NieR Replicant: le origini della nostra umanità

Un nostro approfondimento dedicato a NieR Replicant, il prequel di NieR: Automata, il capolavoro di Yoko Taro.

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a cura di Nicholas Mercurio

L’umanità, come dicevamo nell’approfondimento dedicato a NieR: Automata, è imprevedibile, e in NieR Replicant lo è in un modo tutto suo. Intanto commette errori, fallisce, riconquista fiducia e poi, dal nulla, riesce a ridare speranza al mondo con un gesto semplice, inaspettato e gradito, un gesto d’amore e amicizia donandogli tutto, non cercando di fermarlo ma di alimentarlo. È un mondo che, se non approcciato e affrontato nel modo giusto, diventa impossibile da fermare, comprendere e assimilare.

Siamo degli involucri con un’anima, un cuore che batte e una coscienza, e già questo ci rende umani; di conseguenza siamo imperfetti e non siamo macchine, non siamo automi controllati da un’altra entità, non siamo androidi come 2B o 9S e non siamo, inevitabilmente, sprovvisti della nostra reale essenza: la nostra umanità. Siamo destinati a morire e a diventare polvere, prima o poi; a essere portati via dal vento e magari spinti chissà dove, proprio sui piani nascosti dalle nuvole della mesosfera, lieti di raggiungere gli astri in attesa che arrivi la fine per i nostri affetti, così da ricongiungerci con loro.

È una consapevolezza amara, ma d’altronde la morte non si può controllare: arriva piano, colpisce e se ne va. Ed è così che è morto il genere umano, in NieR Replicant: non è stata l’esplosione che generò il Death Stranding e neppure la cometa di Don’t Look Up. Stiamo parlando di una malattia che ha mietuto un numero incalcolabile di vittime, estinguendo per sempre la nostra razza, facendola diventare un ricordo. Nessuna traccia di sangue, nessun corpo sul terreno straziato dai corvi e nessuna tomba ad accoglierci nel nostro riposo eterno che, come tanti altri, è disturbato soltanto dal silenzio. Siamo diventati polvere e, mentre tutto mutava, abbiamo fatto la conoscenza di NieR e Yonah, due fratelli che si amano, sopravvissuti al morbo, i quali resistono alla fame mentre cercano in ogni modo di scampare al loro triste destino, combattendo contro le Ombre, chiamate Shade.

È così che inizia il videogioco di Yoko Taro, la storia mai raccontata in Occidente, di cui abbiamo avuto un assaggio dodici anni fa in NieR Gestalt, che al tempo fu accolto con freddezza dalla critica ma positivamente dal pubblico e dagli appassionati che giocarono i Drakengard, i videogiochi collegati alla serie NieR, nonché le produzioni più conosciute dello sviluppatore giapponese, richieste a gran voce sotto forma di remake o remastered, come è stato fatto con NieR Replicant ormai un anno fa.

In NieR Gestalt, infatti, il personaggio principale era il padre della piccola Yonah, mentre in NieR Replicant il protagonista è il suo amorevole fratello maggiore. È un dettaglio rilevante perché NieR Replicant è la versione giapponese che al tempo non era stata pubblicata in Occidente. Al netto di questo, Gestalt e Replicant sono termini che esprimono due concetti diversi e descrivono nel dettaglio cosa sta accadendo al mondo e perché è giunto a questo punto. Il morbo, definito “Sindrome della clorazione bianca”, ha colpito ogni essere umano, uccidendolo e facendolo diventare polvere. C’era solo una speranza, la più invasiva e pericolosa: il Progetto Gestalt, che consisteva nella separazione dell’anima dal corpo, con lo scopo di farla tornare una volta che tutto si sarebbe sistemato per farli diventare degli involucri denominati Replicant, dei cloni che hanno sviluppato una coscienza e una propria identità, costringendo i Gestalt a non tornare nei loro corpi, tramutandosi nelle spietate Ombre pronte ad oscurare cosa resta del mondo.

