The Falcon & The Winter Soldier: il mondo fuori dalla finestra irrompe nell'MCU

Giunti alla fine di The Falcon & The Winter Soldier, cosa rimarrà dell'ascesa di Sam Wilson al ruolo di Captina America?

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a cura di Manuel Enrico

Stan Lee aveva sempre la battuta pronta, era capace di stupirti all’improvviso con un’affermazione fulminante con cui ti apriva gli occhi sulla sua visione del mondo. Tra i suoi celebri aforismi, uno in particolare incarna il tratto distintivo delle storie Marvel: La Marvel è il mondo fuori dalla finestra. A pensarci bene, ripercorrendo con lo sguardo le nostre librerie, è difficile non pescare a caso un’avventura di Cap, degli X-Men o di Iron Man e non trovare un riferimento alla realtà del periodo. Questa stessa sensazione, questa sinergia tra fantastico e reale si è palesata nuovamente con The Falcon & The Winter Soldier, la serie Disney che poche ore ci fa ha emozionati con un finale sublime, perfetto.

Negli ultimi dieci anni, il Marvel Cinematic Universe ci ha affascinati e avvolti in una saga supereroica ipercinetica e avventurosa, con picchi emotivi incredibili che si affidavano a un telaio narrativo basato su figure carismatiche e simboliche. E noi ci siamo fatti ammaliare da dei, soldati immortali e cavalieri ipertecnologici, ne abbiamo condiviso trionfi e cadute, ma tutto era cesellato minuziosamente all’interno di una saga che con il mondo reale non aveva alcun punto di contatto. E andava bene così, quelle storie erano l’emanazione di un’epica il cui messaggio sottile ma innegabile era ricordarci che dietro le maschere ci sono uomini e donne normali, fallaci e fragili, che da questa umanità traevano il loro vero superpotere. Ma nonostante questa umanizzazione, erano comunque lontani dal quotidiano.

The Falcon & The Winter Soldier: raccontare la realtà

La Marvel fumettistica, invece, ha sempre più intessuto uno stretto legame tra finzione e realtà, senza paura di confrontarsi con gli aspetti più dolorosi e spiacevoli dell’umana condizione. Il Marvel Cinematic Universe, sotto questo punto di vista, si era discostato dalla sua controparte cartacea, aveva lasciato che il mondo fuori dalla finestra rimanesse lontano. Comprensibile, considerato che per quanto complesso il mosaico dell’MCU nasce come evoluzione di entertainment cinematografico, puntando quindi a stupire ed esaltare più che portare a riflettere e interrogarsi sul nostro vissuto quotidiano. Idealmente, la fine di un’era vista in Avengers: Endgame poteva essere intesa come un cambio epocale non solo narrativo ma anche concettuale per l’MCU.

Dopo aver reso umani gli eroi dei fumetti, forse era finalmente giunto il momento di lasciar entrare il mondo dalla finestra. L’aver spostato la produzione di nuovi contenuti nel contesto seriale, come primo passo della nuova Fase Quattro, poteva essere il momento perfetto per segnare il cambio di passo. Quando comparvero le prime notizie sulle due serie Disney+, WandaVision e The Falcon & The Winter Soldier, questa eventualità si era fatta sempre più consistente. Negli occhi avevamo ancora il commovente passaggio del testimone tra un anziano Steve Rogers e un intimorito Sam Wilson nel finale di Avengers: Endgame. Il passaggio dello Scudo, per molti inizialmente solo un richiamo a una particolare run fumettistica, era il primo passo di una rivoluzione concettuale che solo ora, a visione ultimata di The Falcon & The Winter Soldier, possiamo pienamente apprezzare.

Certo, un primo sforzo di percorrere strade nuove si era intravisto anche in WandaVision, ma in quel caso l’attenzione era focalizzata su come raccontare, non su cosa. La straziante vicenda di Wanda rimane fortemente legate al contesto dei supereroi, non tange la società contemporanea, continua a definire il duro ruolo dell’eroe, ma solo in un’ottica, tutto sommato, egocentrica.

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E’ spettato a The Falcon & The Winter Soldier rivestire il ruolo di turning point nel Marvel Cinematic Universe. Quello Scudo che sin dal primo episodio riveste una grande importanza, d’altronde, non è solamente un simbolo eroico, ma fa appello allo spirito americano sin dalla sua prima apparizione nella Golden Age. Dovrebbe rappresentare i principi più alti della Terra della Libertà, ma come ci insegna la storia anche oltreoceano hanno scheletri negli armadi che vorrebbero dimenticare. Capitan America, nei comics, ha sempre cercato di scardinare queste ipocrisie, ha lottato in più occasioni anche contro il potere riconosciuto per difendere questi ideali. Ammirevole, ma la sua era una battaglia che partiva sempre da una posizione privilegiata: sei un bianco, caro Steve.

