Videogiochi e narrazione: gli espedienti che hanno rivoluzionato il medium videoludico | Prima parte

Oggi parliamo di videogiochi e narrazione: un connubio che, quando funziona, riesce a dar vita a esperienze uniche nel loro genere.

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a cura di Michele Pintaudi

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L’anno nuovo sta piano piano entrando nel vivo, per quella che tutti speriamo possa essere un’altra annata spettacolare per l’industria dei videogiochi. Le premesse del resto ci sono tutte, e basta dare un’occhiata alle uscite previste per i prossimi mesi per esaltarsi a dovere nell’attesa: noi non stiamo più nella pelle e, ovviamente, non mancheremo di raccontarvi anche questo 2022 nei minimi particolari.

Mentre aspettiamo c’è però molto altro da fare, come recuperare tutti i titoli che ci siamo lasciati alle spalle o, meglio ancora, riflettere. Nulla di particolarmente profondo o astruso, semplicemente vogliamo ripercorrere insieme a voi una parte di storia dei videogiochi. Come? Analizzando gli espedienti narrativi che hanno rivoluzionato questo medium nel corso della sua storia, citando alcuni casi degni di nota che hanno realmente portato un contributo in questo senso. Ovviamente si tratterà di un numero relativamente ristretto di esempi in quello che è, a conti fatti, un oceano dove ognuno di noi si può perdere in ogni momento: proprio per questo andremo a dividere questo speciale in due parti, con l’obiettivo di dare una panoramica quanto più completa possibile del tutto. Prima di partire vi invitiamo, in ogni caso, a cominciare già a pensare a quelli che sono per voi i titoli più importanti da questo punto di vista e… Buona lettura!

Videogiochi e narrazione: è solo autorialità?

Iniziamo subito rispondendo alla domanda che dà il titolo a questo paragrafo: no, non è solo una pura questione di autorialità. La narrazione all’interno di un videogioco ha assunto nel corso dei decenni un’importanza sempre più marcata, e se all’inizio ci trovavamo di fronte a dei “semplici” passatempi ora le cose sono decisamente diverse. I videogiochi sono infatti delle vere e proprie opere d’arte e, per essenza stessa derivante da quest’ultima definizione, esistono con lo scopo di narrare qualcosa.

Comunicare è dunque diventata un’esigenza per chiunque si trovi a realizzare un videogioco, e la storia ci ha restituito moltissime casistiche di come la sperimentazione ricopra un ruolo fondamentale da questo punto di vista. Il primo esempio che vogliamo portarvi è Metal Gear Solid, una saga che non ha certo bisogno di presentazioni e che ha consacrato Hideo Kojima come uno dei maggiori autori dei nostri tempi. All’interno della serie la narrazione non è importante, ma fondamentale per costruire quella che è una delle storie più intense e complesse che siano mai state raccontate.

Dove sta la rivoluzione? In tanti piccoli aspetti, a partire da un approccio molto “cinematografico” dovuto al grande amore di Kojima per quest’altro medium. In Metal Gear troveremo lunghe, lunghissime sezioni filmate dove il giocatore non potrà fare altro che osservare lo scorrere degli eventi… Esattamente come in un film. In questi frangenti ogni inquadratura, ogni battuta e ogni dettaglio rimandano a un’esperienza ricca di fascino e significato sotto ogni aspetto, ma non è certo finita qui.

Ciò che rende quest’opera qualcosa di realmente avanti con i tempi sono i particolari: piccoli accorgimenti tecnici pensati apposta per contribuire all’impianto narrativo del gioco. Pensiamo ad esempio al primo Metal Gear Solid, uscito nel 1998 su PlayStation e ricordato ancora oggi come uno dei titoli migliori di sempre. C’è una sezione in particolare che si presta perfettamente per il nostro discorso, ed è quella dove Solid Snake si trova a dover lottare contro Psycho Mantis: possiamo qui affrontare la battaglia ricorrendo a un piccolo trucco, ovvero scambiando di posizione il controller spostandolo da una porta all’altra… Per evitare che il nemico riesca a leggerci nel pensiero. Un escamotage semplice ma davvero geniale, peraltro ironicamente richiamato da Kojima all’interno del quarto capitolo della saga.

