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a cura di Manolo De Agostini

I videogiochi in cui si uccidono personaggi di fantasia come zombie o alter ego di persone, portano a comportamenti violenti nella realtà? Un tema trito e ritrito, e sono diversi gli studi che analizzano il tema, arrivando spesso a conclusioni che oseremmo definire contraddittorie.

Di recente quest'annoso problema è tornato in auge in seguito ai tragici eventi legati alle sparatorie in alcune scuole statunitensi. Il presidente Donald Trump ha dapprima dichiarato di credere che la violenza in giochi e film influisca sulle menti dei più giovani, ancora in sviluppo e facilmente influenzabili.

Poi, dopo forti reazioni da parte del settore del gaming, ha deciso di incontrare alla Casa Bianca alcuni esponenti di spicco dell'industria videoludica, tra cui il CEO di Zenimax Robert Altman e Strauss Zelnick di Take-Two, per discutere del tema. Presente anche il CEO Michael Gallagher, a capo dell'Entertainment Software Association (ESA), e rappresentanti di associazioni critiche nei confronti dei videogiochi.

Stando a quanto trapelato sui media statunitensi (l'incontro era a porte chiuse), Trump ha avviato la discussione mostrando un video (che vedete qui sotto), con un collage di sequenze violente di diversi giochi. Davanti alle immagini Trump ha commentato "Questo è violento, non è vero?". Di come sia poi proseguito per filo e per segno il meeting non si sa molto.

Secondo Melissa Henson, a capo del Parents Television Council, l'incontro è stato "rispettoso ma dibattuto". Henson ritiene che i videogiochi violenti stiano avendo un effetto negativo sulla società e ha spiegato che davanti alle accuse i dirigenti del settore dei videogiochi hanno ribattuto che non vi è alcuna connessione tra la violenza dei videogiochi e la violenza del mondo reale.

In una dichiarazione a Polygon, la Entertainment Software Association ha affermato: "Abbiamo accolto l'opportunità di incontrare il Presidente e altri funzionari eletti alla Casa Bianca. Abbiamo illustrato i numerosi studi scientifici che stabiliscono che non vi è alcuna connessione tra i videogiochi e la violenza, discusso della protezione ai giochi da parte del primo emendamento e il modo in cui il sistema di classificazione del nostro settore aiuta i genitori a fare scelte informate. Apprezziamo l'approccio ricettivo del Presidente a questa discussione".

Brent Bozell, presidente del Media Research Council, ritiene che Trump "sia profondamente turbato da alcune delle cose presenti nei videogiochi, così dannatamente violente e chiaramente inappropriate per i bambini". Bozell ha consigliato al Presidente d'intervenire sui videogiochi così come si fa con tabacco e alcol.

La nostra sensazione, pur sostenendo ogni tentativo di interrogarsi sugli effetti dei giochi violenti specie sui più piccoli, è che il meeting sia un grande diversivo per spostare l'attenzione dalla lobby delle armi, sotto pressione dopo l'omicidio di 17 persone tre settimane fa a Parkland, Florida.

Negli Stati Uniti, come ben noto, detenere un'arma è qualcosa di "normale", una consuetudine. Da ricordare inoltre come la National Rifle Association abbia sostenuto Trump nella corsa alla Casa Bianca.

L'assassino, il diciannovenne Nikolas Cruz, aveva una storia di problemi comportamentali, commenti sui social media contro le minoranze, ed era anche un appassionato giocatore di videogiochi.

Questo però non significa diventare automaticamente assassini, anche noi siamo videogiocatori e non faremmo male a una mosca, anche se siamo pronti a versare "sangue virtuale" con ogni mezzo. Insomma, è bene che ci si interroghi sul tema e si continui a studiarlo, ma il tempismo è quanto mai sospetto e potrebbe portare a decisioni semplicistiche, di comodo e avventate.