Spotify si lamenta di Apple, dice che limita la concorrenza

Apple chiede una percentuale sulle transazioni che passano dall'App Store e impone regole molto dure agli sviluppatori. Una politica che secondo gli avvocati di Spotify, e altri, è una minaccia diretta alla libera concorrenza.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Apple ha rifiutato l'ultimo aggiornamento di Spotify per iOS, e così facendo ha causato un "grave danno a Spotify e ai suoi clienti". La pesante accusa è scritta in una lettera scritta dagli avvocati di Spotify a quelli di Apple.

Il rifiuto della nuova app è stato giustificato con regole che riguardano "il modello di business". In particolare, Spotify ha rimosso la possibilità di pagare tramite iTunes, un dettaglio che Apple invece impone a tutte le app che offrono un abbonamento.

ApplevsSpotify

La politica di Apple prevede che per sottoscrivere un abbonamento sia necessario il sistema di pagamento integrato in iOS. Su tali transazioni Apple trattiene una percentuale (generalmente il 30%, a volte meno). Spotify per diversi anni è riuscita a compensare chiedendo una cifra più alta su iOS rispetto ad altre piattaforme.

Secondo le regole dell'App Store inoltre è proibito usare l'app iOS per promuovere cose da pagare esternamente. Per esempio, Spotify non può usare l'app per dire ai suoi utenti che ci sono 3 mesi di abbonamento a 99 centesimi se si paga tramite il sito web – ma l'offerta non è disponibile tramite App Store allo stesso prezzo.  

Ed è proprio quest'ultimo dettaglio ad aver fatto nascere il problema: Spotify ha tolto la promozione dalla sua app ma ha anche eliminato la possibilità di pagare tramite iTunes, nell'ultimo aggiornamento dell'App. E per questo Apple lo ha rifiutato.

spotify iphone

"Quest'ultimo episodio solleva serie preoccupazioni riguardo le leggi sulla concorrenza, tanto quelle USA quanto quelle europee", ha scritto Horacio Guetierrez, avvocato generale di Spotify. Secondo lui, anzi, Apple ha "la tendenza" a limitare la competitività su iOS, andando a ostacolare servizi e applicazioni che in qualche modo fanno concorrenza ai suoi. Con un curioso tempismo l'accusa di Spotify giunge a stretto giro di posta dalle dichiarazioni della senatrice USA Elizabeth Warren, secondo cui questo comportamento anticoncorrenziale accomuna Apple, Amazon e Google – che propongono condizioni praticamente identiche.

Sono accordi difficili per le società che vogliono sfruttare iOS per crescere: in un mercato dove i margini sono già risicati, rinunciare al 30% dell'incasso a volte non è semplicemente accettabile. Tant'è che Amazon ha deciso di non vendere ebook tramite la sua applicazione – mentre sui beni fisici non vengono invece applicate commissioni.

Non è facile tuttavia fare affermazioni definitive sul tema. Da una parte magari è vero che Apple sta facendo pressioni per favorire il proprio servizio Apple Music, ma dall'altra lo è anche il fatto che iOS e l'Apple Store le appartengono – perché non dovrebbe usare i suoi prodotti per fare quello che le pare? E sarà anche difficile tirare in ballo le leggi antitrust, considerata la diffusione di iOS.

La stessa cosa si può affermare per Google e il Play Store, con la notevole differenza che in alcune aree del mondo le quote di mercato di Android potrebbero giustificare un intervento antitrust.