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Dolmen, un souls-like nello spazio | Recensione

Ci siamo immersi negli oscuri meandri di Dolmen, souls-like a tema spaziale dalle tinte horror in arrivo il 20 maggio 2022.

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Avatar di Giacomo Todeschini

a cura di Giacomo Todeschini

Editor

Pubblicato il 19/05/2022 alle 17:00 - Aggiornato il 20/10/2023 alle 00:01
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  • Pro
    • L'atmosfera non è male
    • Qualche buon spunto narrativo
  • Contro
    • Tante e diffuse imperfezioni
    • Tecnicamente non è un granché
    • UX/UI completamente da rivedere

Il verdetto di Tom's Hardware

5
Dolmen è un souls-like che non lascia il segno e inciampa in tutta una serie di problematiche che lo rendono un’esperienza riuscita solo a metà. Un’atmosfera tutto sommato ben ricreata e una sinossi carina non riescono infatti a portare la prima grande opera di Massive Work Studios alla sufficienza, lasciandola adatta solamente a chi non ne ha mai abbastanza di questa particolare deriva di action-rpg.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Dolmen - PC

Dolmen - PC

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Dopo una lunga attesa, con la campagna Kickstarter del titolo che risale all’estate del 2018, è finalmente arrivata anche l’ora di Dolmen, intrigante souls-like ambientato in uno spazio colmo di orrore. Il titolo di Massive Work Studios sbarca infatti finalmente su PC, Xbox e PlayStation domani, 20 maggio 2022, proponendosi come un particolare ibrido tra le dinamiche rese celebri dalle opere di From Software e delle atmosfere alla Dead Space. Un connubio sulla carta intrigante, su cui siamo riusciti nell’ultima settimana a mettere le mani sopra.

Abbiamo recensito il gioco con il seguente PC:
  • GPU: Zotac RTX 3070 Twin Edge OC
  • MOBO: Asus ROG STRIX Z370-F
  • RAM: G.Skill Trident Z RGB 16GB DDR4 3200MHz
  • CPU: Intel i5 8600k 3.6 GHZ
  • SSD: Sabrent SSD 2TB Rocket NVMe PCIe M.2 2280
  • Tastiera: ASUS ROG STRIX Scope TKL Deluxe Cherry MX Red
  • Mouse: Razer DeathAdder V2 Mini
  • Cuffie: Logitech G930
  • Monitor: Samsung C27HG 70 Quad HD 144Hz HDR

Una minaccia interdimensionale

La storia alla base dell’ultima fatica di Massive Work Studios e Prime Matter è tanto classica quanto funzionale per dare il via a situazioni colme di mistero e irte di pericoli. In un futuro non meglio precisato, varie corporazioni private si sfidano nella colonizzazione dell’universo, in un turbinio di innovazioni militari e tecnologiche. In una di queste missioni, che ha come obiettivo la raccolta dei potenti cristalli di Dolmen nel pianeta di Revion Prime, le cose non vanno purtroppo come previsto e oscure minacce provenienti da un’altra dimensione mandano tutto all’aria, eliminando le risorse a disposizione dall’umanità. La nostra missione è quella di investigare sul tutto e, ovviamente, recuperare ogni più piccolo frammento del preziosissimo Dolmen.

dolmen-230138.jpg

Un setting quindi non certo sensazionale o particolarmente sconvolgente, ma che riesce degnamente ad accompagnare il giocatore. Una storia di imperi e artefatti in grado di aprire portali su altre dimensioni, in cui ci troveremo parte attiva ad affrontare numerose minacce.

Un souls-like nello spazio

Quando si scende sul gameplay Dolmen è un souls-like oltremodo classico, che prende a piene mani dagli stilemi che hanno reso immortale il genere in questa decina abbondante di anni. A differenza di altri esponenti, come ad esempio il più che buono The Surge, l’opera di Massive Work Studios gran poco fa però per differenziarsi dalla massa, proponendo il classico sistema fatto di affondi e schivate, nemici particolarmente ostici e boss da riprovare più e più volte. Qualche piccola variante al sistema la prova a portare in realtà una meccanica che cerca di declinare i danni elementali tramite delle sorta di reattori, ma anche in tal caso non si tratta di nulla di dirompente o implementato in maniera innovativa. Più interessante è invece la scelta di demandare la cura del personaggio all’utilizzo di una terza barra, oltre a quella di salute e stamina, che può essere ricaricata tramite batterie e utilizzata, oltre che per ripristinare vita, anche per potenziare temporaneamente il proprio alter ego digitale.

dolmen-230135.jpg

In realtà, come abbiamo ampiamente visto in questi anni, non serve assolutamente sconvolgere i capisaldi di un genere rodato come i souls-like per riuscire a coinvolgere il pubblico. Molti, il sottoscritto compreso, non disdegnano infatti assolutamente una mera riproposizione senza guizzi particolari delle dinamiche di questa branchia di action-RPG, come può ad esempio essere il discreto Lords of the Fallen. Il problema è che Dolmen non solo non stupisce in quanto a innovazione e feature particolari, ma mostra anche più di un fianco sotto gli altri aspetti di gioco, offrendo un’esperienza complessivamente sotto le aspettative.

