure dallo stile di Edgar Wright. Visivamente il film è in effetti molto affine alle produzioni animate giapponesi nelle accentuate espressioni facciali e l’azione frenetica, che rendono le scene particolarmente concitate ed esilaranti. Una scelta stilistica che si sposa perfettamente con il vortice di forti emozioni e gli sbalzi di umore che si agitano nella protagonista.

Da segnalare anche una grande attenzione alla rappresentazione della boy band 4*Town, per la quale i cantanti Billie Eilish e il fratello Finneas O'Connell hanno creato in esclusiva tre canzoni, che vanno a inserirsi nell’efficace colonna sonora firmata da Ludwig Göransson (Creed, Tenet, The Mandalorian, The Book of Boba Fett).

https://www.youtube.com/watch?v=2y_oci4pV-w

Disponibile su Disney Plus dal prossimo 11 marzo, Red si è rivelato un prodotto dalla modernità fresca e per certi versi coraggiosa nell’affrontare alcuni temi impliciti, con una scrittura efficace, esilarante e ricca di sfumature. Nel cuore del film pulsano all’unisono quella leggerezza e quella capacità introspettiva per cui Pixar è ormai maestra.

La regista Domee Shi e tutto lo staff hanno fatto un buon lavoro nel rappresentare con impronta autoriale un tema che dovrebbe essere di interesse comune (non solo degli adolescenti) tramite la storia della confusa Meilin, a cavallo sul rovente confine tra due fasi della vita e contesa tra valori orientali e occidentali, legame alla famiglia e auto-affermazione. Speriamo sinceramente che Pixar continui ad arricchire la sua produzione dando voce ad autori dalle prospettive e sensibilità così eterogenee.

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