Mentre i Replicant vivevano come involucri senzienti privi dei loro spiriti originari, i Gestalt diventavano ombre, trasformando la loro umanità in oscurità, divenendo la parte corrotta che dimora in ognuno di noi. Tutto parte da questo e, non esagerando troppi con gli spoiler, la narrazione si basa su Yonah e NieR e sul loro futuro. Incontrano un misterioso libro mentre cercano di procacciarsi del cibo, nascondendosi dalle Shade in un supermercato dopo aver combattuto contro di loro. È un libro con una rilegatura perfetta, con strani simboli sulla copertina e un volto di qualcuno con un’espressione truce, come se nascondesse qualcosa in quelle pagine che attirano NieR, sempre più incuriosito e sgomento, domandandosi cosa ci faccia in tutta quella disperazione e follia.

Allunga la mano e, all’improvviso, uno strano bagliore lo acceca, non sentendo più niente. Sia lui che la sorellina vengono trasportati in un luogo lontano dal tempo: è un villaggio tranquillo, lontano, un luogo dominato dagli uomini e lontano dalle Ombre, come se ogni loro sofferenza non esistesse più. La storia di NieR Replicant parte da qui: 1412 anni dopo gli eventi del prologo. È una vita diversa e nuova, più sicura e meno rischiosa; eppure, nasconde tanta sofferenza, perché la malattia di Yonah, che si aggrava giorno dopo giorno, spinge NieR a chiedere l’aiuto di Devola e Popola, facendo la conoscenza di Grimoire Weiss, un libro parlante con uno spiccato senso dell’umorismo e tanto da raccontare, sebbene i suoi ricordi siano annebbiati.

Come accennavamo prima, il racconto di NieR Replicant comincia davvero da questo punto. Non è una storia di eroi indomiti, non è un racconto dove c’è il bene o il male a contendersi un trono, e non è una storia come tante altre, una delle tante che potremmo vivere nel panorama dei videogiochi. Come NieR: Automata, è una storia che vede l’umanità al centro di ogni vicenda, con le sue sfumature negative e positive a rappresentare il punto nevralgico dell’intera esperienza, che propone la bellezza di ben cinque finali e diverse run da approcciare in qualunque momento.

L’umanità è raccontata senza peli sulla lingua, in un modo ben più profondo e chiaro, facendo leva sui rapporti umani più semplici e intensi, non relegandosi all’essenzialità ma prediligendo l’inclusione, poiché si interfaccia con le nostre esistenze. Tanto per filosofeggiare, NieR Replicant potremmo definirlo un racconto che parla dell’umanità e dei rapporti che stringiamo, e quanto ognuno di essi sia responsabile della nostra tristezza, della nostra felicità e della nostra serenità. È la mia, la tua e la nostra storia.

NieR Replicant e l’imprevedibilità dei gesti semplici: come viene raccontata l’umanità

Qualunque gesto compiamo, in un modo o nell’altro, genera delle conseguenze che non possiamo controllare. Sono inevitabili, come lo è la vita, ed agiscono in modo differente in base alle situazioni che affrontiamo. In NieR Replicant, la narrazione si concentra sui momenti e le riflessioni dei personaggi, nonché sugli istanti che ci ritroviamo ad affrontare e a vivere, mentre scopriamo quanto sia profonda la sua evoluzione narrativa.

Tutto è incastrato perché ogni gesto abbia un suo scopo, che viene raccontato da Yoko Taro e Toylogic approfondendo ogni aspetto umano. E allora è logico domandarsi quanto sia potente un gesto, come questo possa cambiare il presente e il futuro, e in quale modo si manifesta e muta nel contesto, diventando ben più del classico pretesto narrativo su cui tessere un racconto potente e coinvolgente.

È la comunicazione tra i personaggi a contare, in Nier Replicant. Avviene in maniera semplice senza troppi dialoghi arzigogolati e complessi, definendo la sua profondità attraverso le espressioni, i sentimenti e le caratteristiche differenti di ciascun personaggio, anche del più ininfluente. Ed è da qui che esplode il racconto di NieR Replicant, dimostrandosi maturo e intrigante, tessendo lodi e lasciando spazio a tante interpretazioni.

