UE: niente copyright per i linguaggi di programmazione

Con una sentenza storica la Corte Europea di giustizia ha deciso che i linguaggi di programmazione, le API e le istruzioni dei software per PC non possono essere coperti da copyright perché si penalizzerebbero il progresso tecnologico e lo sviluppo industriale.

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a cura di Elena Re Garbagnati

La Corte Europea di giustizia ha decretato che le API (Application Programming Interface) e il linguaggio di programmazione dei software non possono essere coperti da copyright. Chiunque ha diritto di esaminare il software e di clonare le sue funzionalità e l'autore del codice, sia esso una persona fisica o un'azienda, non può ostacolare questo diritto degli altri utenti imponendo un contratto di licenza.

Sentenza storica della Corte Europea: le API non sono protette da copyright

Tutto è cominciato quando SAS ha citato in giudizio la World Programming per avere violato i termini d'uso della licenza del suo software creando un clone in grado di eseguire gli script di SAS senza bisogno di modifiche. I programmatori dell'azienda denunciata avevano comprato il manuale del programma, studiato il funzionamento del software e compilato un software che svolgeva le stesse funzioni di quello SAS senza bisogno di manipolare il codice sorgente di SAS o di attingervi.

Secondo SAS tanto bastava per giustificare una condanna per clonazione software. L'alta corte ha invece respinto le argomentazioni dell'accusa e ha deliberato che il codice nella sua interezza può essere coperto da copyright, ma le caratteristiche funzionali quali i formati di dati, le istruzioni e i nomi delle funzioni non possono essere oggetto della stessa tutela.

Nella sentenza si legge che "accettare il fatto che la funzionalità di un programma per computer possa essere protetta dal diritto d'autore equivale a rendere possibile la monopolizzazione delle idee, a scapito del progresso tecnologico e dello sviluppo industriale". In definitiva, "l'acquirente di una licenza software ha il diritto di osservare, studiare e sperimentare il funzionamento di quel software, al fine di apprendere le idee e i principi alla base di qualsiasi elemento del programma. Le disposizioni contrattuali contrarie a tale diritto sono nulle".

Tutti possono stiduare il codice di un programma e realizzarne uno che svolga le stesse funzioni

Questa sentenza, seppure storica, avrebbe potuto passare in sordina se non fosse capitata nel momento cruciale del processo Oracle contro Google in corso negli Stati Uniti, dove BigG si deve difendere dall'accusa di violazione di copyright per avere usato la Java Dalvik per creare Android, senza pagare i diritti a Oracle. Casualmente l'impianto accusatorio di Oracle si basa proprio sulla capacità dei suoi avvocati di far riconoscere alla giuria che il codice Java ha diritto alla tutela del copyright in quanto opera creativa d'intelletto.

I tribunali statunitensi sembrano propensi a riconoscere il diritto d'autore per le API, ma dopo la sentenza della corte europea (che ovviamente non ha corso oltreoceano) potrebbero meditare più approfonditamente e consegnare a Google una vittoria storica, anche se è dimostrato che l'azienda di Mountain View e Android potrebbero anche vivere senza Java.