Metal Gear è pieno di esempi del genere ma non è certo il solo, e rimanendo in Giappone non possiamo non citare quell’opera enorme che è Persona: una serie con cui Atlus, soprattutto con il quinto capitolo, ha davvero cambiato il modo di comunicare tramite il medium videoludico. Il nostro protagonista è qui immerso nella “normale” routine di uno studente in quel di Tokyo con le giornate che scorrono tra grandi avventure, lezioni a scuola, uscite con gli amici o assolutamente nulla. Già, il bello di Persona è anche questo: la narrazione avanza con il semplice scorrere delle giornate, e il giocatore è così accompagnato nella storia con la piena libertà di potersi perdere in tante altre piccole cose.

Ci troveremo ad esempio con una missione da compiere entro un determinato lasso di tempo e come, dove e quando farlo starà completamente a noi. Possiamo farlo subito, o passare le giornate a studiare o lavorare, o magari ad andare al cinema con un paio di amici: la narrazione basata sulle piccole azioni quotidiane non è certo una novità - pensiamo a un’opera come Shenmue - ma in Persona 5 riesce a esprimersi al meglio, con un risultato finale a tratti indescrivibile a parole.

Questione di… Standard?

Una narrazione particolare è anche quella messa in atto da Remedy con Quantum Break, un titolo fin troppo spesso sottovalutato dal grande pubblico. L’avventura presenta qui una struttura molto interessante: il gameplay è suddiviso in capitoli intermezzati da episodi di una serie TV creata ad hoc con attori in carne e ossa, che va a integrarsi alla perfezione al racconto principale. Un esercizio di stile forse, ma in grado di portare realmente qualcosa di nuovo e che riesce a creare una perfetta convergenza tra due mezzi di comunicazione diversi ma capaci di connettersi in modo molto efficace.

E che dire di Quantic Dream? Partendo da una base ispirata alle primissime avventure testuali di fine anni Settanta, la software house di David Cage dà vita a storie che vengono plasmate direttamente dalle scelte e dalle azioni del giocatore. La narrazione è anche qui molto vicina a quella di un’opera cinematografica, con una maggiore interazione da parte dell’utente finale: Heavy Rain e Detroit sono probabilmente i due titoli più emblematici in questo senso, con una struttura che lo studio francese è andato ad affinare piano piano sempre di più.

Va comunque ricordato come comunicare nel modo giusto tramite un videogioco non significhi necessariamente ricorrere, come negli esempi citati, a escamotage narrativi spettacolari o mai visti prima. Alcuni titoli riescono ad affermarsi come dei capolavori pur portando in scena sceneggiature che qualcuno potrebbe quasi definire come standard. Pensiamo a Red Dead Redemption 2 o The Last of Us: probabilmente due delle storie più belle mai raccontate, dove è l’attenzione ai minimi dettagli - una canzone, una battuta, un evento improvviso - a dar vita alla narrazione. Si ha realmente l’impressione di essere accompagnati in un viaggio spettacolare, e il tutto avviene in maniera così spontanea e naturale da affermarsi, forse, come il vero anello di congiunzione tra cinema e videogioco.Un’ultima menzione d’onore va fatta poi a un prodotto come Half-Life, dove troviamo una visuale in prima persona impiegata in modo attento e curato proprio a fini narrativi. Se in sparatutto come DOOM, Wolfenstein e Quake questa serviva a immergere il giocatore nell’azione, qui l’asticella va ancora più in alto: ci viene richiesto di compiere azioni, di esplorare, di vivere in sostanza nei panni del Dr. Gordon Freeman. Immersione ai massimi livelli, per un titolo che è tutt’oggi considerato come uno dei prodotti più rivoluzionari dell’intera storia dei videogiochi.

E con questo andiamo a chiudere questa prima parte dello speciale dedicato a quei titoli che, per un motivo o per l’altro, sono riusciti a cambiare per sempre il concetto di narrazione all’interno dei videogiochi. Nella prossima parte andremo a chiudere il discorso concentrandoci in maniera più marcata sul ruolo ricoperto in questo senso dalla sperimentazione, e su come questa possa effettivamente portare all’estremo un medium così ricco e sfaccettato come quello videoludico. Continuate a seguirci dunque e, nel frattempo, vi invitiamo come sempre a raccontarci la vostra esperienza nei commenti: parlando di videogiochi e narrazione insomma, quali sono gli esempi più importanti di titoli che hanno davvero cambiato le carte in tavola?

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