Spesso ci domandiamo come la filosofia possa diventare la protagonista dei videogiochi, e Yoko Taro ce lo ha dimostrato dodici anni fa, confezionando un’opera che al tempo fu giudicata in maniera negativa dalla critica. NieR Replicant, tuttavia, eleva totalmente la sua profondità e ne approfondisce le sfumature, delineando una storia che è narrata attraverso le sensazioni dei personaggi e dalle sensazioni che scaturiscono in noi. È un’opera di empatia prima di essere un racconto travolgente, che si articola negli istanti più semplici ed esaurienti del racconto, entusiasmando e lasciando sgomenti, come se questa fiaba raccontata per noi da Yoko Taro avesse al suo interno ben più di una morale da condividere, ma al suo interno ne contenesse ulteriori, diverse ma sempre impattanti, capaci di esorcizzare la paura e ogni sentimento negativo.

Abbiamo parlato di morali perché, in tal senso, le interpretazioni migliori che potremmo trovare sono nascoste nei finali di NieR Replicant, che cambiano le carte in tavola ed offrono ulteriori lati della medaglia da approfondire e comprendere avanzando nel racconto, che si delinea in modo inaspettato e diventa ancora più profondo e intenso. Pensare che tutto si concluda con la Run A o la Run B è fallace, perché l’universo che circonda NieR Replicant è stato scritto per descrivere ogni lato della medaglia, non spostando l’attenzione sui protagonisti, bensì elevandoli nel contesto e nella sua narrazione coinvolgente.

È una scrittura particolareggiata che, senza troppi fronzoli, affronta i sentimenti umani e li analizza, mantenendo una semplicità di fondo che confeziona ed espande il collegamento tra il giocatore e il videogioco in un modo unico nel suo genere. Perché NieR ha avuto così tanto successo, nel corso degli ultimi anni? Cosa lo ha portato ad interfacciarsi con un pubblico sfaccettato e diverso? Se da una parte abbiamo la cura narrativa, un racconto sensazionale e umano, dall’altra c’è la complessità emotiva di ciascun protagonista, che approfondisce ogni suo lato, definendolo in maniera maestosa e coinvolgente.

Alle volte ci domandiamo come un’opera possa convogliare tutto questo al suo interno, e in che modo riesca a convincere, tratteggiando la sensibilità, l’amore e il senso di smarrimento che si prova, nonché il significato autoriale che Yoko Taro ha intriso nelle pagine del racconto di NieR Replicant, descrivendo ogni caratteristica umana in maniera dolce e commovente. Perché, qualora non lo aveste capito, è proprio questo il punto: a rendere grande NieR Replicant, nel corso della narrazione, è il suo racconto a trecentosessanta dedicato alle storie dei protagonisti, che vengono descritte in maniera diversa in base alle situazioni che si ritrovano ad affrontare.

Come abbiamo scritto nell’approfondimento dedicato a NieR: Automata, sono le esistenze dei personaggi a contare davvero e a delineare con forza ogni lato umano e ciascuna sensazione che ci troviamo ad affrontare mentre percorriamo le intricate trame dei protagonisti principali, andando ben oltre i classicismi tipici del genere e le loro analisi. Il mondo non è alla fine e non c’è il silenzio che potremmo trovare in NieR: Automata. La vita, seppure in un modo diverso da quella che noi contempliamo ogni giorno, continua il suo corso e definisce il presente e il futuro, coinvolgendo l’umanità che è all’interno di ciascuno di noi. Allora nasce così la voglia di scoprire e interessarsi al mondo in modo diverso e più ponderato, mentre diventiamo al contempo quei polmoni necessari che danno fiato a cosa resta del mondo.

