Questo microprocessore Arm usa la plastica al posto del silicio

PlasticArm è un prototipo di SoC estremamente flessibile, perché realizzato in plastica, che potrebbe aprire le porte a una nuova era.

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a cura di Sara Grigolin

Alcuni ricercatori, insieme ad Arm e PragmatIC, hanno sviluppato il primo vero microprocessore che utilizza la plastica, e non il silicio, come materiale di base. Il SoC ha il nome PlasticArm, è derivato dal Cortex-M0+ a 32bit, e consentirà una nuova era di processori realmente pieghevoli e flessibili, che sono anche più economici da produrre rispetto al silicio.

Il silicio è stato l'elemento base per la produzione di semiconduttori sin dagli albori dell'informatica, iniziata oltre 50 anni fa con l'introduzione della CPU 4004 di Intel. Racchiudeva all'epoca incredibilmente 2.300 transistor. L'ascesa al potere del silicio si basa su due caratteristiche fondamentali: innanzitutto, è il secondo elemento più comune sulla Terra (il che significa che è sia economico che facilmente disponibile); il secondo è la capacità di funzionare come conduttore di energia o isolante energetico, a seconda della sua implementazione.

Tuttavia, il silicio presenta alcune problematiche che stanno diventando sempre più limitanti per quanto riguarda i suoi possibili usi. Per prima cosa, è fragile e rigido, il che significa che non può essere facilmente integrato nella biologia reale: in natura raramente sono presenti delle linee rette, se ci pensate siamo tutti creati da un insieme di curve. Il secondo problema importante è che, sebbene possa essere economico da produrre, il costo non è abbastanza basso per poterlo usare in prodotti d'uso comune senza che il loro prezzo si alzi. Così entra in gioco lo sviluppo di PlasticArm, che mira a rendere la plastica un mezzo con cui è possibile costruire chip, aggirando entrambe queste limitazioni.

Va detto, questo non è un sostituto definitivo del silicio. I ricercatori sottolineano che il silicio presenta vantaggi in termini di prestazioni, densità ed efficienza energetica che non sono facilmente riproducibili con altri materiali. Invece, ci si aspetta che le due tecnologie si completino a vicenda in base al tipo di applicazione.

I ricercatori specificano che sarebbe possibile utilizzare la tecnologia sulle bottiglie (per bottiglie smart di latte o succhi che analizzano se il prodotto è ancora buono o meno); confezioni per alimenti; indumenti (immaginate un maglione che rileva in modo intelligente la temperatura corporea o esterna e aumenta lo spazio tra le fibre per un migliore raffreddamento); cerotti indossabili, bende e così via.

Altre possibili applicazioni includono i biomonitor: immaginate una pellicola di plastica sottile, in grado di elaborare dati, che viene posizionata su organi interni o tessuti per la diagnostica e ricevere notifiche di eventuali problemi appena questi si presentano. Oppure cerotti smart indossabili che possono visualizzare le informazioni direttamente sulla pelle, oppure altre opzioni per una diagnostica meno invasiva per il monitoraggio della fauna selvatica.

I ricercatori prevedono di riuscire a raggiungere in breve tempo i 100.000 gate, con dei consumi inferiori rispetto ad ora: il chip di prova consuma circa 21 milliwatt di energia, che è molto se rapportato alle sue prestazioni. Infatti la sua velocità massima è di 29KHz e integra 128 byte di RAM e 456 byte di memoria ROM in lettura.