Industria dei videogiochi in Italia, il governo è sordo

L'industria dei videogiochi in Italia chiede al governo investimenti e sostegno. Finora il governo non è sembrato ricettivo: la politica non ha mai visto di buon grado i videogiochi, ma proprio oggi, con la crisi, sarebbe tempo di cambiare marcia.

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a cura di Manolo De Agostini

Mancanza di fondi e ignoranza del governo potrebbero uccidere l'industria italiana dei videogiochi, che oggi si trova in un punto critico: rinascere o morire. È questo in sintesi il grido di allarme lanciato all'Italian Videogame Developers Conference.

"Siamo in tempo di crisi e il governo e le autorità mantengono la loro spesa su altre industrie culturali come il cinema e la musica", ha dichiarato Marco Accordi Rickards, direttore e presidente di IVDC. "Abbiamo bisogno di cambiare questo stato di cose, di attrarre investimenti dagli Stati Uniti e dalle istituzioni finanziarie italiane".

Secondo Giovanni Caturano, amministratore delegato di Spin Vector (che si definisce una giovane azienda italiana che crea tecnologie innovative e d'intrattenimento al confine tra materiale e virtuale), i problemi da affrontare sono enormi, ma è proprio nel momento di crisi che può esserci l'opportunità di ripartire.

"La cosa strana del governo e dei politici italiani è la loro totale ignoranza nei confronti della materia. In passato pensavano che i videogiochi fossero un intrattenimento di bassa qualità, la stessa cosa del gioco d'azzardo e delle slot machine. Erano molto confusi, giudicavano i videogiochi molto male, vedendoli quasi come una cosa illegale. La sola parola videogioco era un problema", ha dichiarato Accordi Rickards.

Aziende come Milestone fanno titoli giocati in tutto il mondo

Il problema non è tuttavia solo di governo, ma anche di come ci si propone. L'industria non è omogenea, ci sono troppe associazioni in conflitto tra loro che si danno battaglia. "Ci sono tre differenti associazioni. Una è l'AIOMI (Associazione Italiana Opere Multimediali Interattive) che non contempla solo sviluppatori ed editori, ma si occupa di cultura del gioco e industria. Poi c'è l'IVD per gli sviluppatori e l'AESVI, due associazioni che rappresentano differenti interessi. A volte dovrebbero lavorare insieme e altre su cose differenti. Il problema è che l'AESVI non la pensa così. Non vogliono che gli sviluppatori facciano parte di un'associazione. L'AESVI vuole essere un'associazione unica e per questo non ci riconoscono", ha dichiarato Raoul Carbone, vicepresidente e cofondatore di AIOMI.

L'industria del videogioco in Italia comunque è in crescita e forse, se ci fosse maggiore appoggio, si potrebbe innescare un "rinascimento videoludico italiano" che potrebbe creare di riflesso anche posti di lavoro. "L'industria in Italia sta crescendo e vogliamo farlo ancora di più, e far sapere al mondo che abbiamo una nostra realtà", ha dichiarato Irvin Zonca a capo della software house Milestone. "La crescita sta accelerando perché i giochi hanno raggiunto i supermercati e il casual gaming ha avvicinato più italiani ai giochi. Seguendo il pubblico anche i media più diffusi stanno iniziando a notare i videogiochi. Iniziamo a vederli in TV e sui giornali, cosa che non avveniva in passato".