È un messaggio finale interessante, se ci pensiamo, perché riguarda ogni protagonista, NieR e Yonah in primis, che affrontano le loro esistenze mentre la malattia di lei, ormai sempre più persistente e brutale, non le permette di vivere con serenità un’esistenza riacquistata a fatica. D’altronde, questa è l’esistenza di chi è un involucro e sopravvive con il cuore pesante e l’animo stanco e provato dalle vicende della vita, conoscendo un mondo che, all’apparenza, potrebbe ancora essere meritevole di essere vissuto, e prima abbiamo parlato degli istanti che riguardano tutti e ne abbiamo tessuto le lodi, restandone incantati. Se non altro, quando dei gesti semplici e gentili coinvolgono e ci accompagnano verso un mondo più pulito e chiaro, diventiamo più predisposti a comprendere i lati umani.

In tal senso, è proprio questo che rende NieR Replicant un videogioco incredibile, unico e capace di parlare al mondo con l’intimità di chi vive momenti e situazioni complesse, approcciandosi a un’esistenza di privazioni incapaci di donare al mondo le luce che gli serve per risplendere in tutta la sua meraviglia, ed è la stessa che interessa l’evoluzione e la maturazione dei protagonisti principali dell’esperienza. Perché è vero, sono i gesti a contare e a mutuare l’animo umano, definendolo e migliorandolo, ma senza dei protagonisti unici è impossibile raggiungere un risultato simile. Abbiamo parlato dei gesti e, citando Gandalf il Grigio, sono proprio le piccole cose a tenere il male sotto scacco, dei gesti cordiali di verità e amore. Ma sappiamo che nel mondo non c’è solo questo, e NieR Replicant ci mette una pezza, descrivendo pure quei lati negativi del genere umano in una misura ancora più approfondita e densa, nonché carica di emozioni.

L’esempio perfetto è la storia di Louise, la piccola sirena, controllata da un’ombra spietata. Mentre percorriamo il suo arco narrativo, conosciamo un personaggio affranto, stanco e turbato, dominato dall’ombra. È una bambina, niente di più, una piccola creatura in cerca di amore e comprensione, e l’unico a darglielo è un uomo che si ritrova sulla sua imbarcazione, ancorata sugli scogli di Frontemare, una delle località di NieR Replicant.

Qui scopriamo quanto l’amore vada oltre la morte e la paura nei confronti di un’esistenza ormai priva di uno scopo. La piccola ha ucciso degli esseri umani, nutrendosi di loro perché si augurava di esserlo a sua volta, come se le sue origini – ormai perdute – la reclamassero nuovamente. È un discorso che riguarda pure gli altri protagonisti principali dell’intera esperienza di gioco, che si ritrovano ad affrontare i ricordi e i loro fantasmi, conoscendo le particolarità di un mondo che ormai ha perso di valore.

Se non altro, è questo il dettaglio rilevante del prodotto, l’unico capace di unire l’umanità e l’amore in un concentrato unico di situazioni imprevedibili che definiscono, in un modo o nell’altro, le nostre esistenze. Ed è da qui che parte tutto, se ci pensiamo, mentre ogni esistenza diventa impossibile da frenare, come è inevitabile che accada quando ci riferiamo a NieR, Emil, Kainé e Grimoire Weiss e al loro rapporto.

Dopo il rapimento di Yonah, alla fine della prima parte dell’opera, il loro compito è uno solo: ritrovarla e sconfiggere il Signore delle Ombre. Non c’è un bene contro il male, ma solamente lo stesso amore fraterno che potremmo provare nei confronti di qualcuno che è legato a noi in questo modo. Ecco cosa spinge NieR tanto da farlo maturare, facendolo diventare grande e forte, nonché diverso da come lo avevamo conosciuto prima del rapimento della sorellina.

L’amore in ogni forma: come NieR Replicant racconta i rapporti umani

Durante il viaggio all’interno di NieR Replicant, abbiamo conosciuto personaggi secondari di ogni genere che, in un modo o nell’altro, ci hanno insegnato qualcosa quando abbiamo affrontato le loro missioni secondarie. A impreziosire la loro conoscenza, infatti, è l’ambientazione scelta da Yoko Taro per descriverli e approfondirli. Intanto, questi luoghi meravigliosi raccontano la storia di un popolo come quello di Facciata, un dominio nel bel mezzo del deserto governato dalle regole che servono per vivere in maniera positiva assieme agli altri.

