Il dibattito sulla seconda stagione di The Last of Us si fa sempre più acceso sui social media, rivelando una frattura tra la visione creativa del team di produzione e le aspettative di una parte consistente del pubblico. Mentre Neil Druckmann celebra con entusiasmo il lavoro svolto, pubblicando foto dal set con le star Bella Ramsey e Pedro Pascal, un'ondata di reazioni critiche ha investito l'adattamento televisivo del celebre videogioco. La divergenza di opinioni appare particolarmente evidente quando si confrontano i punteggi su Rotten Tomatoes: un solido 86% per la prima stagione contro un deludente 39% per la seconda.
Il post di ringraziamento pubblicato da Druckmann, game director della serie videoludica e co-autore della trasposizione televisiva, ha paradossalmente aperto le porte a un fiume di critiche. I fan non hanno esitato a esprimere il loro malcontento riguardo alle scelte narrative adottate nella seconda stagione, con particolare accanimento verso lo showrunner Craig Mazin. Alcuni utenti hanno addirittura implorato Druckmann di escludere il collega dalla scrittura di futuri episodi, attribuendogli la responsabilità principale del presunto deterioramento qualitativo.
Thank you to all my collaborators, and to the fans for a fantastic S2. It's been a huge privilege to be a part of this experience. pic.twitter.com/g9eNYolZnx
— Neil Druckmann (@Neil_Druckmann) May 26, 2025
Ciò che colpisce, al di là dei commenti più viscerali tipici dell'ambiente social, è la presenza di critiche articolate e specifiche che non si limitano a espressioni di disappunto generico. Molti fan hanno infatti identificato precise decisioni creative che, a loro avviso, avrebbero compromesso l'integrità narrativa dell'opera originale, tradendo lo spirito che aveva invece caratterizzato il successo del videogioco e della prima stagione televisiva.
La questione non riguarda semplicemente il classico fenomeno del "review bombing" – pratica ormai diffusa di valutazioni negative di massa – ma sembra riflettere un genuino senso di disconnessione emotiva tra una parte significativa del pubblico e la direzione intrapresa dagli autori.
La roadmap della serie, secondo quanto dichiarato recentemente da Craig Mazin, prevede un totale di quattro stagioni per completare l'arco narrativo di The Last of Us. HBO ha già dato il via libera alla terza stagione, dimostrando una certa fiducia nel progetto nonostante le controversie attuali. Tuttavia, il panorama televisivo contemporaneo è notoriamente sensibile ai numeri di ascolto, e un eventuale calo significativo potrebbe costringere i creatori a rivedere i propri piani.
La realtà produttiva dell'industria dell'intrattenimento, specialmente nell'attuale clima di ottimizzazione dei costi e massimizzazione dei profitti, potrebbe influenzare il destino della serie indipendentemente dalle intenzioni artistiche dichiarate. Le piattaforme di streaming e le reti televisive tradizionali stanno dimostrando sempre meno pazienza con progetti che non mantengono un solido riscontro di pubblico, anche quando supportati da proprietà intellettuali di prestigio come quella di The Last of Us.
La sfida per Druckmann e Mazin sarà quindi duplice: da un lato riconquistare la fiducia di quella porzione di fanbase che si sente tradita dalle scelte narrative della seconda stagione, dall'altro continuare a sviluppare la propria visione creativa senza snaturarla per compiacere le critiche. Un equilibrio delicato che potrebbe determinare non solo la qualità artistica delle future stagioni, ma anche la loro stessa esistenza.
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