Un gruppo di ricerca giapponese ha sviluppato un approccio radicalmente innovativo che potrebbe rivoluzionare il trattamento dei pazienti con sistema immunitario compromesso. Il team guidato dal professor Eijiro Miyako della Japan Advanced Institute of Science and Technology (JAIST), in collaborazione con Daiichi Sankyo Co. e l'Università di Tsukuba, ha messo a punto una terapia batterica completamente indipendente dalla risposta immunitaria dell'organismo, pubblicando i risultati su Nature Biomedical Engineering. La scoperta rappresenta un punto di svolta in un campo di ricerca che affonda le radici nell'Ottocento e che oggi trova finalmente un'applicazione concreta per superare le limitazioni delle immunoterapie moderne.
Le attuali strategie immunoterapiche contro il cancro, dagli inibitori dei checkpoint immunitari alle terapie CAR-T, hanno trasformato la prognosi di numerose neoplasie, ma condividono tutte una vulnerabilità fondamentale: richiedono un sistema immunitario funzionante. Pazienti sottoposti a chemioterapia o radioterapia, trattamenti che inevitabilmente indeboliscono le difese dell'organismo, si trovano spesso impossibilitati a beneficiare di queste terapie avanzate. La nuova strategia terapeutica denominata AUN aggira completamente questo ostacolo attraverso un'alleanza microbica accuratamente bilanciata.
Il consorzio batterico AUN si compone di due specie microbiche naturali: Proteus mirabilis (denominato A-gyo), un batterio che colonizza spontaneamente i tessuti tumorali, e Rhodopseudomonas palustris (UN-gyo), un batterio fotosintetico. La denominazione stessa del sistema terapeutico richiama il concetto filosofico giapponese di "AUN", che simboleggia l'armonia tra elementi opposti. Questa scelta non è puramente poetica: riflette l'interazione sinergica tra i due microrganismi, dove UN-gyo funge da regolatore dell'attività potenzialmente dannosa di A-gyo, aumentando contemporaneamente la precisione nell'eliminazione delle cellule cancerose.
La metodologia d'azione del sistema AUN si articola in diverse fasi coordinate. Inizialmente, il consorzio batterico viene inoculato con un rapporto di circa 3:97 tra A-gyo e UN-gyo. Una volta raggiunto il microambiente tumorale, questa proporzione subisce un'inversione drammatica, raggiungendo un rapporto finale di circa 99:1 a favore di A-gyo. Questa trasformazione è innescata da metaboliti specifici prodotti dal tumore stesso, che provocano un fenomeno chiamato filamentazione in P. mirabilis, potenziandone significativamente la capacità citotossica.
Particolarmente rilevante dal punto di vista clinico è la capacità del sistema AUN di sopprimere la sindrome da rilascio di citochine (CRS), una reazione immunitaria potenzialmente letale che rappresenta uno degli effetti collaterali più temuti delle immunoterapie moderne. I risultati sperimentali indicano che la terapia batterica mantiene un'eccellente compatibilità con l'organismo umano, con un profilo di sicurezza superiore rispetto a molti trattamenti convenzionali.
La storia della terapia batterica del cancro vanta una tradizione sorprendentemente lunga. Il primo caso documentato risale al 1868, quando il medico tedesco Busch osservò la remissione spontanea di un paziente oncologico in seguito a un'infezione batterica accidentale. Nel 1893, il dottor William Coley sviluppò deliberatamente trattamenti basati su batteri, gettando le basi concettuali per le moderne immunoterapie. Tuttavia, per oltre centocinquant'anni, questo approccio è rimasto limitato dalla dipendenza dal sistema immunitario del paziente.
Il meccanismo d'azione del consorzio AUN include l'eliminazione mirata dei vasi sanguigni tumorali e delle cellule cancerose stesse, senza richiedere l'intervento delle cellule immunitarie dell'ospite. Questa indipendenza funzionale rappresenta il vero salto paradigmatico della ricerca. Come ha spiegato il professor Miyako: "Stiamo preparando il lancio di una startup per far avanzare questa tecnologia e speriamo di avviare trial clinici entro sei anni. Un nuovo capitolo nella terapia batterica del cancro, perseguita per oltre 150 anni, sta finalmente iniziando".
Le implicazioni cliniche di questa scoperta sono particolarmente significative per categorie di pazienti attualmente privi di opzioni terapeutiche efficaci. Pazienti anziani con immunità compromessa, individui sottoposti a trattamenti mielosoppressivi intensivi, e coloro che non rispondono alle immunoterapie convenzionali potrebbero finalmente accedere a un'alternativa terapeutica concreta. La strada verso l'applicazione clinica richiederà ancora diversi anni di sperimentazione per definire protocolli di dosaggio, identificare i tipi tumorali più responsivi e caratterizzare completamente il profilo di sicurezza a lungo termine, ma la dimostrazione di principio è ormai solidamente stabilita.