Tuttavia, è il rapporto d’amicizia che si instaura tra NieR, Kainé, Emil e Grimoire Weiss a dare un senso all’opera ancora più profondo. Inizialmente, il loro rapporto – come tanti altri – non parte in maniera positiva. Ognuno di loro ha una caratteristica, un passato tormentato che li contraddistingue e una storia che li ha coinvolti e li ha fatti cambiare.

Kainé era affezionata a sua nonna ed è dominata da un’Ombra, che nel corso dell’esperienza in alcune occasioni ne prende il controllo, costringendoci a compiere scelte scomode. Invece Emil, cresciuto nell’isolamento, era inizialmente considerato un pericolo, tanto da meritare che restasse lontano da cosa rimane degli involucri che hanno preso il posto della razza umana, non migliorandola ma replicando, appunto, i suoi stessi errori. NieR, tuttavia, è un personaggio che cresce e matura e si allontana per cinque anni in cerca di risposte, mentre Grimoire Weiss è un compagno incredibile, nonché un amico saggio e ponderato, l’unico che riesce a essere ironico e allo stesso tempo severo nel corso del racconto.

In tal senso, il loro rapporto cambia e diventa sempre più forte, spiegandoci quanto sia potente l’amicizia, tanto da trascendere e coinvolgerli all’interno del contesto in modo unico. Yoko Taro, caratterizzando i protagonisti, ha infatti meso al centro ognuno di loro e li ha delineati in maniera precisa e unica, contribuendo a creare una sinergia di elementi che sono riusciti a unirsi nella narrazione di NieR Replicant fornendo una profondità ulteriore al racconto. Si tratta di questo, d’altronde: quando l’amicizia si rafforza, diventando irrefrenabile, è la cosa migliore alla quale aggrapparsi.

Emil prova amore verso NieR, quanto NieR ne prova verso Kainé, mentre lei riscopre la sua umanità, dopo essere stata lontana dal passato, ricordando l’amore che provava verso la sua amata nonna, dando così un’altra possibilità al mondo. E quando un “Grazie” pronunciato con sincerità ci riempie il cuore, è la cosa migliore che possa accaderci, perché offre non soltanto il modo di comprendere un personaggio nella sua interezza, ma quanto sia importante quel percorso che ci riporta ad avere fiducia nei confronti dell’umanità.

Se ci pensiamo, è proprio questo a rendere il racconto di NieR Replicant forte e potente, nonché migliore sotto qualunque aspetto, confezionando in tal senso un’opera che si propone a un pubblico più vasto di quanto immaginiamo. Il senso di un’operazione simile, d’altronde, era proprio questo: permettere ai giocatori di conoscere un prodotto particolareggiato e umano, da ricordare e tramandare attraverso la narrazione emergente. NieR Replicant, proprio come Red Dead Redemption II ed altri videogiochi simili, espande il concetto stesso di umanità, dei rapporti che creiamo e stringiamo e di cosa viviamo, mentre attorno a noi il mondo muta, diventando alle volte più oscuro e inospitale, sprovvisto delle ulteriori sfumature dell’esistenza.

Pensiamoci, è da questo che la vita cambia: NieR Replicant parla del mondo in modo diretto, coinvolgendo per l’appunto ogni rapporto che stringiamo nel suo percorso mentre ci immergiamo in una conversazione alle volte fin troppo difficile da sostenere. Eppure, la grande morale di NieR Replicant è collegata in maniera palese a quella di NieR: Automata, con la sola differenza che è il contesto a cambiare, sebbene i due videogiochi siano collegati l’uno all’altro, anche se uno è ambientato in un futuro lontano.

In tal senso, abbiamo parlato di come A2 e Kainé siano in qualche modo collegate e di come entrambe siano state descritte da Yoko Taro come due figure emarginate, in fuga dal passato e solitarie nell’animo. Kainé, che è il personaggio calzante in questo discorso, è una vera e propria co-protagonista delle vicende raccontate in NieR Replicant. Ecco, questo è un ragionamento importante perché permette di capire quanto Yoko Taro ci tenga a tratteggiare dei personaggi diversi gli uni dagli altri, nonché capaci di approcciarsi al mondo in maniera differente e umana, mostrandoci quanto le differenze caratteriali siano importanti.