Il confine tra una sfida impegnativa ma divertente e la frustrazione per non avere nelle proprie mani il completo controllo delle sorti del proprio personaggio è nei souls-like, si sa, parecchio labile ma è anche il caposaldo su cui si fonda l’intero gameplay. Purtroppo Dolmen è a oggi colmo di situazioni mal studiate, boss con attacchi dalla lettura difficile per i motivi sbagliati, hitbox imperfette e tutta quella serie di caratteristiche che si spera di non trovarsi mai davanti soprattutto in un’opera del genere. Certo, ci è stato promesso un maggior bilanciamento con la classica patch del day one, ma dubitiamo essa possa andare a risolvere il tutto, soprattutto considerando come molte di queste defaillance siano insite nel profondo di Dolmen e non mere parametrizzazioni errate di danni o quant’altro.

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Anche i checkpoint, ossia delle sorta di terminali che fanno da teletrasporto e che altro non sono che i classici falò di From softweriana memoria, sono disposti con poca cura e spesso nascosti in qualche anfratto, come a non volerli mostrare al giocatore. Non è raro trovarsi poi tali terminali a diversi minuti dallo scontro con un boss, con ogni morte che obbliga i giocatori a passare interi minuti in lunghi e vuoti corridoi prima di ritentare la fortuna contro l’amenità di turno e venire magari anche annichiliti in un unico colpo in modo totalmente imprevedibile. Anche la prima accennata meccanica per ripristinare la salute lascia purtroppo a desiderare, visto che l’utilizzo delle batterie non è istantaneo, o quasi, come una fiaschetta di estus, ma richiede diversi secondi in cui saremo completamente in balia dell’avversario.

Lasciando da parte queste numerose limature, il sistema di combattimento di Dolmen scorre senza particolari intoppi tra parry e schivate, colpi pesanti e leggeri. Da non dimenticare sono poi le armi da fuoco, utili soprattutto per attirare uno alla volta i nemici di una zona, ma che usano l’energia necessaria per curarsi. Anche in tal caso, insomma, un trade-off tra potenza di fuoco e possibilità di riprendere salute.

Dolmen: tra level design e aspetto tecnico

Abbastanza soddisfacente, invece, il level design che prova ogni tanto a proporre qualche spunto non male, non riuscendo però mai a risollevare completamente la situazione a causa di mappe spesso fin troppo anguste e poco ampie. La presenza di corridoi e piattaforme tra di loro collegati rende comunque il tutto piacevole, sebbene la netta divisione tra le diverse zone nel gioco, con tanto di caricamento tra una e l’altra, ponga dei notevoli paletti allo sviluppo sotto tale aspetto.

Artisticamente parlando Dolmen prende a piene mani da opere fantascientifiche a tema horror, con i richiami a Dead Space che sono differenti. Corridoi colmi di corpi, inquietanti suoni dalle parenti e, soprattutto, l’ormai iconica barra sul retro della tuta sono infatti ad esempio solo alcuni degli anelli di congiunzione tra l’opera di Massive Work Studios e la saga di Electronic Arts.

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Sul lato tecnico, invece, i limiti sono parecchio evidenti, con l’impatto sul piano visivo che non colpisce e risulta anzi spesso e volentieri fin troppo spoglio. Capiamo non si tratti certo di una produzione AAA, ma colpi d’occhio come quello qui sopra, catturato su PC con tutti i dettagli al massimo effetti RTX esclusi, fanno tornare indietro di ben più di un lustro. Rivedibili sono poi assolutamente anche le animazioni, che oltre a risultare legnose alla vista, rendono di difficile comprensione molti attacchi avversari, che finiscono per assomigliare più a scatti che a sinuosi assalti, complicando artificiosamente la vita del giocatore.

Completa il tutto un UX/UI da ripensare sotto ogni aspetto, spoglia di informazioni ma al contempo anche incapace di trasmetterle in modo veloce all’utente. I menu per l’equipaggiamento o la creazione di nuove armi o pezzi d’armatura sono in particolare sotto tale punto di vista l’apoteosi dell’anti-intuitività.

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