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Come Silent Hill 2 ha rivoluzionato la narrazione horror

Silent Hill sta per tornare, per davvero. Facciamo però un salto indietro, e ripercorriamo la grande rivoluzione che fu il secondo capitolo.

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Avatar di Michele Pintaudi

a cura di Michele Pintaudi

Editor

Pubblicato il 29/12/2022 alle 12:00
"In my restless dreams, I see that town. Silent Hill. You promised me you'd take me there again someday. But you never did. Well, I'm alone there now.”

Il 2022 è stato un anno davvero molto, molto importante per tutta l’industria dei videogiochi. Tra grandi arrivi e novità capaci di portare tante piccole rivoluzioni in un mercato in costante evoluzione, non sono mancati annunci in grado di colpire ed emozionare migliaia di giocatori in tutto il mondo. Dopo tanti anni di attesa, è finalmente arrivata la notizia che tutti aspettavano: Silent Hill sta per tornare, questa volta per davvero.

È dal marzo 2012, del resto, che non facciamo ritorno in quella città che tante emozioni ha regalato soprattutto agli appassionati di vecchia data. Se con P.T. avevamo sperato di poter rivivere quelle sensazioni irripetibili, la cancellazione del progetto sembrava aver segnato la morte definitiva di un franchise leggendario, ma che ormai non aveva più molto da dire… Fino a poco fa.

Tra i tanti annunci dello scorso ottobre, troviamo anche ciò che tutti i fan hanno desiderato per anni e anni: il remake di Silent Hill 2, forse il titolo più importante dell’intera saga. Quel che vogliamo fare oggi è molto semplice, e parte da un salto indietro fino nel bel mezzo degli anni Novanta. Da lì andremo ad analizzare come e quanto Silent Hill 2 abbia, a tutti gli effetti, rivoluzionato la narrazione horror.

Raccontare l’orrore, in modo del tutto nuovo.

Era il 1992 quando il mondo conobbe il primo capitolo di Alone in the Dark, una saga purtroppo scomparsa dai radar ma che ebbe il merito di dare il via a quel filone così straordinariamente ricco di sfaccettature qual è il survival horror. A parer di molti il genere nacque addirittura dieci anni prima con 3D Monster Maze, che in effetti definiva uno schema che farà da base a questo tipo di esperienze: il giocatore si trova a doversi affidare solo ed esclusivamente a sé stesso per fuggire e sopravvivere ai pericoli più disparati.

Alone in the Dark portò il tutto a un livello ancora superiore, riuscendo a coinvolgere il giocatore tramite… Una ricostruzione sempre più fedele del vero, puro terrore. La possibilità di compiere azioni che andavano oltre la semplice fuga, potendo contare su armi ed escamotage di vario genere per salvarsi la pelle, rappresentò la vera chiave di volta: il genere survival horror aveva, insomma, tutto il potenziale per eguagliare le pellicole che da decenni emozionavano gli spettatori di tutto il mondo.

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Nel 1996, poi, un’altra svolta. Capcom pubblica Resident Evil, e il mondo dei videogiochi non sarà mai più lo stesso. Stiamo parlando di un franchise che, nonostante gli alti e bassi che ha certamente attraversato negli anni, è riuscito a entrare nell’immaginario collettivo e a imprimere un segno indelebile nella cultura popolare. E non solo nell’industria del gaming.

L’avventura di Chris e Jill fu un crocevia fondamentale nel continuo processo di evoluzione del survival horror, che portò gli addetti ai lavori a cercare di spingere il tutto ancora oltre: al netto dei grossi passi in avanti, cosa si poteva fare di più? Nel gennaio 1999 arrivò sul mercato il primo capitolo di Silent Hill, che a onor del vero ricalcava molte delle caratteristiche che avevano reso Resident Evil un prodotto pressoché unico nel suo genere. Qualcosa di diverso però c’era: il pubblico si trovò infatti per le mani un’opera con un’atmosfera mai vista prima.

Qualcosa di sensazionale nato, peraltro, quasi completamente per caso. Sapevate che la celebre nebbia che avvolge la cittadina nasce in realtà da una necessità prettamente tecnica? Al fine di non esasperare l’hardware della prima PlayStation, gli sviluppatori di Konami decisero di introdurla all’interno degli ambienti di gioco per renderli più semplici da processare. Il risultato finale è un elemento che va ad arricchire quell’atmosfera a cui abbiamo appena fatto riferimento, che unita a una colonna sonora di primissimo livello (merito del maestro Akira Yamaoka, ma su questo torneremo più tardi) portava al pubblico un’esperienza nuova sotto moltissimi punti di vista.