Credere che si possa fare meglio

Sam Wilson, invece, certe brutture non le ha sentite, le ha vissute. Il merito di The Falcon & The Winter Soldier, al netto del giudizio stilistico, è quello di avere colto l’occasione della nuova realtà del Marvel Cinematic Universe post-Blip per non limitarsi a fare intrattenimento, ma per mostrare il volto vero di un’America troppo indulgente con se stessa, che finalmente si sta aprendo a un’analisi della propria anima che anche nel mondo dell’entertainment sta assumendo toni sempre più definiti e onesti, che si tratti di spaccati di realtà come Concrete Cowboy o declinazioni più fantasiose come Lovecraft Country o Them. Sarò onesto, non mi sarei mai aspettato che una produzione Disney si calasse in questa disamina sociale. Ci speravo, conoscendo il materiale a cui ci si è ispirati per The Falcon & The Winter Soldier, ma vederlo su schermo è stata una vera bomba emotiva.

Se vi state chiedendo se non si era già palesato un interesse sociale con Black Panther, la risposta è semplice: era diverso. Per quanto il film con protagonista l’indimenticabile Chadwick Boseman abbia segnato un momento importante per la comunità afroamericana, va fatta una precisazione: T’Challa non è vittima di razzismo. Il Wakanda ha scelto di isolarsi dal resto del mondo, ha creato una società in cui non era necessario ‘avere un sogno’, lo si viveva. Non era T’Challa a poter essere un potenziale George Floyd, era Sam Wilson. In questo apparentemente piccolo dettaglio si annida l’anima rivoluzionaria di The Falcon & The Winter Soldier. E’ qui che il Marvel Cinematic Universe guarda fuori dalla finestra e ci racconta la quotidianità. Una realtà fatta di sofferenza e di odio, che non ha risparmiato nemmeno chi ha lottato per il proprio paese come Isaiah Bradley, immagine centrale nella costruzione emotiva della serie.

Potenzialmente, The Falcon & The Winter Soldier, con tutte le sue imperfezioni, è il prodotto più marvelliano sinora realizzato dai Marvel Studios, perché non si affida a villain macchiettistici, ma lascia che siano drammi palpabili e comprensibili a forgiare i protagonisti. Sarebbe facile limitarci a parlare di buoni e cattivi, ma in realtà nei sei episodi di The Falcon & The Winter Soldier ci sono i dimenticati, gli oppressi, a prescindere da che punto di vista li si guardi. Possiamo davvero limitarci a puntare il dito contro Karli, rimanendo sordi al suo grido di sofferenza? Siamo sicuri il GRC sia la manifestazione dei buoni?

Sam Wilson, in questi sei episodi, non è stato solamente Falcon, ma anche un affilato strumento di dissezione della società americana. I discorsi di Isaiah Bradley hanno la stessa violenza di quelli di Karli, perché nascono dai medesimi torti subiti, una consapevolezza che Sam tiene stretta al cuore per non perdere la propria rotta, cercando al contempo di cambiare il mondo e di salvare il nemico pubblico, perché dietro la maschera della Flag Smasher Sam non vede una terrorista, ma una ragazzina disperata e ferita. Il cuore emotivo di The Falcon & The Winters Soldier è racchiuso nel discorso di Sam al termine dello scontro per le strade di New York, è nell’abbraccio liberatorio di Isaiah.

A Disney va riconosciuto il merito di avere dato vita a una serie che, basandosi sul concept marveliano dell’eroe, fa irrompere l’attualità nel Marvel Cinematic Universe. La finestra a cui alludeva Stan Lee è stata aperta, il mondo è entrato e si è mostrato pienamente, nelle sue ombre e nel suo radioso, speranzoso futuro. Soprattutto, si è data coraggiosamente voce a chi è stato soffocato per decenni, si sono rotti gli schemi, senza ipocrisie, ben sapendo come la lotta perché questo cambi è ancora lunga, come ricorda Sam che sa quanto ‘milioni di persone mi odiano, lo so per certo’.

Difficile sentire l’accorato e rabbioso discorso di Sam e non ricordare una delle frasi di Martin Luther King, perfetta per identificare il valore morale di The Falcon & The Winter Soldier:

“Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla”

Cosa resta, quindi, dopo la visione di The Falcon & The Winter Soldier? Un senso di maturità del MCU, anzitutto, capace di andare oltre la dimensione puramente ludica per sporcarsi le mani con la realtà, mostrando che non serve avere poteri incredibili per essere eroi, basta avere la convinzione ‘che si possa fare meglio’.