Outriders ci mostra la sicurezza nelle sue idee

Outriders delinea i suoi sistemi di gameplay nel nuovo Outriders broadcast, dimostrando come le idee alla sua base siano solide e interessanti.

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a cura di Alessandro Palladino

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Nelle scorse ore, grazie all’Outriders Broadcast abbiamo potuto osservare un nuovo scorcio dal mondo di Outriders, il peculiare sparatutto in terza persona di People Can Fly e Square Enix, nonché una tra le prime produzioni che sbarcherà su console di nuova generazione insieme all’uscita sulle attuali. Se la memoria vi assiste, vi ricorderete certamente della nostra copertura all’evento ufficiale in anteprima assoluta, nel quale abbiamo potuto toccare con mano il gioco in un’anteprima di 5 ore su PC.

Il progetto targato Square è fin da subito apparso come un nuovo contendente al trono di un genere ormai consolidato, trovando nella faretra delle sue qualità numerosi elementi provenienti da altri giochi dalla stessa filosofia, come la fusione tra GDR e shooter nell’inventario a la Destiny o lo scenario fantascientifico dai connotati abbastanza familiari. Passando oltre il primo impatto, la nuova diretta trasmessa in streaming ha delineato alcuni dei sistemi principali del gioco in maniera più decisa, tanto da poter dire che Outriders prende sì in prestito alcuni trucchi dal manuale già scritto, ma sembra portarli alla loro espressione più bilanciata e capace di creare un’esperienza potenzialmente unica nel suo genere. Come? Vediamolo nel dettaglio.

Difficoltà differenziata

Il broadcast è partito subito nel vivo dell’azione mostrandoci un lungo gameplay di una delle prime missioni di gioco, ambientata in quella che è chiamata la Prima Città (e sì, se vi ricorda L’Ultima Città è perfettamente normale): il risultato di un catastrofico tentativo di creare un conglomerato urbano partendo da un reattore nucleare utilizzato come motore da un’astronave coloniale ormai schiantata al suolo. Ciò che è rimasto di quell’idea è ormai radioattivo al 100%, comprese le specie autoctone trasformate in mostri ferali conosciuti come Perforo.

La missione mostrata ruotava attorno al ritrovamento di un furgone da riportare in un luogo sicuro, passando attraverso le rovine della città e combattendo tra le orde dei mostri appena descritti. Già da qui il sentimento di Outriders è quello di diversificare le sue minacce cercando di utilizzare gli spazi a disposizione per caratterizzarle. I Perforo, ad esempio, attaccano in branchi correndo verso la loro preda, uscendo fuori dai moltissimi luoghi chiusi che compongono la Prima Città. Avere un occhio alla gestione dello spazio di manovra sarà essenziale per evitare di essere accerchiati da questi esseri, sebbene nel gameplay mostrato la Piromante aveva ben più che un asso nella manica per le situazioni più spinose.

Al suo cuore, l’esperienza di Outriders non si discosta troppo dallo sparatutto in terza persona con poteri, posto che essendo nella porzione iniziale del gioco è presumibile pensare che lo spessore del gameplay di base possa solidificarsi una volta sbloccati più potenziamenti e oggetti d’equipaggiamento. Non a caso il team di sviluppo ha tenuto a sottolineare come la gestione del proprio inventario sia vitale nel corso del gioco, avendo a disposizione tre armi e diversi slot per l’armatura, ognuna con perk diversi e influenti anche sull’effetto delle singole abilità.

Già questo, almeno per la mia esperienza, denota una grande attenzione al bottino ottenuto e alla sua ricerca, puntando tutto sulla differenziazione delle build per dare valenza a ogni singolo oggetto droppato, in modo che la ricerca dell’equipaggiamento vada ben oltre il semplice rialzo numerico. Ciò genera però alcune domande su cui è necessario soffermarsi: quanto effettivamente c’è di casualità nelle statistiche ottenute con le armature? Esistono bonus per i set (sembra di sì)? E, soprattutto, ci sono delle minacce per cui vale la pena cercare il bottino migliore in assoluto e al livello massimo?

Quest’ultima domanda ha parte della sua risposta nella spiegazione dei cosiddetti World Tier: ovvero scale di difficoltà che potenziano i nemici in base al nostro livello personaggio e d’equipaggiamento. Un misto tra la difficoltà Tormento di Diablo e i Livelli del Mondo di The Division, ma anche qui con dei twist unici per Outriders. Il primo è che il World Tier possiede una sorta di barra di esperienza da riempire, accumulando punti combattendo e perdendoli morendo. Per quanto si possa cambiare “liberamente” tra una difficoltà e l’altra, per sbloccare quelle successive si dovrà dimostrare al gioco di essere capaci di gestire le minacce alla mano prima di cercare la morte altrove. Dalle parole del team di sviluppo, inoltre, l’intervento degli altri giocatori sarà bilanciato dai sistemi di gioco in modo da non distruggere la scala di sfida che è stata costruita, ma è chiaro che una mano in più potrebbe rendervi meno odioso il raggiungimento del livello massimo: il World Tier 15.