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Il vero cambiamento radicale arriva però con il nuovo millennio: il team al lavoro sulla saga decide di alzare ulteriormente l’asticella, potendo peraltro contare sulla ben più potente PlayStation 2 per un comparto tecnico ancor più raffinato. È il 2001, un’annata che vede capolavori come il primo Devil May Cry, Metal Gear Solid 2 e GTA 3. Il mondo dei videogiochi stava però per essere sconvolto da un’altra, nuova rivoluzione: Silent Hill 2.

Il ritorno nella nebbiosa e oscura cittadina avviene però in maniera del tutto inaspettata, a partire da un concept di base che va a sconvolgere e non di poco quella che era stata l’opera precedente.

Vestiremo qui i panni di James Sunderland, giunto a Silent Hill dopo aver ricevuto una lettera inspiegabile dalla moglie Mary Shepherd. Una lettera che lo invita a recarsi nel luogo dove anni prima hanno costruito tanti bei ricordi insieme e in cui Mary, defunta tre anni prima, afferma di trovarsi. Tutto comincia dunque da un primo grande mistero, in un viaggio che cambierà per sempre il modo di raccontare l’orrore nel mondo dei videogiochi.

Silent Hill 2: un ritorno necessario?

Scoprendo poco alla volta la Silent Hill del secondo capitolo, il nostro protagonista farà la conoscenza di alcuni personaggi davvero singolari. Centrale sarà il ruolo di Maria, una sorta di doppelganger della moglie di James: la donna appare infatti con un carattere totalmente opposto rispetto a Mary, e verso la fine dell’avventura saremo in grado di scoprire e comprendere la natura di questo personaggio.

Si tratta in sostanza di un riflesso insito nella psiche dello stesso James, che ha in cuor suo sempre desiderato di avere al proprio fianco una persona di questo genere. Un’aspirazione, la sua, che l’ha portato a compiere un gesto estremo quale l’assassinio della propria anima gemella: l’orrore narrato in questo gioco, insomma, va percepito da un punto di vista molto psicologico.

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Silent Hill 2 ci porta a scavare in profondità nella mente del protagonista, indagando sulle mille sfaccettature della complessa mente umana. Il tentativo di superare un lutto, cercando di nascondere quella che è l’origine di un dolore di questo tipo: tutte tematiche non semplici da narrare e spiegare nel modo corretto, ma l’opera firmata Konami lo riesce a fare più che egregiamente.

La città stessa diventa a tutti gli effetti uno strumento di narrazione, riuscendo a trasmettere un senso di angoscia grazie a un livello di dettaglio per i tempi davvero impressionante. La già citata nebbia, unita a una geografia progettata apposta per creare ambienti cupi e claustrofobici, accompagna James in un loop mentale labirintico e senza precedenti. Le location riescono, in modo quanto mai singolare, a comunicare questo senso di ansia addirittura a livello mentale.

Altro elemento che crea l’atmosfera perfetta è la già citata colonna sonora, con cui Akira Yamaoka ha creato qualcosa di più di un semplice accompagnamento musicale. Vedere ogni azione scandita dalla nota giusta al momento giusto è ciò che rende Silent Hill 2 un’esperienza unica, dove anche il comparto audio è funzionale alla narrazione. Sotto ogni singolo punto di vista. Del ruolo della musica all’interno dei videogiochi abbiamo già parlato a più riprese, e ci sono titoli che proprio grazie a essa riescono a comunicare sensazioni ben precise: in questo caso paura, timore, ansia ma a tratti addirittura un’apparente calma prima della tempesta.

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Un’operazione di restauro di un’opera simile dovrà per forza di cose essere curata con molta, molta attenzione. Stiamo parlando di un capolavoro che potrà così essere (ri)scoperto dalle nuove generazioni di giocatori, riuscendo allo stesso tempo a strappare un sorriso e qualche emozione in più ai fan di vecchia data. In un mondo perfetto, Konami andrebbe a ripercorrere quanto fatto da Capcom con Resident Evil: un lento ma costante processo di rinnovamento di una saga che, a conti fatti, ha ancora molto da dire.

Solo il tempo ci dirà se assisteremo, con questo remake, a una nuova rivoluzione nel mondo dei survival horror. Esattamente come, ormai più di due decenni fa, l’originale è riuscito a lasciare un segno indelebile e senza precedenti. La parola passa ora a voi: raccontateci la vostra personale esperienza con Silent Hill 2 e, soprattutto, diteci la vostra su come questo grande ritorno possa davvero (oppure no) far rinascere un franchise che ne ha assolutamente bisogno.

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