Addio Intel e AMD, la Cina dice che è per sicurezza ma sembra una ripicca

La Cina introduce linee guida per eliminare progressivamente i microprocessori statunitensi, in particolare quelli prodotti da Intel e AMD

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a cura di Marco Silvestri

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Secondo quanto riportato dal Financial Times, lo scorso 24 marzo la Cina ha annunciato l'introduzione di nuove direttive volte a eliminare gradualmente l'utilizzo di microprocessori prodotti da colossi statunitensi come Intel e AMD dai computer e server governativi. Questa iniziativa si inserisce in un contesto più ampio di sostituzione di tecnologie straniere, inclusi il sistema operativo Windows di Microsoft e il software di database non nazionale, con soluzioni sviluppate internamente.

Le nuove linee guida di approvvigionamento richiedono che le agenzie governative, a partire dal livello di township, adottino criteri che privilegino processori e sistemi operativi considerati "sicuri e affidabili". A tal fine, il ministero dell'industria cinese ha pubblicato a dicembre tre elenchi distinti che includono CPU, sistemi operativi e database centralizzati, tutti prodotti da aziende cinesi e classificati come "sicuri e affidabili" per tre anni dalla data di pubblicazione.

Nonostante la mossa sia stata resa pubblica, né il Consiglio di Stato cinese, responsabile per la gestione delle richieste di informazioni, né le aziende statunitensi coinvolte, Intel e AMD, hanno fornito commenti immediati in merito alla questione.

Questa iniziativa si colloca nel quadro di una strategia più ampia di autonomia tecnologica, in risposta agli sforzi degli Stati Uniti di aumentare la produzione domestica di semiconduttori e ridurre la dipendenza tecnologica da Cina e Taiwan. Il CHIPS and Science Act del 2022, promosso dall'amministrazione Biden, mira infatti a potenziare il settore dei semiconduttori negli USA, offrendo sostegno finanziario e sussidi per la produzione di chip avanzati, nel tentativo di rafforzare la competitività nazionale nel settore tecnologico globale.