Rivivere l’esperienza più di una volta, infatti, ci ha permesso di capire al meglio le emozioni e i sentimenti dei protagonisti. NieR Replicant, come NieR: Automata, abbraccia diversi stili di gameplay e di visuali, passando dall’alto verso il baso a delle fasi side-scrolling, tornando poi come è stata da sempre pensata, cioè in maniera tridimensionale. In tutta questa ricetta non mancano le fasi di combattimento e neppure dei momenti da gioco testuale, dove dobbiamo ricordare delle frasi per avanzare.

È una miscela che funziona e che, grazie ai finali e alle run da vivere per conquistarli tutti, confezionano un’opera capace di dire la sua con semplicità. Certo, potrebbe essere noioso per qualcuno ripetere le stesse azioni e combattere le Ombre per capirne di più sulla lore e il mondo di gioco, ma è utile se si vuole comprendere in maniera più approfondita l’intera narrazione e la scrittura di Yoko Taro, che è imprevedibile quanto la vita, ed è un vero peccato non capirlo appieno, dopo quanto è stato capace di creare da Drakengard fino a oggi.

In tal senso, la sua storia è tra le più incredibili e quanto è stato raccontato in NieR Replicant e NieR Automata, se vogliamo, è una critica aspra alla società giapponese, ma le interpretazioni sono molteplici. La serie NieR, infatti, parla dell’umanità in maniera intima ma decisa, non esagerando mai quando le disertazioni narrative si riferiscono a tante altre riflessioni in grado di creare ulteriori suggestioni su quella che è la nostra realtà. I suoi protagonisti, d’altronde, potremmo essere noi: è complesso non provare empatia per NieR, Yonah, Grimoire Weiss, Emil e Kainé, ed è difficile non cogliere le loro sfumature.

Di sicuro, se l’umanità diventa forte e i suoi legami aumentano la fiducia verso il mondo, è una buona notizia per chiunque prova amore. La morale della favola è questa, se ci pensiamo. Mentre visitavamo Facciata, Frontemare, il villaggio, la Pianura Settentrionale e la Foresta dei Miti, ci siamo sentiti legati anche noi alla narrazione semplice di NieR Replicant. È un sogno, sì, perché riguarda noi, proprio come NieR: Automata e il futuro che compone l’immenso universo di Yoko Taro.

“Alla fine, la pace esiste”: un fiore è un ricordo che dura una vita

Abbiamo parlato della narrazione di NieR Replicant, dei suoi protagonisti principali, delle sue scelte di gameplay e delle idee di Yoko Taro. Alle volte ci domandiamo quale sia l’inizio, lo svolgimento e la fine e, come abbiamo già ripetuto in diverse occasioni, lo sviluppatore giapponese intende in un modo personale, magari con un gesto semplice come raccogliere un fiore dal terreno per portarlo all’altezza del cuore, come il frammento di un ricordo che ne compone mille altri che definisce il passato, il presente e il futuro di qualcuno che si è perso ed è chissà dove.

D’altronde, è questo il mondo in cui dimorano le persone che amiamo e che ci porta a ricordarle, non dimenticandole ma tenendole vicine, seppure ora siano lontane. NieR Replicant parla di noi come ha fatto NieR: Automata: inscena il passato, il presente e il futuro con la logica di chi non smetterebbe mai di rivolgersi a loro per stare meglio, mentre la sua morale finale compone una storia d’amicizia e d’amore che può durare in eterno. Alla fine, la pace esiste: vive in ognuno di noi, citando Elena Gilbert di The Vampire Diaries. E definisce la parte migliore delle nostre esistenze ben oltre la vita e la morte. Perché esiste un luogo dove ci ritroveremo tutti, alla fine, e sarà meraviglioso. Come lo è il racconto di NieR Replicant.