Già avere così tante opzioni di progressione è un fattore positivo, traducibile nell’intento di People Can Fly di dare maggior rilevanza al cammino del giocatore in tutto il corso del gioco, piuttosto che inserendo la difficoltà maggiore solo alla fine della sua esperienza principale. Inoltre, con i World Tier già visti in passato, possiamo rimanere abbastanza fiduciosi sulla longevità che tale elemento fornirà nel futuro, specialmente considerando che le difficoltà più elevate portano con sé bottino unico e alcuni livelli armatura “aggiuntivi”.

Outriders ha, in sostanza, preso alcuni dei sistemi già rodati e li ha trasformati in una nuova arma per i suoi punti di forza. C’è attenzione al feedback degli appassionati del genere, trasposto con cura in un’esperienza che neanche sarà – per sua stessa ammissione – uno dei tanto mistificati Games as a Service. Quando compreremo Outriders ci ritroveremo davanti a un prodotto completo già dalla scatola, anche se non è davvero da escludere un futuro con alcuni aggiornamenti o contenuti aggiuntivi, a meno di dichiarazioni contrastanti in merito (alla scrittura di questo articolo non è previsto alcun season pass). Al momento quindi non ci sono roadmap dalla valenza dubbia, né eventi stagionali, né strani modelli estetici basati su microtransazioni. E, ad oggi, produrre un prodotto con lo scheletro dei maggiori GaaS senza che lo sia effettivamente è una sfida che, in tutta onestà, non vedo l’ora di veder affrontata.

Costruzione del mondo e dei suoi eroi

Per quanto il gameplay sia importante, parte del broadcast è stata dedicata anche ai diversi sistemi dietro l’azione di Outriders. Una delle cose che più ho apprezzato ha riguardato l’accesso alle informazioni della backstory di Enoch, il pianeta su cui si svolgeranno le vicende. Oltre al simpatico riferimento al vecchio grimorio di Destiny che non “era nel gioco”, la possibilità di vivere la storia nella sua totalità attraverso una sorta di “codex” in-game non è un pregio poi così scontato, specialmente se teniamo in considerazione di essere davanti a uno shooter dove l’azione la fa da padrona. Interessante anche il “come” si sbloccheranno le varie pagine dell’enciclopedia, anche se i dettagli al riguardo sono ancora vaghi. Ma è su queste cose, nelle minuzie, che si può davvero avere testimonianza di quanto un progetto nasca dalla creatività piuttosto che dalla mira al successo, cercando di comunicare un qualcosa che vada ben oltre il semplice utilizzo da sparatutto.

Parte del messaggio passa anche nell’impostazione delle classi, esposta per la prima volta con il Trickster: un damage dealer spazio-temporale che fa parte del terzetto di specializzazioni rivelate. Oltre ai suoi poteri proprietari, l’illustrazione delle sue caratteristiche ci ha permesso di venire a conoscenza di quanto profonda sia la personalizzazione del personaggio, tanto che ogni classe presenta tre “sotto-classi” che modificano gli 8 poteri a disposizione in base a particolari approcci alla battaglia.

Infatti, il Trickster viene presentato come un eroe capace di teletrasportarsi nel bel mezzo del fuoco avversario e rallentare i nemici, ma all’occorrenza può anche essere costruito come un tank e chissà quali altre combinazioni potranno essere scoperti dagli utenti più strategici. Certo, niente di particolarmente nuovo sotto al sole, ma è sempre positivo che ci sia una libertà tale per il gameplay, specie se accompagnato da un albero di abilità attive/passive così pieno di nodi da sbloccare.

L’adattamento alle preferenze del giocatore passa però anche per i vari sistemi esterni all’avatar. Oltre alla difficoltà personalizzabile e alla scelta di poter vivere il gioco in solitaria o con altri due amici, il fatto che parte dell’Outriders Broadcast sia stato dedicato all’interfaccia è stato un segno significativo di quanto il team di People Can Fly voglia dare ai giocatori la totale libertà. Qualsiasi elemento può essere disattivato singolarmente e, proprio come le abilità combinato a piacimento. Immaginiamo che per gli utenti PC questo possa essere un vantaggio ben più approfondito di quanto potrebbe esserlo su console, considerando le numerose opzioni grafiche a disposizione. Proprio come avviene con le abilità, starà a voi decidere come vivere Outriders al suo massimo, sfruttando anche impostazione apparentemente poco influenti. Del resto tutto fa brodo e mancano ancora tanti altri broadcast per avere un’idea più precisa di Outriders.

Tuttavia, quanto visto nella recente trasmissione ha infuso un bel po’ di fiducia nel gioco di People Can Fly, mostratosi ben più deciso di quanto ci si potesse aspettare. C’è ancora tanto da scoprire e molte domande hanno ancora bisogno di risposta, specialmente nei riguardi della narrativa principale e di ciò che ci attende dopo di essa, ma quantomeno i sistemi mostrati nel primo Outriders Broadcast hanno confermato una struttura dalla base solida, profonda e capace di trovare un’identità tutta sua anche dal prestito di alcune delle caratteristiche più note del genere.