Hack PS3, Geohot dovrà consegnare il proprio PC

È passato l'ordine restrittivo temporaneo contro Geohot e gli altri hacker coinvolti nell'affair PS3. Non potranno fare qualsiasi cosa violi la sicurezza di PS3 o che possa diffondere l'hack. Gli hacker dovranno consegnare i PC alla Corte.

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a cura di Manolo De Agostini

Sony, grazie alla corte di San Francisco, ha ottenuto l'ordine restrittivo temporaneo contro George Hotz - in arte Geohot - e i componenti del team fail0verflow dopo che il procedimento era stata rimandato per problemi di giurisdizione (Hack PS3: Geohot salvo, per ora. Sony, nuove grane).

Secono la decisione, gli hacker non possono più "offrire al pubblico, creare, pubblicare online, vendere, pubblicizzare, promuovere, installare, distribuire, fornire qualsiasi informazione o software che superi il sistema di sicurezza di PS3".

Non possono inoltre pubblicare link da nessun sito web o su un altro sito web e impegnarsi in atti che "superino il Trusted Platform Module nel sistema PS3 per accedere ottenere, rimuovere o distribuire lavoro coperto da copyright". Geohot e compagni non possono più accedere in modo non autorizzato alla PS3 o al PSN in modo da "ottenere o trasmettere alcun programma, codice, informazione o comando".

Hanno imbavagliato Geohot

La corte ha dato inoltre 10 giorni di tempo a Hotz e agli altri per consegnare "computer, CD, DVD, chiavette USB e altri dispositivi di archiviazione" nei quali sono presente il codice e gli strumenti che hanno consentito di superare la sicurezza di PS3.

Il caso tra Sony e gli hacker va avanti dall'inizio dell'anno, quando il team failOverflow e Geohot hanno dichiarato di aver beffato le difese della console entrando in possesso delle chiavi root che consentono di far girare codice non autorizzato da Sony come se fosse legittimo.

L'obiettivo conclamato degli hacker era quello di ripristinare la funzione "altri sistemi operativi", che consentiva di installare distribuzioni Linux. La funzione, presente sulla prima versione di PS3, è stata rimossa con un firmware. Come effetto collaterale l'hacking consente anche l'installazione di software homebrew, firmware modificati (PS3, ecco il primo firmware modificato. È tutto vero) e, ultima ma più importante, far girare sulla PS3 videogiochi pirata (PS3 avvia un gioco pirata, gli hacker sfidano Sony).

Sony, dopo aver dichiarato di essere al lavoro per risolvere il problema (Hack PS3, Sony risponde agli hacker: vi fermeremo), ha rilasciato il firmware di sicurezza 3.56, aggirato però in poche ore (PS3: firmware 3.56 contro l'hack. Sony già beffata). Nel frattempo la casa nipponica ha portato avanti procedimenti legali contro i responsabili dell'hacking: dapprima la richiesta dell'ordine restrittivo, adesso ottenuto, e in secondo luogo con una causa vera e propria (Hack PS3, basta schermaglie: la causa è ufficiale).

Al centro del dibattito rientra anche il tema del "jailbreak", in altre parole lo sblocco via software. Negli Stati Uniti è legale e secondo gli hacker quanto fatto con la PS3 è assimilabile al jailbreak dell'iPhone (Jailbreaking dell'iPhone non solo legale ma benefico). D'altronde non ci sono modchip in gioco come avveniva per esempio con la PS2.

Sony, ottenendo l'ordine restrittivo, può pensare di aver vinto una battaglia, ma i fatti parlano diversamente: il codice per l'hack è ormai diffuso su Internet e bloccare Geohot e gli altri hacker non impedirà ad altri di continuare il lavoro. L'unica soluzione sicura è quella di trovare una controffensiva all'hack, semmai ce ne fosse una. Nei giorni scorsi si è parlato di usare codici seriali, una soluzione che se fosse attuata riteniamo possa diventare fastidiosa per chi acquista giochi e controproducente per il successo della stessa console (PS3, Sony sconfiggerà l'hack con codici seriali?).