Ubuntu riduce vistosamente gli aggiornamenti

Canonical sta considerando l'idea di aggiornare Ubuntu ogni due anni invece che ogni sei mesi, e di pubblicare solo versioni LTS. Tra un'uscita e l'altra sarebbero pubblicati aggiornamenti minori.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Ubuntu potrebbe abbandonare la pubblicazione di una nuova versione ogni sei mesi, in favore di un aggiornamento più rilevante ogni due anni, intervallato da aggiornamenti più piccoli. L'ultima versione a seguire l'attuale modello potrebbe essere la 14.04, la versione LTS che uscirà nell'aprile del 2014. Se Canonical procederà con questa variazione, quindi, ogni versione di Ubuntu potrebbe essere una LTS, cioè una con il supporto garantito per cinque anni.

Canonical sta considerando tale cambiamento perché in questo modo potrebbe offrire stabilità e novità rilevanti con ogni nuova uscita di Ubuntu, mentre non mancherebbero gli aggiornamenti tra una versione e l'altra del sistema operativo.

L'aggiornamento semestrale, inoltre, finora ha provocato qualche difficoltà agli sviluppatori, per esempio nello scegliere la versione del kernel Linux da usare. Per la 13.04 per esempio è stata scelta la versione 3.8, rinunciando ai possibili miglioramenti della 3.9. Con un ritmo di pubblicazione biennale ci si potrebbe permettere di aspettare un po' senza creare grossi disagi, invece.

L'azienda che realizza Ubuntu deve, naturalmente, fare i conti anche con gli utenti, e assicurarsi che siano soddisfatti da un possibile ciclo di aggiornamento biennale. Questo tema è stato affrontato da Leann Ogasawara di Canonical, che ha parlato con gli utenti tramite un hangout di Google+, visibile ora su YouTube.

Canonical quindi sta ancora valutando le possibili conseguenze di questo passaggio, ma tutto sembra indicare che si farà. E se la reazione degli attuali utenti Ubuntu è un'incognita, ci sembra probabile che gli aggiornamenti biennali potrebbero essere un ulteriore strumento per richiamare nuovi utenti, desiderosi di migrare da Windows e OS X.

Questo aspetto è in effetti forse il più cruciale. Esiste infatti un potenziale "nuovo" pubblico per Ubuntu e per le distribuzioni Linux in generale, cioè quello di chi è legato a Windows solo per i videogiochi. L'esistenza di Steam per Linux, e il prevedibile aumento dei titoli disponibili, potrebbe quindi tradursi in un maggior numero di utenti Ubuntu - che forse non sono disposti a un aggiornamento principale del sistema operativo ogni sei mesi.