Le conseguenze e la risposta di Intel

Dopo i processori 286, 386 e 486, perché Intel chiamò Pentium il successore del 486? Perché usarono un Pentium I per sommare 100 a 486 e 585,999983605 sarebbe stato un nome troppo lungo. Se non avete capito la battuta, ve la spieghiamo nelle prossime pagine.

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a cura di Tom's Hardware

Sotto pressioni costanti, Intel fu costretta a smettere di minimizzare il problema e riconoscere pubblicamente l'esistenza della falla ammettendo che ne erano affetti circa 2 milioni di processori. Tuttavia il difetto non riguardava solo i processori Pentium basati sul core P5, ma anche i successivi e più avanzati Pentium-S basati sul core P54C.

Questo fu un colpo durissimo perché i Pentium-S, presentati da pochissimo, apportavano significativi miglioramenti grazie al processo produttivo a 600nm: a un calo della tensione di alimentazione da 5V a 3,3V aveva fatto seguito un drastico calo dei consumi nell'ordine del 50%, mentre la frequenza di clock era aumentata fino a 75/90/100MHz.

andy groove portachiavi

Siccome piove sempre sul bagnato, nello stesso periodo iniziò a palesarsi anche un secondo insidioso difetto, quello conosciuto come "F00F bug". Anche in questo caso, il problema riguardava soltanto i primi Pentium ma anche le versioni successive come i Pentium MMX.

Insomma, nel 1994/1995 Intel sperimentò in prima persona la brutalità delle leggi di Murphy e, ancora di più, quella delle leggi del mercato. Sotto la spinta costante di IBM, Motorola e gli altri competitor, Intel visse uno dei momenti più difficili della propria storia tanto di rischiare seriamente il tracollo.

L'enorme eco che rischiò di affossare Intel fu in parte dovuta anche alla notorietà che aveva raggiunto. Nel 1991 l'azienda aveva avviato il programma di marketing "Intel Inside" su cui aveva investito miliardi,  una montagna di denaro che la rese non solo il più grande produttore di semiconduttori al mondo ma anche il marchio più conosciuto nell'informatica di consumo: come si suol dire, più è grande più rumore fa quando cade.

Per descrivere quel momento concitato della storia di Intel, Tom Waldrop, un veterano di lungo corso che lo visse di persona, in un'intervista disse:

"Quando si sono manifestati problemi con il processore Pentium, il nostro portabandiera, la nostra strategia commerciale (N.d.A.: Intel Inside) si è rivoltata contro di noi. [...] Eravamo diventati giganteschi agli occhi di chi comprava computer. Le vecchie regole del nostro mercato non si applicavano più. Il problema non era soltanto che non ci eravamo accorti che le regole erano cambiate ma, cosa ancora peggiore, che non sapevamo a quali regole attenerci".

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Tuttavia Intel era forte, finanziariamente solida e riuscì gestire quella situazione. Sotto la spinta dell'opinione pubblica, offrì la sostituzione gratuita di tutti i processori difettosi, uno scherzetto che la costrinse a segnare costi non ricorrenti per 475 milioni di dollari nel bilancio del 1994, cifra sicuramente destinata a crescere per via di costi indiretti o non identificabili.

Chiudo la parte seria di questa seconda puntata di RetroWare con le parole di Andy Grove, CEO dell'azienda in quegli anni:

"Le cattive aziende vengono distrutte dalle crisi. Le buone aziende sopravvivono alle crisi. Le grandi aziende le sfruttano per migliorare".