L’anniversario di PlayStation 5: è lei la console più desiderata di sempre?

PlayStation 5 spegne le candeline del suo primo anno di attività e Sony ha quel che voleva: la console è la più desiderabile del settore.

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a cura di Ecleto Mucciacciuoli

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PlayStation 5 ha spento la sua prima candelina dalla prima recensione, lasciandosi alle spalle un anno travagliato per l’intera industria. La pandemia corrente ha ridotto all’osso molte delle tempistiche interne di lavoro, obbligando decine di progetti a slittare di mesi. Il videogioco è tornato, per ironia della sorte, nelle vite di tante persone, e non solo in quelle dei fruitori abituali, nel periodo peggiore. In questo delirante susseguirsi di vicissitudini, il medium è diventato quel collante psicologico che ci ha tenuti più uniti, in un momento di lacerante divisione. In questo miasma di preoccupazione e ansia per il futuro, avviene il lancio della nuova console di casa Sony, ma non ci si aspettava - o forse sì - che sarebbe diventata una case history di tale portata.

Occorre però mettere indietro le lancette di qualche mese. Siamo nell’estate prima del lancio e le prevendite della piattaforma arrivano alle stelle. Si iniziò ad annusare nell’aria un possibile sold out e, complice le mole di richieste fuori misura, qualcuno pensò bene di ordinare più di una macchina. La preoccupazione dei punti vendita fu palpabile: forse non ci sarà per tutti la PlayStation 5 sotto l’albero di Natale. Ciò che è accaduto da lì a pochi mesi ormai lo sappiamo tutti, ma sono state giornate che ho passato in esame in prima persona.

Il day one verrà ricordato come il giorno in cui il mondo si è paralizzato. Dalle 8 di mattina, fino all’orario di chiusura e per i giorni seguenti, i negozio di tutte le città e Paesi sono stati presi d’assalto da scoraggiati fruitori.

PlayStation 5 day one: report della giornata a Roma

Decisi per fare con gioco con me stesso e, armato di carta e penna cercai di documentare da vicino l’accaduto. I telefoni dei punti vendita squillavano senza sosta, tanto che i commessi avevano smesso di rispondere terrorizzati. La gente si era accalcata sin dall’apertura davanti alle grandi e piccole catena, armati di speranza e buoni propositi. Peccato che la fornitura avvenne con il contagocce, tanto che persino i colossi del settore ne ebbero appena poche decine o centinaia nelle grandi città.

I venditori in fondo alla catena dovettero iniziare a disdire qualche prenotazione. Perfino numeri esigui erano insostenibili da accontentare e si guardava già al 2022. La comparsa di qualche pezzo in più nei siti online era quantomeno un miraggio o uno sfuggente fantasma. I crash degli ecommerce divennero quasi una barzelletta. Conosco pochi eroi che siano riusciti a cliccare sul link per tempo, giusto di corto muso.

Web paralizzato da chi aggiornava senza sosta le pagine delle testate giornalistiche, linee telefoniche dei venditori scollegate e caos nei centri commerciali. La gente era incredula. Ho ricordi indelebili di una città con un traffico surreale tutto il giorno, mentre alle fermate degli autobus e davanti ai centri commerciali non si bisbigliava di altro. Sembrava esagerato o ridicolo, ma fu il primo scacco di Sony. L’effetto desiderabilità rimbalzava nei vari settori e gli utenti non ambivano ad altro se non poter postare con orgoglio sui social il loro trionfo.

Dalla nevrosi all’ossessione, il web reclamava senza sosta di metter mano alla console. Nacquero così dei veri e propri traffici illegali di rivendita. Il bagarinaggio, fomentato anche da chi fu lieto di distaccarsi dalla PlayStation 5 per rivenderla almeno al doppio, fu una piaga per molti mesi. La gente era arrivata al punto di voler pagare diverse centinaia di euro in più per accaparrarsela.

Un simbolo di successo sociale

Alcuni piccoli punti vendita addirittura, pare abbiamo venduto da privati gli ordini per lucrarci sopra. Una situazione che stava sfuggendo di mano, ma il mondo urlava PlayStation 5. Fu in quel momento che il fenomeno mutò forma: non era solo una caccia al tesoro, l’acquisto di una console era diventata ostentazione del proprio statuto sociale, come se averla o no il prima possibile fornisse un prestigio oltre misura. Quello che per molti è stato un fallimento comunicativo è stato per me l’esempio lampante della strategia di marketing basata sulla scarsità e basso indice di reperibilità. Così come è accaduto per il caso Nutella Biscuits o per le scarpe Lidl - ovviamente in misure differenti, ma in impatto sociale simile - si sono incatenati due fenomeni incontrollabili.

Il primo era legato alla desiderabilità sociale che emanava - ed emana - la console, poiché tutti, anche gli appassionati meno coinvolti, non bramavano altro che mettere le proprie mani sulla piattaforma Sony. Possedere la console non era solo appagamento ludico, ma quasi un atto di inebriante edonismo. I cosiddetti influser - utenti galvanizzati da prodotti di tendenza, qualunque essi siano - sono stati poi la miccia finale. Il bisogno di averla era un misto tra il desiderio di sentirsi parte di un flusso elitario e golosità nostalgica.

Non me ne vogliano gli altri giocatori ma, in fondo, la storia ci ha insegnato che è stata proprio Sony a far rivalutare come “di moda” l’essere un videogiocatore. Ancora una volta, il mondo dell’intrattenimento si divideva tra quelli che sognavano PlayStation 5 e quelli che mentivano.

PlayStation 5 come case study di marketing

Laddove vi erano fruitori che giustamente brontolavano l’assenza della console sugli scaffali, la necessità di metter mano alla next gen ha però tenuti accessi gli animi. Il colpo definitivo avvenne poi con l’entrata in scena di influencer del mondo del gaming e, soprattutto, con altre personalità non propriamente legate al settore, ma comunque dal seguito stellare. Calciatori, star e professionisti di ogni genere divennero testimonial silenziosi di una delle campagne marketing più interessanti e contraddittorie di sempre, in cui anche i giocatori meno inclini al cambio generazionale o il target non primario divennero vennero trasportati dall’onda dell’hype. Lo scetticismo è però stato un infido compagno in questo primo anno della console.

Le esclusive Sony al lancio ci sono state e bisogna dire che ce ne fossero per tutti i gusti, ma non ci fu questo enorme clamore come ci si aspettava. Qualcuno sentenziò severamente l’uscita della console come una macchina vuota, bella da vedere, ma con pochi titoli di vera next gen, sebbene ci siano protagonisti degni di nota. Il passaggio generazionale non è avvenuto con l’impatto che ci si aspettava e neanche così repentino, ma ce lo potevamo aspettare d’altronde. Tra la pandemia e il consueto periodo di rodaggio della console, non avevo grosse pretese per questo primo anno in termini ludici, sebbene la presenza di grandi franchise abbia poi sopperito a questa latenza.

La line up di Sony 2022, inoltre, non farà prigionieri e sembra essere tutto condensato e spalmato per far si che il secondo anno sia quello della maturazione. Salvo slittamenti improvvisi o colpi di scena, il prossimo anno PlayStation si potrebbe portare a casa molte soddisfazioni e trofei, mentre in questo primo anno si è goduta il brivido della desiderabilità.