Yomawari: The Long Night Collection Recensione su Switch, l’orrore nella tradizione giapponese

Le due favole nere di Yomawari arrivano su Nintendo Switch in tempo per Halloween. Riuscirete a sopravvivere ai mostri della cultura popolare giapponese?

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a cura di Massimo Costante

Senior Editor

Le avventure 2D e la moltitudine di titoli in pixel-art ci indicano che nel 2018 c’è ancora spazio per sviluppare degli ottimi titoli senza dover scommettere su una grafica foto realistica. Yomawari: The Long Night Collection è una raccolta che include due avventure horror: Yomawari: Night Alone e Yomawari: Midnight Shadows, che vogliono farci balzare dalla sedia sfruttando una visuale isometrica bidimensionale. Cerchiamo di fare un po’ di luce nella nostra recensione. O avete paura del buio?

Perché le tenebre giocano un ruolo fondamentale nelle due storie narrate dai ragazzi di Nippon Ichi Software, già responsabili della serie di Disgaea e di Dangarompa (Danganronpa V3 Killing Harmony recensito su queste pagine).

Yomawari: The Long Night Collection racchiude due avventure survival horror per Nintendo Switch: nella prima ci metteremo nei panni di una sfortunatissima bambina alla ricerca del suo cane e sua sorella, misteriosamente scomparsi; mentre il sequel narra la storia di Haru che si perde nella notte alla ricerca della sua migliore amica Yui. Due storie molto simili con il medesimo comune denominatore, ovvero i mostri che si nascondono nel buio, delle creature che ci ostacoleranno inseguendoci in ogni angolo del villaggio in cui sono ambientate le due avventure.

Accendete la luce!

Perdere nell’oscurità qualcuno a noi caro, come il cagnolino Poro, la nostra sorellina o la nostra miglior amica, si rivela un autentico incubo in Yomawari. Ma per fortuna, sin da piccoli – come la protagonista della prima storia – abbiamo imparato un trucco per difenderci dal buio e da tutti i mostri che si celano: la luce!

Infatti, per trovare il nostro cane e la nostra sorellina, dovremo esplorare il villaggio in piena notte scrutando in ogni angolo, evitando ombre nere e sinistre e mostri orripilanti che ci sbarrano la strada. Se ci raggiungono, lo schermo si ricoprirà di sangue… è il segnale che ci suggerisce il GAME OVER. Con l’aiuto di una torcia potremo individuare le vie libere, angoli non ancora raggiunti dalle creature per scappare e continuare la nostra ricerca, tenendo sempre bene a mente che non abbiamo alcuna arma per difenderci. Quindi, come avrete capito, il gameplay è limitato all’esplorazione finalizzata alla ricerca dei nostri cari e alla fuga dalle mostruosità che sembrano provenire direttamente dalle antiche tradizioni giapponesi.

Oltre a scappare, possiamo anche nasconderci, spegnendo la torcia evitando di essere individuati dai mostri o usare dei sassi come diversivo, facendo leva su un approccio decisamente stealth e inusuale per la tipologia di gioco, ma perfettamente in linea con la natura survival.

Noteremo il progredire della nostra ricerca grazie alla mappa del villaggio. Esplorando le varie zone, queste saranno poi messe in chiaro nella mappa e vi saranno aggiunte anche punti di riferimento, come le statue Jinzo. Queste statue ci permettono di eseguire dei viaggi rapidi (che ci evitano lunghi percorsi invasi dai mostri) e di salvare la partita a nostra discrezione usando delle monetine che raccoglieremo nel corso del gioco. Ma come i famosi nastri per le macchine da scrivere conosciuti nella saga di Resident Evil, le monete non sono tantissime, per cui occorre usarle con accortezza.

Se le premesse di gioco non vi sono sembrate esaltanti per via di un gameplay risicato, sappiate che, nel suo piccolo, riesce a brillare di luce propria…nonostante il buio. Stiamo parlando dell’ansia trasmessa al giocatore di dover scrutare ogni angolo e di evitare ogni (millimetrico!) contatto con i nemici, con una barra di stamina a fondo schermo che ci ricorda di non poter scappare per sempre. Il sentore di venire acciuffati si fa sempre più incessante, con un utilizzo dell’HD Rumble di Switch che simula il battito del vostro cuore, sempre più forte quando ci saranno dei mostri nelle vicinanze. Ancora una volta, forse mai come in questo titolo, giocare a luci spente e cuffie indossate vi restituirà un’angoscia davvero palpabile. Per ultimare le nostre due avventure, basterà schiarire tutte le aree la mappa, sbloccabili con chiavi e altri oggetti che troveremo lungo la strada e studiare bene come evitare i nostri nemici.

Il secondo episodio Yomawari: Midnight Shadows è praticamente identico nelle modalità di gioco, integrando degli spazi chiusi – a differenza del primo capitolo interamente sviluppato lungo le strade del villaggio – e una particolare interazione con gli animali, che stavolta saranno tra i vostri alleati nel trovare la giusta via da percorrere.

Tradizione e vecchia scuola

Gli incubi della cultura giapponese si sposano perfettamente con lo stile artistico di entrambi i due capitoli di Yomawari, un comparto tecnico che omaggia la “vecchia scuola” di sviluppo dei videogiochi. Visuale isometrica, disegni a mano animati con asset davvero molto evocativi dagli effetti onirici, con delle creature fantastiche davvero caratteristiche e ambientazioni forse un po’ ripetitive, ma comunque ben realizzate, soprattutto nel secondo capitolo che sfoggia anche location interne.

Il sonoro è stato molto ben organizzato in lato silenzioso. Stiamo parlando dei tocchi di pianoforte nella schermata di inizio e del totale silenzio che avvolge le due storie. Il silenzio è amico e nemico insieme, da una parte permette di “ascoltare” l’ambiente lasciandoci percepire i versi mostruosi dei nostri nemici, dall’altra parte è complice dell’ansia crescente, con il rumore dei nostri passi che risuonano nelle vie, il suono del nostro battito cardiaco, il soffio del vento… insomma, il silenzio è uno dei grandi protagonisti di Yomawari. La localizzazione nella sola lingua inglese non dovrebbe rappresentare un grosso problema, grazie a locuzioni semplici e riconoscibili.

Portare a termine entrambi i due giochi inclusi nella nostra collection ha richiesto circa 15 ore di gioco, più che sufficienti per apprezzare il format proposto da Nippon Ichi, ma che hanno evidenziato anche una ripetitività del gameplay forse troppo lineare e limitato, che poteva incontrare una giusta evoluzione mancata nel secondo episodio.

Nintendo Switch si comporta egregiamente sia in mobilità che in modalità dock in TV, non dovendo impiegare grandi risorse, mantenendo un’ottima giocabilità anche sul piccolo schermo. Non ha ricevuto alcun accorgimento sul lato touch della console, ma abbiamo comunque apprezzato l’ottimo utilizzo dell’HD Rumble che abbiamo menzionato in precedenza. Possiamo decretarlo più che un discreto porting.